In un angolo di mondo dove il cielo ed il mare si tenevano per mano, ogni cosa, ogni ricordo sembrava incastonato in un azzurro dalle mille sfumature.
Ogni cosa, ogni ricordo si vestiva di grandi emozioni, fluttuanti tra le onde di un mare che sembrava trattenuto dall’orizzonte.
Il cielo apriva il libro della vita di un’isola dove storie di contadini si intrecciavano a storie di sacerdoti dal cuore umile. Vicende di navigatori temerari sfociavano in opere che coinvolgevano le comunità paesane.
Storie di uomini che avevano amato quel cielo, quel mare. Storie di gente che aveva provato il dolore di un destino che li aveva portati via da quell’aria che profumava di verde e di azzurro.
C’era spesso una nuvola sull’isola di Salina: sembrava la dimora di un angelo che conosceva profondamente l’anima dell’isola.
E quando veniva la sera, qualcuno si attardava sul molo.
Un uomo immobile contemplava dal porto il suo mare, su cui lentamente si spegnevano le luci raggianti del cielo.
Con una mano sorreggeva il suo viso segnato da rughe profonde.
Che pensava? Che diceva in silenzio?
Aspettava che arrivasse la sera che lenta si stendeva come un velo leggero sull’anima forte del mare. Il suo sguardo si perdeva lontano negli abissi più profondi. In silenzio discuteva col mondo. Immaginava che dietro l’orizzonte, insieme al sole, fossero scivolate le storie perdute nel silenzio di un tempo che solo il ricordo poteva far sorgere ancora.
Improvvisamente, figure leggere si muovevano lente al confine tra il cielo ed il mare: raccontavano tutta una vita, scritta lungo quel filo sottile dove il sole voleva sparire.
E in religioso silenzio, quell’uomo, dal molo, continuava a dialogare col mondo.