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~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi tag: sant’Agata

L’arte del torrone

04 martedì Feb 2020

Posted by paolina campo in Sicilia

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Tag

arte, Catania, colore, folclore, sant'Agata, torrone

Lo scorso anno era così.

L’importante è il fuoco…l’importante sono i coltelli…l’importante sono le mandorle, le nocciole….

Insomma, a tutto l’elenco delle cose importanti sta, come una proporzione matematica, la buona riuscita di un profumato torrone di Sant’Agata. Tra il trambusto della folla, le note folcloristiche delle bande a seguito delle candelore e le voci concitate dei devoti, si erge il silenzio di un uomo che della preparazione del torrone ne ha fatto un’arte. 

-Ho imparato da ragazzino. Avevo visto fare il torrone da un parente e volevo provare a farlo. Allora, quando in casa non c’era nessuno, provavo e riprovano e tante volte sono stato costretto a buttare tutto.-

Dentro una pentola di alluminio pulita e lucida ribolle il caramello che Paolo mescola con cura, utilizzando un grande cucchiaio di legno. Il caramello ordina, lui esegue.

-Aggiungi un pochino di farina.

-Diminuisci il fuoco.

-Aumenta il fuoco.

-Aggiungi una parte di nocciole. Mescola.

-Aggiungi l’altra parte di nocciole. E ancora farina. Poca.

Quando dentro il pentolone tutto si è ben amalgamato, le parti si invertono. Ora il signore dell’impasto è lui, Paolo, l’Efesto del torrone. Su un marmo lindo e bianco come la neve, forgia quel magma dolce maneggiando con destrezza due grossi coltelli: assembla gli elementi, li gira e li rigira, li stende, li compatta. Poi i coltelli sollevano l’impasto caldo facendolo saltare, prima con piccoli balzi, poi con onde più alte. 

Leviga e divide il foglio di torrone ancora caldo. Lo spettacolo è finito, il lavoro si è concluso, i colori e il gusto esultano.

Cittadini

07 mercoledì Feb 2018

Posted by paolina campo in Sicilia

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Catania, devozione, festa, sant'Agata, speranza

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Devoti in processione-5 febbraio-Sant’Agata-Catania

Cittadini! Siti tutti devoti, tutti! Cittadini! Cittadini!

Fino allo scorso anno era così. La pandemia ha fermato tutto. Per quest’ anno

Li vedi correre, sostare, pregare, inneggiare per via Etnea.

Li vedi ardere di passione per una festa che esplode con forza come lava dal vulcano.

Li vedi bruciare di devozione per una Santuzza che ascolta le loro preghiere.

-Sant’ Aituzza, porterò sempre un cero più grande, più pesante perché grande è stata la grazia che ho ricevuto.-

-Sant’ Aituzza, ascoltami. Dammi la forza, dammi il coraggio di continuare il mio lavoro nonostante le difficoltà. Sant’ Aituzza, fa che nessuno mi costringa ad abbassare la saracinesca.-

-Sant’ Aituzza, sono giovane e voglio restare a vivere in questa terra che sembra maledetta e che tanto bisogno ha dei suoi figli.-

-Sant’ Aituzza, sono una donna costretta ad abbassare la testa. Sono una madre che in silenzio sopporta le angherie di un uomo, il padre dei miei figli.-

Cittadini! Siti tutti devoti tutti? Cittadini! Cittadini!

Li vedi stremati, alla fine della festa, coperti di cera come le strade che per due giorni hanno attraversato.

Sono i cittadini di Sant’ Agata: donne, uomini, bambini che affollano le strade, le piazze con il fuoco della speranza nel cuore.

Cittadini! Viva Sant’Agata!

Festeggiamenti agatini

01 mercoledì Feb 2017

Posted by paolina campo in Sicilia

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annacata, candelore, Catania, Etna, ricordi, sant'Agata, video Lavinia Russo

Colori, suoni, allegria, musica, folklore e i festeggiamenti per la Santuzza corrono per tutta la città di Catania. Quando mi trasferii nel capoluogo etneo, fui molto colpita dallo slancio emotivo e dalla partecipazione dei catanesi alla festa in onore di Sant’Agata. Al grido: “Cittadini! Siti devoti tutti?” i fedeli rispondono con un caloroso, profondo e potente “Sì” che risuona per le vie della città, scena teatrale dove danzano e corrono le Candelore da metà gennaio fino al sei febbraio.

Decorate con fiori, lampade e immagini che ricordano la vita della Santa, le candelore, alti cerei votivi (alcune raggiungono anche sei metri di altezza), sono in tutto dodici: di queste, dieci rappresentano  arti e mestieri della città; una, “la piccola”, è la candelora di Monsignor Ventimiglia, il vescovo che la fece costruire dopo l’eruzione del 1766; un’altra rappresenta il Circolo Cittadino di Sant’Agata. Trasportate per le strade della città da uomini vigorosi, le candelore hanno spesso al seguito una banda che suona musiche vivaci e allegre a cui segue una sorta di balletto della candelora, l’annacata che impegna notevolmente i devoti impegnati nel trasporto dei cerei.

Ricordo che la prima volta che vidi una candelora rimasi basita perché, per come me le ero immaginate, esse dovevano esprimere un significato esclusivamente religioso.

Era gennaio, faceva freddo ma non pioveva. La piazza della chiesa del quartiere dove vivevo si animò di suoni e di allegria. Vestii le mie bambine, indossammo cappotti e sciarpe e ci unimmo alla folla eccitata e grata. Era arrivata una candelora e, fedele alle mie convinzioni religiose, feci il segno della croce e invitai anche le mie figlie a recitare una preghierina. Ma ecco che degli uomini muscolosi cominciarono a far dondolare la candelora a ritmo di trombe e tamburi e riconobbi tra quelle note una canzone che non era proprio una melodia religiosa: U surdatu ‘nnammuratu. Cercai di darmi un contegno e pensai che non dovevo essere troppo esigente e critica. Dovevo capire cosa stava succedendo. Ma più mi sforzavo di fare spazio alle mie convinzioni, più mi perdevo. Che c’entrava quella canzone con Sant’Agata?! Non capivo più nulla e cominciai a ridere fino alle lacrime. -Va bene- mi dissi- non si prega più! Abbandoniamo l’aria dimessa! Ora ci divertiamo!- Man mano mi lasciavo coinvolgere da quella simpatia gioiosa mentre osservavo le mie figlie che battevano il tempo con le mani. Era come se da quella annacata e da quella musica “strana” fosse scaturita una magia: la gente accorreva numerosa attorno alla torre variopinta e riccamente adornata e la musica sortiva da richiamo per i cittadini. Le note li allontanavano dai loro affari, dalle loro controversie e li tuffava in una dimensione dove la gioia, seppur scaturita dal ricordo di un sacrificio, diventava manifestazione di gratitudine infinita.

Imparai ad apprezzare la festa e l’amore che i catanesi nutrono anche per la Montagna che osserva, racconta e invita anche le nuvole a danzare e aggiunsi ancora un altro tassello al puzzle della mia vita.

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Vi racconto una storia

23 giovedì Apr 2015

Posted by paolina campo in ricordi

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Ballarò, Catania, Etna, liceo, mercato, Palermo, Salina, sant'Agata

viuna

Palermo, Catania e ancora Salina in una serie di immagini, ricordi, riflesioni, descrizioni di miti e tradizioni popolari che si susseguono, come diapositive di una vita dedita ai valori della famiglia ma che cerca uno spazio dove potere sempre fantasticare e trovare finalmente se stessa.

Vorrei raccontare di oggi, di ieri, di domani; di paesaggi, immagini, storie e leggende. Vorrei raccontare di Catania, di Palermo, immaginare di avere un sacchetto con dentro le biglie colorate del tempo e giocare con esse e decidere di guardarvi attraverso e rivedermi bambina, ragazza, donna.

La quotidianità diventa avventura mentre dall’abitacolo della mia macchina immagino storie e studio la gente che attraversa la strada, in una Catania che ha un rapporto particolare con il vulcano, l’Etna infuocato.

La vita, la morte e poi ancora la vita. Questo è l’Etna: fitti boschi dove tra alberi altissimi corrono liberi gruppi di cinghiali e poi all’improvviso la lava nera che inesorabilmente copre tutto e da cui furtivamente fa capolino un’erbetta, un albero simile a un condannato a morte a cui è  stat concessa la grazia, simile a un bimbo che a forza nasce dalle viscere della madre.

Ma poi,  dai ricordi degli anni in cui ero una giovane studentessa, arrivano le voci del mercato di Ballarò nel quartiere dell’Albergheria a Palermo dove c’era anche il liceo scientifico Benedetto Croce.

Albergheria, terra a mezzogiorno, terra in cui la luminosità esplode in una varietà di colori e immagini tipici del mercato di Ballarò, che venne chiamato così da Bahlara, villaggio presso Monreale da cui provenivano i mercanti che lo frequentavano…….

…….Il preside ci accordava di uscire dalla scuola durante l’ora di ricreazione per comprare qualcosa da mangiare e neanche a dirlo, spesso eravamo orientati verso un bel panino con le panelle.

Nostalgia? Desiderio di ripercorrere ancora quei luoghi? Desiderio di appassionarsi al presente come al passato? Non so, certo è che ogni cosa che mi circonda, ieri, oggi, domani, mi parla, mi tende una mano. Ogni volto nuovo comincia a imprimere nella mia storia la sua storia e nulla può essere estraneo a…

…una donna che vaneggia, vulcano che scoppia, riflesso di una terra calda e tormentata, forte e orgogliosa della sua semplice storia.

 

I miei libri

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A fine giornata
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