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amareilmare

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi tag: guerra

Razzismo e perdono

03 giovedì Mar 2022

Posted by paolina campo in Senza categoria

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guerra, perdono

…Molti dei miei conoscenti e amici russi oggi chiedono perdono agli ucraini. Credo che sia troppo presto per chiedere perdono. Noi, cittadini russi, non abbiamo ancora il diritto di farlo. Lo avremo soltanto quando i criminali di Stato al potere nel nostro Paese saranno assicurati alla giustizia e condannati alla punizione che meritano. Se ciò non accadrà, non ci potrà essere perdono per alcuno di noi.

Sergej Lebedev, LA REPUBBLICA, mercoledì, 2 marzo 2022, pag.18. La radice del male è il nostro razzismo

La battaglia delle nuvole

22 martedì Feb 2022

Posted by paolina campo in poesia

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bellezza, dolore, guerra, nuvole, vento

Alberi e occhi rivolti lontano

ad assistere inerti alla grande battaglia

che il vento ha intrapreso

scompigliando le nuvole,

agitando le foglie,

disturbando la quiete.

Non c’è sangue, non c’è pianto.

Tutto intorno c’è una guerra di colori,

di una vita che respira.

E’ una guerra di bellezza

che circonda il nostro mondo,

perché nessun bimbo debba

mai piangere di dolore.

Deponete presto le armi e volgete gli occhi al cielo.

La bellezza ci vuole salvare,

vuole dirci tante cose.

Non abbiamo

tanto tempo.

Ascoltiamo il nostro cuore

e volgiamoci

alla pace.

Nel quartiere Vitrera

15 lunedì Apr 2019

Posted by paolina campo in ricordi, Sicilia

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carrarmato, Castelbuono, centrale elettrica, guerra

In Sicilia, nei pressi della rotabile da cui si dividono le strade per Geraci, Isnello e Castelbuono, operava una vetreria di proprietà dei Ventimiglia che, nel ‘300, erano principi di un vasto territorio sulle montagne delle Madonie.

Discorso all’umanità

05 mercoledì Apr 2017

Posted by paolina campo in pensieri

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avidità, Charlie Chaplin, guerra, morte innocenti, un mondo migliore

 

Vorrei aiutare tutti…Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre…

In questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca…

L’avidità ha avvelenato i nostri cuori…

Abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi…

Milioni di uomini, donne e bambini disperati sono vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente.

Ricordate! Nel vangelo di Luca è scritto: il Regno di Dio è nel cuore dell’uomo. Non di un solo uomo, di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini…

Voi, il popolo avete la forza di fare della vita una splendida avventura…

Combattiamo per un mondo nuovo, che sia migliore, che dia a tutti gli uomini un lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi sicurezza. Promettendoci queste cose dei bruti sono andati al potere. Mentivano!

Combattiamo per un mondo ragionevole in cui la scienza e il progresso diano a tutti il benessere!

Charlie Chaplin, Discorso all’umanità, 1940

2017, dobbiamo ancora imparare.

Fuoco, incendio

21 mercoledì Dic 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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distruzione valori, Goethe, guerra, mediocrità

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Entusiasmo, ambizione. Fondamentali per accendere la fiamma creativa, la carica per guardare oltre: il fuoco per desiderare. Succede che la vampa della forza di volontà si trasforma in incendio e le fiamme volano alte, lasciando a terra la cenere di ciò che si voleva costruire. Bruciano ruoli, significati, impegni, affinità, emozioni, gratitudine.

Nel mondo, ognuno lo si prenda per il ruolo che dichiara; ma bisogna pur che dichiari un ruolo…Mediante l’educazione dovrebbe anzitutto essere valorizzata la personalità…Esiste una cortesia del cuore, ed è imparentata all’amore. Nasce da essa la più spontanea cortesia del contegno esteriore…Spettacolo insopportabile, un uomo eccezionale dei cui meriti si vantano gli sciocchi.∗

Le grandi guerre, i grandi disastri hanno in  sé l’incendio della passione per il potere che nutre i mediocri di spirito.

∗Goethe, Le affinità elettive, Crescere edizioni, 2013, pag. 160-161

Venera

24 lunedì Ott 2016

Posted by paolina campo in Salina

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donne, guerra, incrociatore Bolzano, mare, pesca

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-Oh Madonna Santa! Chi fu?-

-Oh Maria Santissima! Le bombe!-

Era appena sorto il sole quando si sentì un forte boato. Istintivamente le donne raccolsero i bambini in un abbraccio per proteggerli da quel fragore che sapeva di guerra, di morte e aveva scosso il sonno, i sogni e le pareti delle loro case. Aspettarono un poco prima di uscire fuori, nel patio, e guardare il mare. Perché dal mare veniva quel terribile botto. Videro, non lontano, una nave in fiamme e soldati che annaspavano nell’acqua. Soldati, uomini, forse i loro uomini che quella stupida guerra aveva portato via. Corsero svelte alla battigia e, tirate su le gonne, spinsero i gozzi in acqua.

-Remate, forza, remate!- e la voce di ognuna si alzava a dispetto della guerra, del caldo asfissiante, della nafta che aveva macchiato il mare e minacciava un grande incendio. Si avvicinarono alle zattere a cui erano appesi i soldati. Esausti, feriti, alcuni in fin di vita trovarono rifugio nei gozzi, accolti da braccia forti di donne giovani e meno giovani che andavano per mare e ne conoscevano la forza.

Era il 13 agosto del 1942 e l’incrociatore Bolzano, della Regia Marina, veniva silurato da un sommergibile inglese rimanendo incagliato nei bassi fondali di Lisca Bianca, in quella frazione di Mediterraneo che guarda l’isola di Panarea abitata, allora, da anziani, bambini e donne su cui gravava la miseria e la tristezza, la solitudine e il coraggio di affrontare il mare e la campagna dove si aggiravano fantasmi, speranze e credenze.

Dee, streghe, fate, donne. Mare.

Si muovono leggere come piccole onde

avanzano tenaci come il mare in tempesta

e vedono e sentono  cose che nessuno riesce a percepire.

Quando la guerra finì, dalla costa orientale della Sicilia tornavano a partire i pescherecci degli acitani. Erano i pescatori che dalla costa catanese di Acireale raggiungevano il mare dell’arcipelago eoliano ricco di secche, e quindi particolarmente pescoso, e si fermavano soprattutto a Lipari, l’isola più grande delle Eolie. Dai piccoli porti di Santa Maria la Scala, Stazzo e Capo Mulini, borghi marittimi ai piedi della Riserva naturale della Timpa, si muovevano le barche con un equipaggio che contava anche alcune giovani donne intraprendenti. Su una di queste barche si imbarcò Venera, una ragazza che nelle vene le scorreva un sangue caldo e furente come quella lava che tante volte aveva visto scendere da una delle bocche dell’Etna. Venera era pratica nella pesca e sapeva come muoversi su un peschereccio. La sua era una famiglia di pescatori che, spingendosi oltre lo stretto di Messina, decise di non fermarsi a Lipari. Proseguirono alla volta di Salina, isola verde, abitata per lo più da contadini. Tutti possedevano un vuzzu, un gozzo per andare a pescare quando il tempo era buono, quando si era liberi dagli impegni in campagna o quando si voleva uscire per trascorrere qualche ora a mare con gli amici. C’erano comunque delle differenze: Rinella, Santa Marina, Lingua sorti su una striscia di terra prospiciente il mare, godevano di un porticciolo e di spiagge facili da raggiungere. Malfa, Leni, Pollara e Valdichiesa, situati in collina o nelle valli, avevano un accesso più difficile al mare, dove si arrivava a piedi, percorrendo sentieri e scalinate, oppure in groppa a un un asinello. La famiglia di Venera decise di stabilirsi a Rinella dove la sabbia era nera e le barche potevano essere tirate a secco su una battigia protetta dalla montagna. Dove le case odoravano di mare e bastava tendere una mano per sentirne la brezza. Venera andava a pesca con gli uomini della famiglia e con loro imparò a conoscere le leggi del mare e a rispettarle. Poi era lei che sistemava i pesci nei cesti di vimini e con questi caricati sopra il capo, percorreva, scalza, trazzere e scale su per la collina che da Rinella portava a Leni. Raggiungeva quindi la piazzetta della chiesa e vendeva il pesce alla gente che ogni mattina l’aspettava. Venera sapeva pescare, conosceva il mare e aveva una clientela appassionata. Ad un certo punto decise di mettersi in proprio: andava a pescare da sola con il suo gozzo e, sempre scalza, raggiungeva la piazzetta di Leni e vendeva il suo pesce. Saliva e scendeva, andava e tornava. Come un’onda del mare.

“Donne che hanno imparato a dare il nome ai venti, a misurare la distanza dalle loro case e a presagire la potenzialità dell’onda rabbiosa nel mare lungo, come qualunque altro navigante.”  (Macrina Marilena Maffei, Donne di mare, Pyngitopo editore, 2013, pag. 16)

Senza titolo

20 mercoledì Lug 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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bimbi, futuro, guerra, tristezza

Non portate più fiori,

per poi farli marcire

e dimenticare.

Non accendete più ceri,

se poi la fiamma si spegne

nella solitudine dell’indifferenza.

Ci dicevano:

“Non dovete avere paura!”

e siamo morti ammazzati.

“Siamo più forti!”

e la speranza e la fiducia in quella forza

si è persa insieme al nostro sangue versato sulle strade.

Sono un bimbo che non c’è più.

Ero un bimbo.

Ero la forza di valori e ideali che sono stati uccisi

dalla maschera del benessere, del potere, del denaro.

Ho sentito qualcuno gridare:

“Siamo in guerra!”

Quale guerra?

Quella subdola e vigliacca che colpisce alle spalle,

ordita da chi dovrebbe proteggerci e

invece ha venduto senza scrupolo le nostre vite?

Sono un bambino,

un bambino che non c’è più.

Ero il futuro.

Elcie Wyse

08 martedì Mar 2016

Posted by paolina campo in pensieri, Salina

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Australia, donne, guerra, ospedale per donne e bambini

 

Elcie si arruolò come pilota all’Air Base del Queensland e lasciò Sydney e i suoi spasimanti, per impegnarsi nell’ importante ruolo di Flight-Lieutenant. Una mattina venne raggiunta dal suo comandante. Lo vide agitato e nervoso. Pensò che doveva prepararsi a una missione, che bisognava intervenire in aiuto di qualche aereo in difficoltà. Si alzò di scattò, fece il saluto di rito e si mise sull’attenti in attesa di un nuovo ordine.

-C’è un artista che sta facendo degli ottimi disegni e dice di essere il suo fidanzato.-

Alzò poi all’improvviso la voce.

– Ma si trova nel no-go zone del nostro Military Air Base! Se davvero è il suo fidanzato, gli dica di smettere subito! E’ un ordine, Flight-Lieutenant Wyse!-

-Sì, signore! Certo, Signore…- ( Palina Campo, A fine giornata, A&B, Acireale, 2015, pag.71)

Quando cominciai ad interessarmi della vita del pittore eoliano Virgilio Lo Schiavo, le mie ricerche mi portarono alla scoperta dell’interessante mondo della moglie dell’artista, Elcie Wyse. La madre, di origine irlandese, era emigrata in Australia sul finire del XIX secolo e aveva acquistato una grande fattoria nella Yass Valley, non lontano da Canberra. Elcie, quindi, nacque e visse in Australia dove frequentò prima il St Vincent’s College, Potts Point e si laureò poi in medicina seguendo le orme di donne come Harriet Biffin e Lucy Gallett  che fondarono a Sydney il primo ospedale gestito da donne e per donne e bambini. In un articolo datato luglio 1950

 Rachel Forster Hospital for Women and Children

SYDNEY, N. S. W., AUSTRALIA

Mary C. Puckey, M. D.

si ripercorrono le tappe che portarono all’apertura dell’ospedale, che nacque dalla collaborazione tra donne che spesero tutte le loro energie in quell’opera.

Durante la prima guerra mondiale, l’American Medical Women’s Association grazie a una donazione dell’American Women’s Hospital, mise a disposizione della Federazione Australiana delle Donne Medico una somma di denaro a favore di donne che avevano prestato il loro servizio come medici al fronte e avevano riportato gravi ferite. Di quella somma solo una parte fu necessaria allo scopo originario. Con il consenso dei donatori, l’importo residuo fu diviso in parti uguali  tra il Queen Victoria Memoria Hospital, a Melbourne, e il Rachel Forster Hospital. Dalle pagine dell’articolo di Mary C. Puckey del 1950 si legge:

TWENTY-EIGHT YEARS AGO Dr. Lucy Gullett returned from Melbourne after attending the twenty-fifth annual meeting of the Queen Victoria Memorial Hospital (a hospital founded and staffed by women for women and children) full of enthusiasm for their work and a burning ambition to follow in their footsteps. Dr. Gullett and Dr. Bif in, two of Sydney’s best known women physicians.

…………………………………………………………………………………………………………………..

In 1925 the first Resident Medical Officer, Dr.Leonie Amphlett, and the first resident Matron,
Miss Livingstone, were appointed. The need for accommodation for in-patients was becoming more urgent and, in 1926, Lady Denison opened a new wing free of debt, which would accommodate six patients and the necessary nursing and domestic staff. Additions were made to the out-patient department to cope with the rapidly growing yearly attendances, now 19,086.
By 1931 the hospital was recognized as a public hospital under the Hospitals Act of 1929, a big
step forward.

Questi solo alcuni passi delle cinque pagine dell’articolo sulla storia dell’ospedale e delle donne che ne hanno seguito e voluto la realizzazione.

L’ospedale di Sidney si avvaleva anche dell’importante aiuto della moglie dell’allora Governatore Generale d’Australia Henry William  Forster, lady Rachel Forster a cui sarà intitolata la struttura nata con pochi letti e tanta buona volontà nel 1922 grazie alle pioniere della medicina australiana. La donazione servì ad ingrandire l’ospedale acquistando letti e attrezzature, aprendo così nuovi reparti. Nel 1949 l’Università di Sydney assegnò al Forster il riconoscimento a divenire il primo ospedale in Australia ad essere abilitato come scuola per l’insegnamento clinico di studenti in medicina. Molte donne hanno contribuito allo sviluppo dell’ospedale e la dottoressa Elcie Wyse fu tra queste. Nel 1952 aprì un reparto unico nel suo genere in Australia, facendo arrivare direttamente dall’America l’attrezzatura per lo screening mammario grafico, per la prevenzione del tumore al seno.

Pilota, medico, presidente del Medical Womens’ Association, direttore della sua clinica chirurgica privata. Ma anche moglie e madre attenta e appassionata. Seguì sempre il suo Virgilio nel desiderio di tornare di tanto in tanto nella sua isola, apprezzando i colori e i profumi di quell’ambiente così magico da sentirne il richiamo fino alla fine dei propri giorni.

Elcie e Virgilio partirono dall’Australia alla volta di Roma, dove la loro figlia risiedeva già da qualche anno. Si imbarcarono quindi per le Eolie e trascorsero l’estate su quell’isola che l’artista aveva nelle vene e che si era portato in giro per il mondo. Respirò ancora una volta l’azzurro del mare e del cielo, si circondò dei ricordi della terra vulcanica ricoperta di capperi, di quel lido dove il nonno aveva messo alla prova la potenza del suo giovane corpo e rivide la scena tra le ciocche dorate del sole al tramonto.

 -Forza ragazzo! Tira, tira forte! Afferra bene coi denti la corda!-

A fine giornata Oceano lo andò a trovare, e gli mostrò come tra impetuose onde aveva conservato  i pianti e le gioie della sua gente. E intanto a Salina i giorni trascorrevano e quando fu tempo di salire ancora sulla nave, la guardò scivolare lontano.

 -Andiamo, entriamo in cabina. Non si vede più.-

Virgilio Lo Schiavo morì a Roma, pochi giorni dopo. (Ibid., pag.95)

Era il 1971.

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I miei libri

era
vi racconto
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A fine giornata
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Articoli in archivio

Mare e Montagna

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