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Tutti la ricordavano, tutti quelli che erano passati da quella riva.

Pescatori, bagnanti, giovani e anziani. Trascorreva le giornate con i pugni chiusi a guardare il mare. Di tanto in tanto immergeva le mani tra la schiuma di qualche onda che delicata la raggiungeva. Quando poi le tirava fuori, stringeva i pugni ancora più forte.

– Cosa tieni tra le mani?- le chiese un signore che da tempo la osservava.

– Tengo l’aria, quella poca che è rimasta. Troppo presto fugge via. Ho provato a trattenere anche l’acqua del mio mare. Ma ogni volta mi rimane solo l’umido profumo e il ricordo di una musica a me cara.

Ma io aspetto. Aspetto che tutto torni a riempire queste mani. Aspetto.

Mentre il giorno diventa notte e la notte lascia il posto ancora al giorno.

Aspetto, mentre piove e torna il sole. Mentre il tempo si fa lieve e più spesso mi sorprendo quando in viso, un mio ricordo, mi disegna un bel sorriso. Forse è quello che io aspetto? Che il ricordo mi raggiunga e mi inondi di dolcezza?

Smise quindi di parlare. C’era un velo di magia che avvolgeva ogni gesto della donna, che teneva i pugni stretti.

Quando poi nessuno più la vide, si disse che una notte qualcuno aprì quelle mani consumate e la portò lontano.