• Info

amareilmare

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

amareilmare

Archivi tag: Cura

Tornerà a soffiare il vento

11 mercoledì Nov 2020

Posted by paolina campo in poesia

≈ Lascia un commento

Tag

Cura, libertà, responsabilità

In questo tempo strano, privato di allegria, mi assale la nostalgia di affetti ormai lontani. Sembra che un dio malvagio abbia fermato il mondo, abbia legato gli animi e abbia detto al vento -“fermati”-. Dov’è la Cura bella e la Responsabilità severa che accendono la luce su cose, luoghi, volti; che insegnano ad amare le proprie tradizioni, la storia che nel tempo ha arricchito gli animi, la cultura che ha formato menti e ha nutrito i sogni di costruire stelle su ciò che abbiamo in mano? Dov’è la tenerezza che dagli occhi passa al cuore perché ogni cosa si vesta di giuste strategie e opportunità nuove? Possibile che anche la parola LIBERTA’ abbia cambiato posto nel nostro dizionario? Libertà non era anche rispetto, impegno, solidarietà? In questo tempo strano deve tornare il vento che spazzi via la noia e la tristezza, perché possiamo ancora volerci tanto bene e amare con forza il mondo che ci appartiene.

Lo “stricaturi”

20 mercoledì Mag 2020

Posted by paolina campo in pensieri

≈ Lascia un commento

Tag

cose, cose infinite, Cura, Hegel, Heidegger, infinità semplice, stricaturi

Attraversiamo la vita circondati da “cose” che ci aiutano a muoverci, a gestire il lavoro, le nostre azioni quotidiane, a esprimere la nostra creatività, a stare con gli altri.

L’Esserci trova “se stesso” innanzi tutto in ciò che sta facendo, in ciò di cui ha bisogno, in ciò che si aspetta, cioè nell’utilizzabile intramondano di cui si prende cura.

Martin Hiedegger, ESSERE E TEMPO, Longanesi, Milano, 1976, pag. 154

Le “cose” nascono dal lavoro dell’uomo e possono anche non morire mai, se l’uomo riconosce in esse la forza della sua storia.

Una “cosa” si nutre. Sì, si nutre della cura, dello sguardo, dell’amore per la tenerezza che si è portata addosso attraverso gli anni.

Una “cosa” si riproduce. Certo, si riproduce rimanendo uguale e però cambiando nella rappresentazione di sé.

Uno “stricaturi” è una “cosa”, una tavola di legno forgiata da un artigiano, un falegname. Lo “stricaturu” veniva usato dalle donne di casa per il bucato che un tempo si faceva a mano. Sulle scanalature passavano lenzuola e tovaglie, abiti e mutande, camicie e pantaloni, accompagnati da mani forti di amore e dedizione. L’ho trovato nel magazzino di mio padre, nascosto tra tante cose vecchie e dimenticate. L’ho visto e ha cominciato a raccontare di giornate luminose, di bianche lenzuola stese al sole, appese ai fili che orgogliosi guardavano il mare. E poi un terrazzo che ascoltava i rintocchi della chiesa di San Lorenzo e quelli dell’Immacolata. Un pozzo, un catino zincato, acqua fresca e lumache. Lo “stricaturi” di mia madre continua a raccontare, diventando altro per vivere e farmi vivere.

Tramite l’infinità, noi vediamo che la legge si è compiuta in sé stessa facendosi necessità…. Questa infinità semplice, ossia il concetto assoluto, deve essere chiamata l’essenza semplice della vita, l’anima del mondo, il sangue universale, il quale, ovunque presente, non viene intorbidato, né interrotto da alcuna differenza, e che anzi è sé stesso tutte le differenze, così come il loro essere-levate: il sangue universale, dunque, entro di sé pulsa senza movimento alcuno, trema senza alcuna inquietudine.

G. W. Friedrich Hegel, LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO, Giulio Einaudi editore spa, Torino, 2008, pag. 116-117

Soffio di vento

22 martedì Gen 2019

Posted by paolina campo in Etna, poesia

≈ 1 Commento

Tag

canti e cunti, Cura, Efesto, mare, scudo della gioia

 

IMG_20181228_124418-EFFECTS.jpg

Questa è la storia di un soffio di vento che all’alba di un giorno,

di un giorno lontano, sentì una voce, che piano e poi forte,

usciva dal suo piccolo vortice di aria in subbuglio:

-Svegliati sole! Ho bisogno di te.

Quest’alito lento di vita pesante

mi toglie il respiro, rallenta il viaggio.

Non vedo, non sento più nulla.

Riscalda il mio cuore e accompagnami li

Dove il celo è più blu.-

Il sole si alzò spingendo le nubi, tracciando la via e soffio di vento si mosse

tra i colori dell’alba, salutando la luna che più in alto nel cielo si alzava.

Provò gioia, stupore. Seguì nuvole, ascoltò colori, tastò l’aria.

Giunse davanti a un’enorme Montagna che aveva liberato il suo sfogo

come lunghi capelli che attraversavano il cielo

con antichissimi canti e preziosissimi cunti.

Meraviglia del mondo che tiene per mano il cuore di chi sa guardare lontano!

Soffio di vento seguì quei capelli e ad un tratto

la chioma imponente gli indicò una piccola onda.

Faticava la povera ondina. Il suo sforzo si spezzava prima ancora

di raggiungere la riva dove una conchiglia aspettava il suo abbraccio.

-Bisogna combattere con un male strano:

toglie la vista, annebbia lo stupore che apre la porta all’amore.

Vai da Efesto, il dio artigiano, sciancato e sgraziato.

Lui conosce la forza della bellezza dell’arte, espressione del mondo.

Chiedigli di costruire uno scudo che ci protegga dal male di abbassare lo sguardo.-

Partì, quindi, soffio di vento e seguendo al contrario la scia dei capelli etnei,

scese lungo il cratere dove mantici enormi soffiavano su un fuoco divino.

-Che sei venuto a fare qui, piccolo amico. Stai attento! Potresti esser preda di uno dei miei mantici. Ma vieni e parla.-

-Conosco la tua arte e come accogliesti la richiesta della madre di Achille. Io non ti chiedo uno scudo regale. E’ per me. Voglio aiutare una piccola onda a raggiungere presto la riva del mare. Devo credere e anche lei deve credere che abbia un senso potersi raggiungere e finalmente abbracciare.-

-Bisogna sentire e vedere il battito di madre Terra e allora sarà meraviglia che tutto muove, che avvicina le parole e le genti, le onde alla riva, un soffio di vento a un’ondina leggera. Preparerò per te uno scudo della gioia che parla dell’emozione del mare che accoglie e mai vorrebbe un mondo di pianto.-

Il dio claudicante cominciò a forgiare lo scudo con tutte le sfumature d’azzurro. Incise onde festose che si rincorrevano come cavalli bianchi su una battigia coperta di rosee conchiglie; e poi gabbiani che giocavano e pescavano i pesci che a galla arrivavano attirati dalla luce del sole; e gozzi dipinti da uomini che attraversano il mare con rispetto e ardore. Quando lo scudo fu pronto, soffio di vento aspettò che Efesto azionasse un suo mantice e lo spingesse fuori dal cratere per raggiungere presto la sua piccola onda.

Che il mondo si accorga di ogni piccolo sforzo a rendere sano quel che ci vien consegnato, a prendersi cura di ogni piccolo gesto, di ogni piccola onda.

Svegliati sole! Svegliati sempre! Soffio di vento è lì pronto a volare.

L’ anima del mare

09 venerdì Feb 2018

Posted by paolina campo in Salina

≈ 3 commenti

Tag

conchiglie, Cura, mare, ricordi

 

Chiesa di san Lorenzo
wp-image-750858722jpg.jpg
wp-image-750858722jpg.jpg

Qualcuno una volta mi raccontò una storia semplice. Mi raccontò dell’anima del mare che allunga le sue onde fino alla battigia per portare tante cose belle e buone. Poi le ritrae per tirarsi dietro tutte le cose cattive del mondo. E’ un po’ come succede a volte con la memoria che può arrivare a ondate quando osservi una foto, senti un’odore, ascolti una melodia: arriva a ondate e, se il tuo cuore è sereno, ti lascia i fotogrammi, le immagini più belle portandosi via tutto quello che di triste può esserci attorno. Ricordi, come conchiglie.

Era mattina, credo che ancora il sole non era apparso tra Stromboli e Panarea. Mi svegliai nel lettone dei miei genitori, avevo appena tre anni. Voci concitate, allegre, soddisfatte riempivano la stanza. Aprii gli occhi con fatica e dalle fessure delle mie palpebre vidi un bimbo piccolissimo, nudo tra le braccia della levatrice. Era nato mio fratello. Scesi dal letto e cominciai a gironzolare per casa. In una stanza vidi mia madre con il volto stanco e ancora segnato dal travaglio del parto. Mi sorrise mentre intanto mio padre tornava con la comare Maria. Lei si rallegrò per la nascita di quel bambinone e rassicurò i miei che si sarebbe presa cura di me e di mia sorella più piccola. Ci vestì e ci portò con lei. Uscimmo da casa che il sole era appena sorto.

Non ricordo più nulla di quella mattina d’ estate. La memoria mi ha lasciato questa conchiglia, questo ricordo carico di tenerezza, di cura, di gioia, di momenti condivisi insieme alla gente del paese, insieme alla comare Maria.

Lei aveva sempre qualcosa da fare e in questo “fare” c’era la vita di ogni giorno, c’era la cura per il marito, il figlio, la terra, gli animali, la casa. C’era l’attenzione per il compare e la comare sua e la loro nidiata di bambini che lei inseriva con naturalezza nello svolgersi della sua vita, delle sue ore. Non c’era nulla che lei faceva e non potevamo fare anche noi. La sua vita scorreva e accoglieva con affetto, con semplicità. Come un’onda del mare.

Il mondo dentro e fuori di noi

12 venerdì Gen 2018

Posted by paolina campo in pensieri, Sicilia

≈ Lascia un commento

Tag

Cura, Danilo Dolci, educazione, nonviolenza, responsabilità, territorio

Tramonto a Caltagirone( Catania)
Tramonto a Caltagirone( Catania)
Letojanni( Messina)
Letojanni( Messina)
Monte dei Porri (Malfa-Salina)
Monte dei Porri (Malfa-Salina)
Etna( Catania)
Etna( Catania)

 

Se l’occhio non si esercita, non vede,

se la pelle non tocca, non sa,

se l’uomo non immagina, si spegne.

…….

C’è pure chi educa, senza nascondere

l’assurdo ch’é nel mondo, aperto ad ogni

sviluppo ma cercando

d’esser franco all’altro come a sé

sognando gli altri come ora sono:

Ciascuno cresce solo se sognato.

……

Rivoluzione è curare il curabile

profondamente e presto,

è rendere ciascuno responsabile.

………

DANILO DOLCE, da IL LIMONE LUNARE

 

Quadretti di vita

25 sabato Mar 2017

Posted by paolina campo in pensieri

≈ 1 Commento

Tag

Catania, Cura, curiosità, Etna, Heidegger, immagini

fb_img_1490366441052.jpg

Quando ero una giovane mamma, mestiere che svolgevo a tempo pieno, la mia vita trascorreva per lo più in auto per raggiungere scuole, piscine, parchi, centro cittadino quindi piazze e strade, il mare e la montagna. Mi rendo conto, oggi, che essere mamma coincideva con la frenesia di conoscere, insieme alle mie figlie che crescevano, un mondo che altrimenti non si sarebbe svelato senza la libertà che quel “mestiere” mi permetteva. Quando poi mi “toccava” andarle a prendere a scuola, la mia curiosità, munita di raggi laser ad ampio spettro, si lanciava dritta sulla gente che proprio a quell’ora affollava la piazza che ospitava non solo il liceo ma anche un ospedale ostetrico e la facoltà di lettere e filosofia, oltre alle antiche case di una Catania da cartolina vintage. Arrivavo con un buon margine di anticipo e cominciavo a osservare quell’arnia di vite che ai piedi del vulcano si incrociavano, si scontravano e si ignoravano, e andavano dritti per la loro strada, lungo il loro da fare: studenti, informatori scientifici, medici, vigili urbani, infermieri, abitanti della piazza.

La curiosità non si prende cura di vedere per comprendere ciò che vede, per «essere-per» esso, ma si prende cura solamente di vedere…La curiosità non ha nulla a che fare con la considerazione dell’ente piena di meraviglia…non la interessa lo stupore davanti  a ciò che non si comprende…

Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi, Milano, 1976, pag. 217

Stavo lì. A vedere, senza prendermi cura di niente, senza stupirmi di niente. Senza pretendere di approfondire cosa mi stava attraversando la mente: semplici quadretti di vita.

Interessanti i neo-papà: arrivavano da soli, posteggiavano la loro auto e, imbracciati baby pulman e borsa “neonatale”, si dirigevano frettolosamente verso l’ospedale. Il ritorno in macchina era da super eroe: sedia sdraio sotto un braccio, baby pulman in una mano, borsa a tracollo stracolma e  lui, con il suo bel malloppo da portare, si metteva a capo di una mini processione seguito da lei, la moglie, che avanzava con una mano sotto il ventre e un’aria stanca e l’altra, la suocera, con in braccio il risultato di quella confusione.

Una signora percorreva spesso a quell’ora il marciapiede lungo la piazza. Con passo elegante e ovattato avanzava con i suoi vestiti scuri e modesti, ma sempre in ordine. Alta, magra, capelli scuri e ondulati mostrava sul viso un sorriso velato da una certa tristezza, come di chi si è rassegnato a un destino che l’ha portata lontano dai suoi sogni e dignitosamente abbracciava la sua vita con la cura che meritava ogni cosa che la circondava. Quanto era diversa questa signora dall’impiegata della posta, dal viso simile a un maialino che si trovava in un recinto vicino casa dove ho trascorso l’infanzia. Assalita da migliaia di tic nervosi, l’impiegata strizzava gli occhi a intermittenza: prima uno e poi l’altro, e poi insieme come le lampadine di un albero di natale. Alzava nervosamente il labbro superiore, mentre le sue spalle scattavano come molle nel momento in cui si lanciava ad articolare qualche parola che stentava a uscire, incatenata da una lingua che occupava troppo spazio. E il rosa! Il colore rosa! Quanto le doveva piacere! Usava cipria e rossetto rosa, spesso sbavato; e orecchini con perline rosa; e fermaglietti rosa trattenevano i capelli gialli e arricciati. Rosa, un colore su un viso che non si rassegnava alla fuga di una primavera, allo sfiorire della sua giovinezza.

Sentivo poi il suono della campanella. I ragazzi cominciavano ad affollare la piazza per raggiungere annoiati le auto, gli autobus o si avviavano a piedi verso casa. Le mie figlie mi raggiungevano e insieme a loro portavo con me dei quadretti di vita dipinti ai piedi del vulcano, nascosti da qualche parte nella mia mente.

La favola di Igino

05 giovedì Mag 2016

Posted by paolina campo in pensieri

≈ 1 Commento

Tag

Cura, esistere, favola, Igino

Un’antica favola di Igino, scrittore romano vissuto nel I sec. d.C., recita così:

La «Cura», mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove. La «Cura» lo prega di infondere lo spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsente volentieri. Ma quando la «Cura» pretese imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre la «Cura» e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché aveva dato ad esso una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: « Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fin che esso vive lo possiede la Cura. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo poiché è fatto di humus (Terra).[Tratto da: Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi, Milano, 1976, pag.247]

Succede, ad un certo punto della tua storia….succede quando pensi di avere riempito il recipiente della tua vita di tutti i sassolini più belli che hai trovato vivendo. Eccolo…quello più rosa l’ho messo quando…; e quello più grigio l’ho buttato dentro quando… e in ognuno ci vedi la Cura del tuo esistere fino a quel momento.

Succede, dicevo, che, ad un certo punto, ti rendi conto che non puoi bloccare il tempo che tu stessa sei, non puoi fare un fermo immagine. Allora arriva una scossa, un terremoto, una sorta di forte irrequietezza,  che mette a soqquadro tutti i tuoi sassolini e la Cura, che prima li aveva forgiati, deve riprenderli in mano e dargli un nuovo ordine perché tu, nella Cura, prosegua ad esistere e abitare nel mondo.

image

I miei libri

era
vi racconto
l'uomo di
A fine giornata
wp-16051973567048073178018814297288.jpg

Articoli in archivio

Mare e Montagna

  • Una stella da ricordare
  • Il telaio di Agatina
  • Una promessa
  • I Palici
  • Lucia
  • I racconti dell’Etna (2)
  • E resto ad ascoltare
  • I racconti del vulcano
  • Il sognatore
  • Svegliati Bambinello
  • Notte di Natale
  • Qoelet 2,24
  • I folletti della notte
  • L’ascolto del silenzio
  • Lucia (1)

amareilmare

gennaio: 2023
L M M G V S D
 1
2345678
9101112131415
16171819202122
23242526272829
3031  
« Dic    

Sito web creato con WordPress.com.

  • Segui Siti che segui
    • amareilmare
    • Segui assieme ad altri 225 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • amareilmare
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra
 

Caricamento commenti...