Dimmi cielo
09 mercoledì Nov 2022
Posted mare, silenzio
in09 mercoledì Nov 2022
Posted mare, silenzio
in20 venerdì Mag 2022
Posted mare, silenzio, Salina
inC’era una volta una vecchina che viveva in una grande casa situata tra la roccia vulcanica di un antico monte e il mare; una casa dove non aveva nessun senso parlare di misura perché tutto era dilatato. Solo una cameretta aveva un solaio in legno. Qui la vecchina custodiva gli utensili e trovava riparo quando fuori imperversava il vento, la pioggia e il freddo della notte. Chiudeva quindi l’antica porta in legno, dipinta in azzurro come il mare a cui si rivolgeva, e se ne stava tranquilla a preparare minestre e marmellate. Il resto della casa aveva come tetto il cielo e come pareti alberi, arbusti e ginestre odorose. Era proprio in questa parte più grande della casa che Asteria trascorreva la maggior parte della sua vita. Di giorno ospitava le caprette bianche della luna che pascolavano libere nel versante più a nord dell’isola. Di notte si distendeva ai piedi di un grande albero di ulivo a osservare le stelle. Da tempo ormai viveva su quell’ isola dove nulla le era mai mancato. Un giorno, vecchia e stanca, decise di fare testamento.
Presto tornerò ad abitare tra le stelle, mie sorelle. Lascio la mia grande casa a tutti quelli che, con rispetto, vorranno assaporare la gioia di immergersi nei colori di questa meravigliosa parte della Terra. Mai dovrà essere chiusa la cameretta, è antica e obbedisce al vecchio rito dell’ospitalità. Non sperperate ciò che vi è stato offerto, ma donate con amore quel che più vi aggrada. Una cosa ancora chiedo: non dimenticate mai di chiudere bene sempre la pompa che tira su l’acqua del pozzo, le api sono solite trovare lì un rifugio e non sanno che potrebbero annegare.
Ripose quindi il foglio su una pietra vicino la casetta e, quando arrivò la notte, attese una capretta che l’accompagnò in cielo.
*Asteria era, nella mitologia greca, una dea delle stelle. Per sfuggire a Zeus, Asteria si trasformò in quaglia. Precipitò però in mare e fu trasformata dallo stesso Zeus in un’isola vagante sulle onde.
11 mercoledì Nov 2020
Posted favola
in-Dà, dà ama a vardari!- (Là, là dobbiamo guardare)
I pescatori sapevano che, nello spazio di mare che guardava in direzione del grande arco di una casa che profumava di mosto, era possibile pescare calamari di giorno e totani la notte. Con la luna calante.
C’erano sere e c’erano notti che nessuno andava in quel tratto di mare.
C’erano sere e c’erano notti che al grande arco guardava una fata, amica della luna che illuminava il mare quando sorgeva rossa del fuoco del sole, appena scomparso all’orizzonte.
C’erano sere e c’erano notti che dal grande arco si librava una scia di stelle che avvolgeva la fata, le illuminava i capelli e la sollevava leggera nel cielo.
-Vai!- le diceva la luna.
C’era un sogno da salvare, rimasto incastrato tra le pieghe oscure di una costellazione lontana. A bordo della scia di stelle, la fata attraversava il cielo. Salutava i falchetti che durante il giorno avevano giocato con le onde del mare. Sorrideva alle caprette bianche come nuvole di primavera che vivevano su una roccia inaccessibile agli uomini, lì dove arbusti verdi e grotte sicure garantivano loro una vita tranquilla scandita dal rumore del mare che lassù arrivava come un monito divino, dal susseguirsi delle piogge e delle stagioni, dall’amore della loro madre, la luna.
La fata raggiunse il sogno che era volato troppo lontano. Era arrivato sino alla Costellazione del Cigno, attirato dalla bellezza che evocava quel nome. C’era lì un grosso buco nero che lo attirava con messaggi incantatori. Il sogno aveva cominciato a girare intorno all’orizzonte di quella massa enorme e presto capì che voleva inghiottirlo. La fata ordinò alle stelle che l’avevano portata nello spazio, di formare una lunga catena di luce più forte dell’energia della massa oscura, intimando loro di non avvicinarsi troppo all’orizzonte degli eventi ma di prendere il sogno e strapparlo al vortice malefico. Il Cigno osservava e mandò delle stelle-soldato a rinforzare la scia di luce. Il sogno passò una volta e poi ancora una seconda volta, girando vorticosamente intorno a quel buco. Una, due, tre e più volte tentò di aggrapparsi alle stelle. Finalmente si lanciò con forza e con tutte le amiche del cielo, partì alla volta del mondo. Tutte insieme salutarono il Cigno e attraversarono leggere la volta celeste. La fata accompagnò il sogno fino al grande arco della casa che profumava di mosto, perché gli uomini hanno bisogno dei sogni e di fate per guardare e viaggiare lontano e poi sempre tornare.
-Dà, dà ama a vardari!-
28 lunedì Ott 2019
Posted luna
in-Dà, dà ama a vardari!- (Là, là dobbiamo guardare)
I pescatori sapevano che, nello spazio di mare che guardava in direzione del grande arco di una casa che profumava di mosto, era possibile pescare calamari di giorno e totani la notte. Con la luna calante.
C’erano sere e c’erano notti che nessuno andava in quel tratto di mare.
C’erano sere e c’erano notti che al grande arco guardava una fata, amica della luna che illuminava il mare quando sorgeva rossa del fuoco del sole, appena scomparso all’orizzonte.
C’erano sere e c’erano notti che dal grande arco si librava una scia di stelle che avvolgeva la fata, le illuminava i capelli e la sollevava leggera nel cielo.
-Vai!- le diceva la luna.
C’era un sogno da salvare, rimasto incastrato tra le pieghe oscure di una costellazione lontana. A bordo della scia di stelle, la fata attraversava il cielo. Salutava i falchetti che durante il giorno avevano giocato con le onde del mare; sorrideva alle caprette bianche come nuvole di primavera che vivevano su una roccia inaccessibile agli uomini, lì dove arbusti verdi e grotte sicure garantivano loro una vita tranquilla scandita dal rumore del mare che lassù arrivava come un monito divino, dal susseguirsi delle piogge e delle stagioni, dall’amore della loro madre, la luna.
La fata raggiunse il sogno che era volato troppo lontano. Era arrivato sino alla Costellazione del Cigno, attirato dalla bellezza che evocava quel nome. C’era lì un grosso buco nero che lo attirava con messaggi incantatori. Il sogno aveva cominciato a girare intorno all’orizzonte di quella massa enorme e presto capì che voleva inghiottirlo. La fata ordinò alle stelle che l’avevano portata nello spazio, di formare una lunga catena di luce più forte dell’energia della massa oscura, intimando loro di non avvicinarsi troppo all’orizzonte degli eventi ma di prendere il sogno e strapparlo al vortice malefico. Il Cigno osservava e mandò delle stelle-soldato a rinforzare la scia di luce. Il sogno passò una volta e poi ancora una seconda volta, girando vorticosamente intorno a quel buco. Una, due, tre e più volte tentò di aggrapparsi alle stelle. Finalmente si lanciò con forza e con tutte le stelle partì alla volta del mondo. Tutte insieme salutarono il Cigno e attraversarono leggeri la volta celeste. La fata accompagnò il sogno fino al grande arco della casa che profumava di mosto, perché gli uomini hanno bisogno dei sogni e di fate per guardare e viaggiare lontano e poi sempre tornare.
-Dà, dà ama a vardari!-
03 mercoledì Lug 2019
Posted Salina
inTag
“A fine giornata, ci sedevamo tutti su poltrone reclinabili disposte in fila sul terrazzo, a guardare il cielo. Si spegnevano le luci a neon che illuminavano anche il giardino e in silenzio si osservavano le stelle. In silenzio. Fino a quando, spinti forse dalla necessità di ascoltarsi, comincia amo a leggere ad alta voce quel cielo stellato. “. Paolina Campo, A FINE GIORNATA, A&B editrice, 2015
08 giovedì Giu 2017
Posted pensieri
inTag
Ci sono stelle la cui esistenza è segnata da ritmi che non dipendono più dalla loro capacità di pulsare. A un certo punto della loro vita sono “costrette” a pulsare perché spinte dall’ esterno da una forza che le fa ancora brillare. Così, con il passare del tempo, aumentano e diminuiscono la loro lucentezza in un’ altalena di luminosità che dipende da quella spinta che a volte tarda ad arrivare. Le Cefeidi, stelle ormai vecchie, in questa fase della loro vita, attendono di brillare o di spegnersi per sempre. Un poco come quelle persone che hanno lottato da sempre per avere uno spazio, una voce, un pensiero; che al mattino si svegliano per capire cosa fare, cosa dire; che la sera si abbandonano a pensieri che, lo sanno, voleranno lontano e nessun peso avranno in questo mondo strano. Un mondo che non ha occhi ne’ tempo per la meraviglia di un tramonto o di un arcobaleno che valgono più di parole sconnesse che ti portano via dallo stupore del cuore e da un tempo che non è somma di attimi ma un fluire di vite che all’ infinito si spingono perché nessuna Cefeide possa mai svanire.
24 mercoledì Feb 2016
Posted pensieri
inDimmi cielo d’estate,
dove hai raccolto tutte le stelle?
-Me le ha prestate il mare
che brilla alla luce del sole,
e quando la sera si stende perché tutto si plachi,
il mare raccoglie le perle di luce
e le lancia alla volta celeste
regalando quel manto di stelle
che splendenti sorridono al mondo che dorme.
-Dimmi cielo d’inverno,
dove sono le piccole stelle?
Forse il mare ha voluto tenere per sé quelle perle di luce?
-Anche il mare ha cambiato colore,
il grigio ci ammanta con una coltre pesante.
Il vento ha rapito le perle di luce
ed insistente le tiene nascoste
finché un’onda del mare le trova
e così tornano a splendere ancora.
-Dimmi ancora,
perché il mio cuore tentenna,
perché brilla e poi d’improvviso si spegne
per illuminarsi di nuovo e poi ancora oscurarsi?
Cos’è questo vento che turba
il mio animo sempre in tempesta?
–Persona si chiama chi sente,
chi avverte un cuore che vive
e di mille emozioni si strugge!