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amareilmare

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi della categoria: Salina

Una casa senza misura

20 venerdì Mag 2022

Posted by paolina campo in mare, silenzio, Salina

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Asteria, stelle

C’era una volta una vecchina che viveva in una grande casa situata tra la roccia vulcanica di un antico monte e il mare; una casa dove non aveva nessun senso parlare di misura perché tutto era dilatato. Solo una cameretta aveva un solaio in legno. Qui la vecchina custodiva gli utensili e trovava riparo quando fuori imperversava il vento, la pioggia e il freddo della notte. Chiudeva quindi l’antica porta in legno, dipinta in azzurro come il mare a cui si rivolgeva, e se ne stava tranquilla a preparare minestre e marmellate. Il resto della casa aveva come tetto il cielo e come pareti alberi, arbusti e ginestre odorose. Era proprio in questa parte più grande della casa che Asteria trascorreva la maggior parte della sua vita. Di giorno ospitava le caprette bianche della luna che pascolavano libere nel versante più a nord dell’isola. Di notte si distendeva ai piedi di un grande albero di ulivo a osservare le stelle. Da tempo ormai viveva su quell’ isola dove nulla le era mai mancato. Un giorno, vecchia e stanca, decise di fare testamento.

Presto tornerò ad abitare tra le stelle, mie sorelle. Lascio la mia grande casa a tutti quelli che, con rispetto, vorranno assaporare la gioia di immergersi nei colori di questa meravigliosa parte della Terra. Mai dovrà essere chiusa la cameretta, è antica e obbedisce al vecchio rito dell’ospitalità. Non sperperate ciò che vi è stato offerto, ma donate con amore quel che più vi aggrada. Una cosa ancora chiedo: non dimenticate mai di chiudere bene sempre la pompa che tira su l’acqua del pozzo, le api sono solite trovare lì un rifugio  e non sanno che potrebbero annegare.

Ripose quindi il foglio su una pietra vicino la casetta e, quando arrivò la notte, attese una capretta che l’accompagnò in cielo.

*Asteria era, nella mitologia greca, una dea delle stelle. Per sfuggire a Zeus, Asteria si trasformò in quaglia. Precipitò però in mare e fu trasformata dallo stesso Zeus in un’isola vagante sulle onde.

La Praiola

17 martedì Mag 2022

Posted by paolina campo in Salina

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Monte Porri, Praiola, Salina

Salina

Quel giorno di primavera si decise di andare alla Praiola. Nonostante avessi vissuto tanti anni sull’isola, pensavo che avremmo raggiunto un campo dove crescevano spontanei rigogliosi papaveri e profumato finocchietto selvatico, come in tanti appezzamenti di terra coltivati a ortaggi o capperi. Per questa mia convinzione non mi impegnai mai a saperne di più, né, tra i miei amici o conoscenti, qualcuno mi aveva mai invitata a fare una passeggiata da quelle parti. Così, quando ricevetti l’invito, accettai volentieri, pensando sempre che sarei arrivata in un campo pieno di papaveri. Partimmo presto quel pomeriggio e iniziammo a seguire uno stretto sentiero, un percorso che si faceva largo tra antichi terrazzamenti abitati da secolari alberi di ulivo, severi nella loro arcaica maestosità, e allegre ginestre odorose la cui chioma ramificata sembrava volere accarezzare i visi di chi in quel momento popolava quella parte di montagna. La terra arida, le pietre disseminate lungo il cammino e l’idea di incontrare serpi che avrebbero sfidato l’audacia di qualunque visitatore, imponeva una certa attenzione. Quindi era necessario  fermarsi di tanto in tanto se si voleva  guardare il mare che ai piedi della montagna si mostrava così trasparente da mostrare gli scogli sott’acqua, per poi, man mano, abbandonare il verde riflesso alla riva, per diventare più blu e poi sbiadire fino a quando sembrava congiungersi con il cielo. Dopo un breve intervallo di abbandono poetico, bisognava tornare sui propri passi e godere  dell’odore delle erbe selvatiche e del brivido improvviso che attraversava la schiena quando si avvertiva un fruscio: avevamo infastidito un serpente? Arrivammo a Valle Spina e fu tutta una sorpresa. Non c’erano papaveri, ma un grande spazio aperto, una fetta di mondo, specchio di tutto ciò che la circonda, capace di generare una catena di emozioni che si espande come galassia che pulsa di vita. E la Praiola?  Un tratto di costa, alla fine di una scarpata dove la roccia si tuffava, dove la sera si poteva osservare la magia di un amore negato: dopo un rapido sguardo, il sole e la luna si dicevano addio mentre l’uno spariva sul suo cavallo dorato e l’altra  sorgeva, illuminando la costa di luce argentata.

Amo

04 lunedì Apr 2022

Posted by paolina campo in Salina

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Epistole, Petrarca

Quello che amare solevo, più non amo. Mentisco: lo amo, ma meno intensamente. Ecco di nuovo ho mentito: lo amo, ma con maggiore vergogna, con maggiore tristezza; soltanto questo è il vero. Così è infatti: amo, ma quello che vorrei non amare, quello che vorrei odiare; amo tuttavia, ma nolente, ma costretto, ma triste e addolorato.

Francesco Petrarca, Epistole familiari, IV, 1

Pollara-Malfa e ritorno

03 domenica Apr 2022

Posted by paolina campo in Salina

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Malfa, mare, miscuglio, Pollara

L’odore dei limoni appena raccolti, sbucciati e tagliati, si è diffuso per tutta la casa. Il vento fuori soffia forte e agita i rami degli alberi che quest’anno hanno dato buoni frutti. In lontananza il mare si tinge di strisce bianche e azzurre, mentre le onde sembrano vogliano divorare il cielo. Su una cucina, di quelle antiche, con lo sportellino da aprire per alimentare il fuoco con la legna, una pentola borbotta, mentre zucchero e polpa di limoni si amalgamano e si addensano. E raccontano.

Arrivava il giorno per andare a fare la spesa. Due sacchi di juta, gli scarponi, le scarpe buone, una bustina di limoni appena raccolti, una bustina vuota, e via, tutto era pronto. Dal piccolo centro abitato, costruito sulla roccia di un vulcano che per metà era precipitato in mare, la gente partiva e s’incamminava lungo una strada che odorava di terra e di mare, ammantata da un alone di magia dove gli occhi incontravano l’infinito. Si partiva presto, indossando gli scarponi e portando sulle spalle i sacchi di juta. L’andamento svelto e sicuro, cedeva man mano alla stanchezza che diventava la buona opportunità per fermarsi a raccogliere delle verdure selvatiche e guardare l’orizzonte, il mare e il sole che seguiva il loro cammino. Troppo spesso si pensa di essere soli, che la vita, il respiro del mondo finisce là dove si coltivano i propri interessi. In quella strada la gente che andava a fare la spesa incontrava una miriade di creature, uno sfavillare di colori, un’interminabile susseguirsi di odori e a ogni passo poteva capitare di parlare a un uccello come a un  ragnetto e di sorridere grato per un ciuffo di finocchietto selvatico. Il percorso, non certo agevole e a volte anche pericoloso, copriva ben due ore di quella giornata. Si arrivava quindi alla meta e la prima casa dove potersi fermare era quella di compare Giovanni. Lui, padrone di un grosso veliero, che aveva viaggiato per mare ed era approdato in porti lontani, sapeva che l’accoglienza era un valore importante da custodire. In quella casa la gente trovava ristoro: un bicchiere d’acqua, due chiacchiere e una sedia dove riposarsi un po’ e potersi cambiare le scarpe.

Tutto si svolgeva secondo l’antico rito dell’ospitalità, secondo l’antica xenia dei greci che di queste sponde ne conoscevano le genti e le risorse. Secondo il rispetto reciproco tra ospitante e ospite. Chi arrivava alla casa di compare Giovanni era certo di trovare accoglienza e in cambio donava al padrone di casa e alla sua famiglia i limoni raccolti al mattino e la verdura selvatica messa insieme nella bustina durante il tragitto. Un saluto, un arrivederci e subito ci si avventurava tra le stradine, si entrava nei negozi come case dove oltre a fare compere ci si scambiava notizie sulla famiglia e il lavoro nei campi. Esaudite tutte le necessità descritte dalla lista della spesa tirata fuori dalla tasca della giacca, si andava a riprendere e indossare gli scarponi e con i sacchi pieni di roba, si tornava indietro. Il percorso era ora più faticoso, i sacchi erano pesanti e il passo diventava più lento. Il sole, ancora alto, illuminava la strada fino alla piccola polis di casette bianche sparse su quel mezzo cratere sopravvissuto all’ antica eruzione.

Qualcuno un giorno pensò di aprire un negozio di generi alimentari a Pollara: pensava di offrire un servizio più comodo. Ma fu ben presto costretto a chiudere. La gente non rinunciò mai al viaggio lungo il costone roccioso affacciato sul mare.

Chissà se qualcuno, rapito dal vento, era stato costretto ad abbandonare il suo sacco di juta per mescolarsi alle altre creature e respirare intensamente quell’aria salmastra fino a diventare esso stesso elemento e rivivere la sua esistenza diventando qualcos’altro. Un miscuglio di vento e di aria, di mare e di terra, che qualche fata leggera aveva plasmato ben bene affidandogli un nome nuovo, adatto all’insieme di principi diversi che si abbracciano e si fondono insieme.  Un po’ come la mia marmellata che non è più limoni e neanche zucchero; è “marmellata”. E’ una cosa nuova e profuma di buono e di antiche storie condite di occhi e di cuore, di fuoco e vapori, di aria e di vento, di sole e di luna.

Marzo

01 martedì Mar 2022

Posted by paolina campo in Salina

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antica storia eoliana, marzo, Monte Fossa, Monte Porri

Salina

Anche per quell’anno il mese di Marzo era arrivato. Dispettoso, imprevedibile e un po’ pazzo, decise che un pastore che, a dir suo, era uno che la sapeva lunga, doveva ricevere una bella punizione. Andò quindi a trovarlo e gli chiese dove avrebbe portato le sue pecore al pascolo. L’uomo si insospettì: sicuro, pensò, vuole giocarmi un brutto tiro. Dovete sapere che il pastore viveva su un’isola formata da due montagne, come un seno di donna, e quindi era solito portare le pecore al pascolo o nei campi dell’una o nei campi dell’altra montagna. Dovete sapere ancora che le montagne erano ricche di erbe e verdure profumate di cui gli ovini erano ghiotti.

-Oggi le porterò lassù, nei campi di Monte dei Porri.-

-Bene-rispose Marzo-buon lavoro!-

Sogghignando tra sé e sé, raccolse dal cielo tutte le nuvole più nere che riuscì a trovare e le posizionò su quel monte provocando una vera tempesta .

Il pastore, che aveva capito le brutte intenzioni del mese più pazzo dell’anno, assisteva da Monte Fossa all’acquazzone che si era scatenato dall’altra parte dell’isola.

Il giorno dopo, Marzo vide il pastore e le sue pecore in ottima forma  e  si indispettì: il suo progetto era fallito, doveva riprovarci.

-Dove vai oggi, dove sei diretto? A destra o a sinistra da Guardiano del porto?-

Mostrando estrema tranquillità, il pastore rispose che sarebbe andato a sinistra, verso Monte Fossa e, tradendo le aspettative del suo interlocutore, si diresse a destra, verso Monte Porri. Lampi, tuoni, acqua investirono quel giorno Monte Fossa lasciando indenni i campi dell’altra montagna.

Marzo era proprio furioso. Aspettò che arrivasse Aprile e si fece prestare un giorno. Raccolse tutte le nuvole più nere e gonfie di pioggia e le scaraventò su entrambi i monti e per due giorni l’isola fu tormentata da un terribile temporale.

Unu nn’haiu

E

Unu minni fazzu pristari

Di fratima Aprili

E

Tutti i pecuri

Ti fazzu muriri*

*Uno ne ho(giorno) e uno me ne faccio prestare da mio fratello Aprile e tutte le pecore ti faccio morire

Marzo andò via soddisfatto, pensando di avere arrecato un gran danno al pastore. Ma l’uomo, saggiamente, aveva tenuto il suo gregge al riparo e aspettò pazientemente l’arrivo di Aprile.

Daniele Nardi e la parola “inutile”

25 venerdì Feb 2022

Posted by paolina campo in Eolie, Salina

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Daniele Nardi, incontri, ricordo, Salina

https://amareilmare.wordpress.com/2019/03/12/daniele-nardi-e-la-parola-inutile/

Un bottoncino rosso

10 giovedì Feb 2022

Posted by paolina campo in Salina

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fiori parlanti, natura, presunzione, primavera

Il vento scuoteva le foglie e i petali di un cespuglio di fiori bianchi e foglioline verdi adagiate su un letto di terra umida. Alcuni rametti teneri sembravano essere investiti dal desiderio di volersi incamminare lungo il viottolo di mattoncini in pietra al limitare del giardino. C’era già aria di primavera. Si sentiva l’odore di erba, di terra bagnata, di agrumi che resistevano attaccati ai rami del loro albero, mentre si protendevano a guardare il mare che all’orizzonte si increspava appena. Esplodevano i colori e le fresie, ragazze che si preparavano a una grande festa, diffondevano nel giardino un forte odore, un profumo delizioso che apriva le porte alla memoria di danze spensierate e di improvvisi e nuovi amori. Una coccinella s’era nascosta tra i rami delle margherite. Aveva una zampetta malata. Aspettava che il sole la riscaldasse, che arrivasse, dall’ astro raggiante rigeneratore di vita, un raggio benevolo a curarle la zampa e sollevarle dal cuore il triste ricordo di quell’incidente.

-Ma guardala! Si crede migliore di tutti perché, chissà dove e chissà quando, le hanno affibbiato il bell’attributo di portafortuna.-

-Beh, non mi sembra che le sia tanto appropriato. Non riesce proprio a darsi da fare!-

I fiori ridevano di lei che non comprendeva il loro linguaggio, non aveva proprio idea di cosa stessero farfugliando. Non capiva più niente: la testa frullava parole, scompigliava pensieri e intanto la zampa lanciava messaggi di ripetuta sofferenza. Il sole si accorse del disagio di quella creatura. Inviò allora un raggio splendente che riscaldò la zampetta malata e accompagnò quel delizioso bottoncino rosso fin sopra il ramo di un grande albero di arance, dove attese che le forze le tornassero ancora. Quando la coccinella si sentì nuovamente capace, aprì lentamente le ali, le fece vibrare e volò via, alla volta del mare. Era stato il vibrare delle ali di una piccola creatura? Era solo magia? Il ramo iniziò a ricevere tanta linfa e si riempì presto di zagara e nuove foglie. Non aveva chiesto nulla alla coccinella. Le aveva offerto solo un riparo sicuro e discreto. E poi era stato così felice di avere avuto un’ospite tanto bella!

I giorni passavano e le margherite assistevano al rinvigorirsi del ramo che, anche per poco, era stato la casa di un piccolo esserino. Intanto loro, pettegole e presuntuose, dovettero piegarsi all’idea che presto avrebbero perso la loro bellezza e altrettanto presto sarebbe arrivata la fine del loro fiorire.

In tutto c’è una morale, se si sa trovarla.

Lewis Carrol

Il pensiero ibrido (2)

14 giovedì Ott 2021

Posted by paolina campo in Eolie, Salina

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tempo delle cose

Quella parte della giornata che scorreva come un fiume tra il sole che sorge e il sole che tramonta non era una parentesi di tempo preferita dal pensiero ibrido. Rumori, parole, gesti sempre uguali frenavano la sua inventiva, la sua creatività di essere sempre diverso pur mantenendo il suo sé primigenio. E poi, in quel frangente di tempo, la gente andava veloce, si intasava la mente di rumorosi e roboanti impegni. C’era chi andava da una parte, chi dall’altra; chi  accelerava il passo e chi guardava sempre il suo orologio. Certo, c’era chi vestiva abiti eleganti, chi abiti sportivi; chi portava i capelli lunghi e chi i capelli corti. Tutti, però, avevano la stessa espressione: quella di una piccola pietra trasportata dal fiume che corre veloce alla foce. Ma chi sognava di giorno? Chi coltivava l’eleganza dello sguardo, dell’ ascolto, dell’abbraccio? Il pensiero ibrido ebbe l’idea che le cose, tutte le cose del mondo, racchiudessero i sogni di notte e di giorno, ora e per sempre, attendendo che qualcuno, in quel frangente di vita tra Elios che sorge e Elios che tramonta, si fermasse a guardarle.  Pensò che le cose, gli oggetti, un vaso, una tazza, una barca,  fossero i custodi di un tempo infinito, che è quello del racconto, della storia. Chissà cosa avrebbero pensato tutti i pensieri di chi era attento solo al tempo del proprio orologio! Che assurdità! Le cose! Figuriamoci!

Il pensiero ibrido non si curava degli altri. Aspettava la notte e impaziente si tuffava nei sogni di chi finalmente si era fermato. Gli capitò di immergersi in un sogno splendente come il cielo d’estate. Era dentro un lago dove il cielo si era specchiato. Era azzurro e abitato da una barchetta che chiacchierava con la sua immagine riflessa sull’acqua (il suo passato? Il suo presente?), mentre microorganismi giocavano a nascondino tra le alghe tese all’ascolto. C’era grande vivacità in quello specchio di acqua increspato da piccoli cerchi concentrici generati dalla vita del lago.

La barchetta raccontava di mani callose e pelle indurita dal sole e dal sale; di ricchi mercanti che esportavano il sale prodotto in quello specchio di acqua e che diede il nome a un’isola verde del Mediterraneo. Una nuvola grossa avanzò lenta, distribuendo la sua immagine sulla superficie liquida e salmastra arricciata qua e là dai vortici dell’acqua.

-Sulla riva brillano ancora cristalli di sale. Anche loro hanno tanto da raccontare.-

La sua voce calda e avvolgente si diffuse come canto, melodia che raggiunse ogni goccia, ogni alito di vento, ogni pietra.

All’improvviso, arrivò da lontano un ticchettio che sbalzò fuori dal lago il pensiero ibrido e dopo un tic e un toc ripetuti con cadenza sempre uguale, si fermò il tempo del racconto e tutti i pensieri affannati misero a tacere la voce delle cose.  

Silenzio! Parla il mare

27 domenica Giu 2021

Posted by paolina campo in Eolie, Salina

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mare

Petalo di nuvola

01 martedì Giu 2021

Posted by paolina campo in Salina

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azzurro, danza

Malfa-Salina

S’era riunito un simposio di nuvole. Si parlava, si rideva, si scriveva e, nella loro sofficità, si disquisiva sulla bellezza del cielo, sui suoi mutamenti, sulle creature visibili e invisibili che lo abitavano.

Quando fu l’ora del sole a mezzogiorno, la folla di nubi si diradò e la loro sofficità si disperse nello spazio circostante. Un petalo di nuvola, bianco, candido, leggero, luminoso iniziò a danzare, volteggiando nell’ azzurro infinito del cielo, seguendo il battito delle emozioni perse nel vento, ascoltando il respiro profondo del mondo. Le note liberate dal suono di un alto campanile le tendevano intanto il loro suono e danzarono insieme tra l’azzurro del cielo, fratello gemello dell’azzurro del mare che guardava estasiato la danza del mondo. La nuvola bella e le note leggere pian piano si sciolsero nell’aria tiepida di una giornata di maggio, lasciando la scena a una palma silenziosa e austera, corpo danzante mosso dal vento.

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