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Un contadino aveva lavorato tanto la sua terra: l’aveva curata, amata, seguendone ogni trasformazione. Ne assaporava l’odore quando la pioggia cadeva leggera, ne osservava il colore quando il sole l’attraversava. E soffriva quando non riusciva a darle la forza per generare frutti buoni.

Così è la nostra vita: l’amiamo, la sosteniamo, lavoriamo per dare frutti buoni, e soffriamo quando ci sentiamo incapaci di dare valore a quello che abbiamo.

Arrivò un giorno che il contadino si sentì inutile e solo: il suo giardino s’era inaridito, i frutti pendevano marci dall’albero e pensò che a nulla era valso il suo lavoro. Le sue forze si indebolirono, la sua mente iniziava a cancellare le storie e le competenze che aveva acquisito fino ad allora. Aveva bisogno di qualcosa. Aveva bisogno di un sorriso. Così, iniziò a cantare perché l’aria, gli uccelli, la terra, il sole, la luna lo ascoltassero:

Regalami un sorriso

mio giardino incantato,

consegnami i tuoi silenzi

più intimi e segreti,

da conservare in uno scrigno dorato.

Regalami un sorriso,

che mi abbracci

nei giorni che il mio silenzio

si farà più lungo,

nelle giornate che avranno

il colore grigio della tristezza.

Regalami un sorriso

mio giardino incantato,

perché possa ancora amarti

e desiderare.

Il cielo quella notte si riempì di stelle e, prima che sorgesse il sole, Aurora raccolse ogni nota, ogni parola della canzone del contadino e le seminò nel suo giardino. Dalla terra germogliarono delle piantine dalle foglie tenere e distese. Aurora tornò a est dove il sole attendeva di sorgere, mentre gli uccellini intonarono una canzone di saluto al nuovo giorno.

– Svegliati uomo laborioso e innamorato! Il tuo giardino incantato è pronto per regalarti ancora tanti sorrisi.

Così è la nostra vita: soffriamo, ci sentiamo perduti, delusi, sconfitti e poi deve succedere qualcosa per sentirsi ancora vivi.