Rosaria si era sposata e continuava a vivere con la sua famiglia a casa di suo padre. Una casa dove trovarono posto una lavatrice Candy, un televisore e una radio di ultima generazione per potere ascoltare buona musica. In un angolo riservato, dove a parlare era la scrittura, Rosaria custodiva la sua macchina da scrivere, una Lettera 22, un modello tra i meglio riusciti della Olivetti, fabbrica all’avanguardia nella messa a punto di macchine da scrivere. Lettera 22 divenne presto la confidente, l’amica a cui consegnare parole, pensieri, sentimenti, emozioni. Il ticchettio dei tasti battuti con la sicurezza di chi ha tante cose da raccontare, di chi in quei tasti consegna il battito dei cuori che non si rassegnano al silenzio, quel ticchettio rassicurava il sonno di Franco. Nulla sarebbe andato perduto, fino a quando avrebbe sentito arrivare dalla stanza accanto il suono della macchina da scrivere. Il tempo non aspetta nessuno e di tempo ne era trascorso tanto. Solo la scrittura avrebbe potuto fermarlo e fissarlo in pagine come foto, immagini che avevano il potere di far scorrere i giorni in senso contrario.
Rosaria aveva l’abitudine di uscire presto la mattina, per fare la spesa. Da qualche tempo i suoi orari erano cambiati. Il padre, ormai tanto avanti con l’età, aveva bisogno di essere accudito con più attenzione. Da qualche tempo respirava a fatica anche se continuava a raccontarle delle storie. Sembrava avere fretta.
-Papà, vado a comprare qualcosa e torno.-
Gli aveva dato un bacio sulla fronte ed era uscita. Quella mattina era uscita più tardi e sbrigò presto le sue commissioni. Non aveva tanto tempo di accorgersi della gente che circolava per le strade. In un attimo si sentì come destata dal suo impegno quotidiano. Si fermò a guardare qualcuno. Aveva avuto l’impressione di avere visto nei pressi della fontana una donna ed era sicura che si trattava di Nunzia, la bimba che era andata a studiare a Palermo. Voleva avvicinarsi, parlarle. La donna si era voltata, aveva ignorato il suo sguardo come per allontanare da sé ogni traccia di passato. Rosaria aveva capito, aveva rispettato quel comportamento e non provò a chiamarla. Ricominciò il suo giro e si affrettò a tornare a casa con le sue buste della spesa. Aveva poggiato tutto per terra, come era solita fare. Si era tolta la giacca, si era lavata le mani ed era entrata nella camera di suo padre.
-Papà sono tornata.-
L’uomo non rispose. Aveva le spalle ben coperte dalle lenzuola e giaceva appoggiato sul braccio sinistro. Giaceva, senza voce e senza respiro. Rosaria si avvicinò, gli prese una mano e intanto lo guardava. Non riusciva a pensare a niente, per qualche minuto rimase immobile davanti a quel corpo inerme. Poi chiamò suo marito, prese il telefono e informò suo fratello. Si ritirò nella stanza di Lettera 22, raccolse gli appunti e le fotografie e preparò il suo lavoro.
Tic, tic. Uno dopo l’altro…
Quando una stella muore, muore per implosione e libera luce. Quando un uomo muore, si spegne la luce della vita e si accende quella del ricordo.
Quella mattina MENTE SERENA s’era svegliata molto presto. La luna era alta, bella, bianca e luminosa, da qualche parte un uccello intonava un canto leggero pieno di sonno e il buio della notte era ancora steso sul cielo e sembrava proprio non volersi svegliare. MENTE SERENA si aggrappò ad un sogno e volò sulla luna. Lì trovò artigiani affaccendati a pulire i pensieri, limando un po’ qua e un po’ là le imperfezioni più evidenti. Viaggiando su stelle littorine, arrivavano nei pressi del cratere di un magnifico vulcano, dove i pensieri venivano affidati al fuoco per essere rigenerati, forgiati e modellati. Gli artigiani tornavano quindi sulla luna e tiravano a lucido quegli oggetti preziosi per consegnarli alle menti che presto si sarebbero svegliate. MENTE SERENA prese i suoi pensieri già ben ripuliti e lasciò il suo sogno. Si adagiò sui rami di un albero e iniziò a fogliare pagina dopo pagina il libro di tutte le menti serene che aveva incontrato e che al mattino presto si scaldavano ai primi raggi del sole. Trovò forza, vigore e idee nuove che, come quei raggi di sole, rendevano interessante e bella la vita.
MENTE SERENA. Mio padre aveva studiato in un collegio di monaci molto rigorosi. Tra gli insegnamenti, tanti, nonostante la ferrea disciplina, c’era quello di alzarsi presto al mattino per ripassare ciò che si era studiato per fissare meglio le nozioni apprese. Leggere e ripassare a “mente serena” era un motto, una regola che lubrificava gli ingranaggi della memoria e dell’intelligenza.
Ascoltare il vento dolce della primavera che accarezza leggero le prime gemme; e quello impetuoso e violento dell’inverno che passa superbo tra i rami degli alberi vinti da quella forza rabbiosa e regale.
Ascoltare all’alba il risveglio degli uccelli e dei galli e le voci delle donne che per prime salutano il giorno e i loro uomini che si apprestano a raggiungere i campi.
Ascoltare, e ascoltare ancora, il mare le cui onde fluiscono come i ricordi del passato. Memorie che inteneriscono i cuori di chi sente il grido di dolore di tutti coloro che tra quelle onde hanno trovato la morte e i cui ricordi sono custoditi sotto la lastra di blu cobalto.