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Qualcuno una volta mi raccontò una storia semplice. Mi raccontò dell’anima del mare che allunga le sue onde fino alla battigia per portare tante cose belle e buone. Poi le ritrae per tirarsi dietro tutte le cose cattive del mondo. E’ un po’ come succede a volte con la memoria che può arrivare a ondate quando osservi una foto, senti un’odore, ascolti una melodia: arriva a ondate e, se il tuo cuore è sereno, ti lascia i fotogrammi, le immagini più belle portandosi via tutto quello che di triste può esserci attorno. Ricordi, come conchiglie.

Era mattina, credo che ancora il sole non era apparso tra Stromboli e Panarea. Mi svegliai nel lettone dei miei genitori, avevo appena tre anni. Voci concitate, allegre, soddisfatte riempivano la stanza. Aprii gli occhi con fatica e dalle fessure delle mie palpebre vidi un bimbo piccolissimo, nudo tra le braccia della levatrice. Era nato mio fratello. Scesi dal letto e cominciai a gironzolare per casa. In una stanza vidi mia madre con il volto stanco e ancora segnato dal travaglio del parto. Mi sorrise mentre intanto mio padre tornava con la comare Maria. Lei si rallegrò per la nascita di quel bambinone e rassicurò i miei che si sarebbe presa cura di me e di mia sorella più piccola. Ci vestì e ci portò con lei. Uscimmo da casa che il sole era appena sorto.

Non ricordo più nulla di quella mattina d’ estate. La memoria mi ha lasciato questa conchiglia, questo ricordo carico di tenerezza, di cura, di gioia, di momenti condivisi insieme alla gente del paese, insieme alla comare Maria.

Lei aveva sempre qualcosa da fare e in questo “fare” c’era la vita di ogni giorno, c’era la cura per il marito, il figlio, la terra, gli animali, la casa. C’era l’attenzione per il compare e la comare sua e la loro nidiata di bambini che lei inseriva con naturalezza nello svolgersi della sua vita, delle sue ore. Non c’era nulla che lei faceva e non potevamo fare anche noi. La sua vita scorreva e accoglieva con affetto, con semplicità. Come un’onda del mare.