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~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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I racconti del laghetto e il pensiero ibrido(1)

28 martedì Set 2021

Posted by paolina campo in Senza categoria

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donna, luna, pensiero, pozzo

Castello Ursino-Catania

Un pensiero nacque di notte, come tanti altri. Lui però era nato strano, irrequieto: si girava e rigirava, saltava e poi all’improvviso rimaneva impigliato nei suoi stessi movimenti. Come tutti era fatto di qualcosa. C’erano pensieri composti di sorrisi solitari, altri di risate in compagnia. C’erano pensieri fatti di tristezza e malinconia. Noiosi! Alcuni erano ibridi e non si capiva da dove fossero saltati fuori. Erano un misto di gioia, di arrabbiature, di lacrime e sorrisi. E lui, il pensiero che era nato di notte, era proprio così, era un ibrido. Si infilava spesso nei sogni della gente e svolazzava, facendo confusione, mettendo disordine, scompigliando le storie, interrompendo le trame. Si immergeva ora in uno, ora in un altro sogno che come laghetti appena mossi dal vento accoglievano parole e immagini e parlavano, raccontavano e si tingevano dei tanti colori dell’arcobaleno. Il pensiero ibrido si avvicinò a un laghetto violetto e iniziò ad ascoltarne la voce.

-Una donna, con il cuore giovane e le gambe stanche, usciva ogni notte per dirigersi verso un pozzo dove la luna si specchiava. Riempiva un catino di acqua del pozzo e tornava a casa per annaffiare il suo giardino. Qui crescevano piante che emanavano una forte luce che attraversava gli occhi e arrivava al cuore dove rigogliosi sbocciavano sogni e speranze. Una notte però la donna non vide la luna dentro il pozzo. Non c’era più un goccio di acqua. Sentì all’improvviso il peso degli anni, il tempo trascorso gravare sulle sue fragili spalle e non vide più il tempo futuro. La luna che dal cielo osservava lanciò un’idea che un genio impazzito aveva lasciato sulla sua superficie. L’idea tardò ad arrivare, non trovava la strada per raggiungere la donna che curva e in silenzio lasciava che i tramonti e le albe trascorressero indifferenti al suo dolore.-

-E poi? Riuscì l’idea del genio impazzito a trovare la donna?-

-Certo. La raggiunse e le insegnò l’arte di essere felice, la gioia di avere ancora un cuore dove accogliere la luce del sole e i bagliori della luna. Le insegnò che il pozzo a cui attingere l’acqua dei suoi sogni era dentro di lei.-

Era l’idea di un genio pazzo, ma funzionava. Il pensiero ibrido pensò che anche lui doveva essere un po’ matto. Si convinse che essere un ibrido non era male. Bisognava essere fuori di testa per coltivare ogni giorno la gioia.

La foglia

12 mercoledì Set 2018

Posted by paolina campo in pensieri

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aspettativa, mendicare allegria, mondo, pensiero, tempo

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Chissà  cosa penserebbe, se potesse pensare, una foglia caduta dal ramo più  bello che credeva di avere abitato e cominciasse uno strano viaggio spinta dal vento, ormai padrone assoluto della sua vita. Era stata bella e, radiosa, aveva rivolto la sua parte migliore al sole per contribuire a rendere rigoglioso e verde il suo ramo. Ah Pangloss! Quante bugie, quante storie su un mondo migliore di tanti altri!

Chissà in quali mari della mente, se potesse avere una mente, lancerebbe i suoi pensieri pesanti come pietre attraverso le quali non soffia più un alito di vita, per poi rifugiarsi in un angolo dove il vento non può  spingerla oltre e trovasse il TEMPO lì  ad aspettarla per pensare.

(Ci vuole tempo per pensare, ci vuole concentrazione per essere felici.)

E insieme al TEMPO, dalla sua postazione di semplice osservatrice dei fatti del mondo, cominciasse a notare come il mondo sia talmente appesantito di grovigli di parole spogliate del loro vero significato, di situazioni che hanno perso il loro nesso logico, di occhi che dicono quello che non sentono. Natura non facit saltus, ma in quel guazzabuglio che sembra diventato il mondo, notasse come si  fosse riusciti a sottovalutare passaggi importanti: dopo il bocciolo c’è  il fiore e poi il frutto.

Eppure qualcuno, improvvisandosi grande innovatore, fa grandi salti, bruciando le impalcature su cui poggia  la vita, tutta la vita.

Ci sono stati tempi in cui l’ uomo onnipotente ha voluto distruggere libri, organizzato roghi, spento idee, per cancellare cio’ che avrebbe potuto essere un pericolo per il predominio di un’ idea pazza di supremazia, credendo di non avere bisogno di storia, nutrendosi del poco che aveva seminato.

Ecco, quella foglia secca insieme al suo compagno, il TEMPO , arrivano a una conclusione: il MONDO, stanco e avvilito, si è messo in aspettativa, come quel lavoratore che, per far fronte a una sopravvenuta malattia, a un certo punto si astiene dal lavoro, aspettando che la sua situazione migliori per potere ripartire, per potere essere di nuovo efficiente.

La FOGLIA, il TEMPO, il MONDO. Dalla loro postazione si improvvisano mendicanti. No, non più  di speranze, tanto care a coloro che si colorano il viso di buone intenzioni; non più  di monete che servono a poco a chi si è  vestito di scuro.

– Avete un pizzico di allegria da darmi? Sapete, per vivere, per essere ogni tanto felice.-

– Avete un abbraccio forte da regalarmi? Sapete, per colmare la solitudine di chi ancora vuole pensare.-

Jonathan

07 domenica Gen 2018

Posted by paolina campo in libri, pensieri

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amore, condivisione, corpo, Il gabbiano Jonathan Livingston, libertà, pensiero, Richard Bach

 

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…Il Gabbiano Jonathan scoprì che la noia e la paura e la rabbia sono le ragioni per cui una vita gabbiana è così breve ,  e quando quelle furono svanite dai suoi pensieri visse una vita lunga e bella.

…«Tutto il vostro corpo, dalla punta di un’ala all’altra» diceva ancora Jonathan, « non è altro che il vostro pensiero stesso in forma visibile. Spezzate le catene del pensiero e spezzerete anche le catene del corpo…»

…Volò con loro attraverso notti, nubi e tempeste,  per il gusto di farlo, mentre lo Stormo restava accoccolato al suolo nella sua miseria.

Un reietto alla conquista di sé stesso.

Il gabbiano triste

12 martedì Lug 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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cielo, colori, mare, nuvole, pensiero

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Gli facevano compagnia il sole, il vento e la brezza del mare. Da quando quel giorno non volò più, pensò che voleva essere qualcos’altro. Voleva diventare un’onda. Aveva attraversato il cielo e incontrato le nuvole e dall’alto aveva osservato le onde del mare che alternavano movimenti e suoni mai uguali e sempre vivi ed intensi. Raccontavano, le onde, di sirene incantatrici, valorosi soldati; di intrepidi navigatori e terribili pirati; di uomini, donne, bambini in cerca di un posto sicuro.  Raccontavano la favola del mare che si allungava sulla riva per consegnare al mondo le sue storie e donare ogni volta un abbraccio, un pensiero. Come se il mare avesse in sé la magia di portare a riva un monito, una speranza e trascinare via le cose cattive del mondo. Il gabbiano aveva smesso di volare quel giorno e attendeva paziente e fiducioso di ascoltare l’anima del mare. Certo, non era più tanto giovane, ma la sua mente era ancora vivace e i suoi ricordi erano sempre lì a fargli compagnia. Ma cominciava a sentire una strana tristezza. Era come se si fosse allontanato, non da qualcosa o da qualcuno. No. Era come se si fosse allontanato da sé stesso  e non riusciva più a trovarsi.

-Ecco, forse sono quell’onda. Forse, come onda sarò più felice.-

Un’onda più grande delle altre gli si avvicinò e con voce leggera gli soffiò nella mente qualcosa. Se fosse diventato un’onda, non avrebbe più volato; se lui era un gabbiano, se aveva il manto bianco come quelle onde che tanto amava e gli occhi azzurri come il cielo ed il mare, era perché faceva parte di quell’abbraccio immenso che è la vita. Non era necessario diventare qualcos’altro per trovarsi, bastava porre attenzione al suo tempo, al suo essere un insieme di tante avventure.

-Ehi! Sai che la forma di quel masso dove poggi le zampine ricorda uno dei problemi classici dell’antichità che doveva servire a salvare gli ateniesi dalla peste¹?-

Il mare sapeva tante cose! Il gabbiano, incuriosito, si mise di nuovo alla ricerca, questa volta non di sé stesso, ma di qualcosa che lo avrebbe fatto sentire orgoglioso di quello che era.

¹Duplicazione del cubo o problema di Delo. Nel 429 a. C. la peste decimò la popolazione ateniese. Fu mandata allora una delegazione all’oracolo di Delo per interrogarlo su come potere scongiurare l’epidemia. L’oracolo rispose che era necessario raddoppiare l’altare cubico di Apollo.

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