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~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi tag: Iliade

La casa di Efesto

10 lunedì Mag 2021

Posted by paolina campo in Etna

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Tag

Efesto, Eschilo, fuoco, Iliade, Omero, Prometeo, Zeus

Vive all’interno del vulcano Etna ed è un dio, figlio di Zeus.

Nella sua fucina, Efesto modella, piega, usa mantici, mette in atto la sua raffinata tecnica. Sa come usare il fuoco, è un maestro nel forgiare oggetti, nel mettere a disposizione la sua arte ingegneristica.

Teti dai piedi d’argento giunse alla casa d’ Efesto

eterna, risplendente, pregiata fra gli immortali,

tutta di bronzo, che s’era fatta lo zoppo con le sue mani.

Lo trovò che girava tra i mantici tutto sudato,

faceva ben venti tripodi,

che stessero in piedi lungo le mura del livellato salone,

ed alla base di ognuno metteva rotelle d’oro,

perché da soli potessero andare al concilio divino

e poi fare ritorno nella sua casa, meraviglia a vedersi.

Omero, ILIADE, libro XVIII, vv.369-377

Brutto, rude, claudicante, genera bellezza, ma è pronto a maledire le sue mani, combattuto tra la pietas per Prometeo che dovrà incatenare a una roccia e il dovere di eseguire gli ordini del padre.

O mani mie sovrane, odiatissime mani

……………..

Prometeo, quanta pena al tuo patire

Eschilo, PROMETEO INCATENATO, v.45-v.66

Vive nelle viscere dell’Etna il dio Efesto e come lui è paurosa e bella, minacciosa e generosa.

Cusciuta, cusciulera, cusciuliari

07 giovedì Dic 2017

Posted by paolina campo in mare, silenzio, pensieri

≈ 3 commenti

Tag

arcobaleno, Iliade, Iris, Omero, parole, vento

monet

Cusciuta, era cusciuta!

Cusciulera, vo diri?

Cusciuta o cusciulera, sempre a cusciuliari era!¹

Camminava, correva. Andava al mare e poi in montagna. Distribuiva sorrisi e afferrava esperienze. Tornava a casa quando era sazia di sguardi, di parole nuove da usare, di pensieri gioiosi da sognare. Cusciuta, era cusciuta. Sì, una volta. Le piaceva cusciuliari, imbarcarsi sulle sue cosce e andare in giro ad ascoltare voci che avevano sempre tanto da raccontare.

-Irù, portaci u pani o zu Vanni- e lei partiva e portava una pagnotta a un vecchio cieco che da solo viveva in una stanza che si affacciava su una grande terrazza; che dominava tutto il paese; che era attraversato sempre dall’odore del mare; che ascoltava la voce imponente del vento; che….arrivava alla pelle e alla mente di quel malandato vecchio che di nulla aveva bisogno, se non di un pezzo di pane e un bicchiere di vino, dove ammorbidire il profumo del grano, e sentire l’ odore che lo portava tra i filari delle viti con pampini enormi e nelle cantine odorose di mosto.

-Zu Vanni, qua c’è il pane.- Lui sorrideva e Irù raccoglieva quel sorriso sdentato e se lo portava a cusciuliari. Poi tornava a casa e su dei fogli scriveva parole su parole, descrivendo storie e sensazioni, segnando ricordi e emozioni. Giorno dopo giorno.

Cusciuta, era cusciuta! Sì, una volta. Poi, chissà come fu, quei fogli si trasformarono in un corpo mostruoso che vegliava notte e giorno su di lei e tenevano la sua mente stretta dentro un guscio terribile come una caverna dove non c’erano sorrisi, ma sguardi arrabbiati; e non c’erano parole, ma grida intrecciate e confuse; e non c’erano strade dove andare a cusciuliari. Tutto era buio. In quel buio, arrivava di tanto in tanto un soffio di vento che le attraversava i piedi. E lei camminava. Con il vento ai piedi, arrivava lì dove erbe selvatiche crescevano libere al limitare di una falesia, facendo da cornice alla bellezza infinita del mare. Succedeva allora che sentiva il cuore gonfiarsi di malinconia, di grande nostalgia per quel mare a cui desiderava consegnare la sua vita. Cosa ne era stato di quella vita? Cosa ne era stato di quel suo cusciuliare in lungo e in largo, credendo che era gioia per sé e per gli altri incontrarsi? In cosa aveva creduto se non esisteva più niente di quello di ciò che era stata e voleva essere? Girò piano lo sguardo come per vedere se il mare avesse qualcosa da dirle. Vide onde che guizzavano allegre e nuvole bianche che vagavano lente aspettando che il vento dirigesse sicuro la musica del mondo.

Girò ancora lo sguardo e vide un velo di pioggia bianchissima come neve che faceva da tenda a un variopinto arcobaleno, che emergeva da un cerchio salato per poi nascondersi dietro il sipario di acqua di cielo.

…e Ares le dette i cavalli dai frontali d’oro:

lei montò sopra il cocchio, disperata in cuor suo,

accanto le saliva Iris e prendeva in mano le briglie,

frustò alla corsa e quelli, non contro voglia, presero il volo.

Subito poi raggiunsero la sede degli dei, l’Olimpo scosceso;

qui fermò i cavalli Iris veloce, che ha nei piedi il vento,

li sciolse dal carro e a loro gettò foraggio immortale;

intanto la divina Afrodite s’abbandonava in grembo a Dione,

sua madre; e lei strinse tra le braccia la figlia sua,

l’accarezzò con la mano, articolò la voce e disse:

«Chi ti ha fatto una cosa così, figlia mia, tra i Celesti,

senza ragione, quasi avessi fatto del male sotto i suoi occhi?»

Le rispondeva allora Afrodite che ama il sorriso:

«Il figlio di Tideo m’ha ferito, il tracotante Diomede,

perché io il figlio mio volevo sottrarre alla guerra,

Enea, che fra tutti mi è di molto il più caro.

Ormai la battaglia crudele non è più tra Troiani ed Achei,

ma anche agli immortali adesso i Danai fanno la guerra».

Omero, Iliade, libro V, 363-380

Iris, che ha nei piedi il vento, percorse tutti i colori dell’arcobaleno e sparì dietro la tenda di acqua di cielo dove le nuvole, cusciute, seguivano il vento.

 

¹Cusciuta, nel dialetto palermitano indica chi va spesso in giro per le strade. Cusciulera è il termine usato nell’agrigentino per dire la stessa cosa. Cusciuliari ne è il verbo.

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