
-Signora, guardi, è meglio che si siede da questa parte, così vede meglio.- L’anziana signora prestò ascolto alle mie parole. Ma una mensola a cui non avevo fatto caso precluse, a me e alla signora, parte, minima, della visione dei video che il dottore Giuseppe Montemagno aveva preparato per la conferenza su Il Trovatore di Giuseppe Verdi.
Il Trovatore, opera del ricordo. Come non poteva appassionarmi! E come non potevano appassionarmi le descrizioni delle scene che, con dovizia di particolari, hanno attraversato le mie corde, accendendo la vampa della curiosità. Ma andiamo per ordine.
Justus von Liebig (1803-1873), chimico tedesco intraprendente, nel 1865 fondò la compagnia Liebig. La compagnia si occupò di produrre un estratto di carne inventato dal suo fondatore il quale pensò di pubblicizzare il prodotto con la diffusione di figurine coloratissime dove, tra i tanti soggetti raffigurati, venivano riprodotte anche scene delle opere di Giuseppe Verdi. Le figurine ebbero un enorme successo e il collezionista ebbe a disposizione album adatti a raccoglierle. Immagino la gioia, oltre che dei collezionisti, delle massaie che potevano godere delle immagini e delle storie di opere di compositori importanti che entravano nelle loro case e per questo anche a loro note.
Ma la fiamma della curiosità arde e stride ancora.

Nel 1954 esce il film Senso di Luchino Visconti, ambientato a Venezia alla vigilia della terza guerra d’indipendenza. La scena iniziale si apre con la rappresentazione del Trovatore alla Fenice. La splendida Alida Valli, nei panni della contessa Livia Serpieri, afferra al volo un mazzolino di fiori tricolori, partecipando così alla manifestazione antiaustriaca che, al grido Viva l’Italia, aveva acceso la vampa di chi voleva cacciare lo straniero da casa propria. Alida Valli, Silvana Mangano, Gina Lollobrigida, Sophia Loren: attrici, dive del grande schermo, donne icone, espressione di bellezza e passione che come le figurine Liebig entravano a far parte dell’immaginario di donne che si concedevano il lusso di sognare.
Il Trovatore è diviso in parti e non in atti, come fosse una ballata che avanza a singhiozzo, un po’ come le canzoni di Fabrizio De André.
Questa di Marinella è la storia vera – che scivolò nel fiume a primavera – e il vento che la vide così bella – dal fiume la portò sopra una stella…..
Ogni parte un racconto, in ognuna una passione, un ricordo. Certo, un poco azzardato come paragone; ma la fiamma, l’ardore, la pira della passione, della malinconia e del dolore procedono parte dopo parte, in tutto quattro nel Trovatore secondo il libretto di Salvatore Cammarano che trasse ispirazione dall’omonimo dramma romantico di Antonio Garcìa Gutièrrez del 1836, seguendo l’idea di Verdi.
Le storie si intrecciano e si ricompongono e l’attenzione è alta, nonostante la mensola. Il nostro relatore, oltre che molto bravo, è simpatico e, nonostante la trama drammatica, riesce a strappare al pubblico qualche risata a proposito di vegetariani e onnivori quando parla delle figurine, o quando ci racconta dei rapporti tra tenori, soprani e bassi.
Ferrando, Leonora, Manrico, il Conte Luna ma tra tutti emerge lei, la zingara Azucena che del fuoco della pira sente e trasmette tutta la tragedia che coinvolge la madre accusata di sortilegio, due bambini, Manrico e lo stesso Conte Luna.
Stride la vampa – Condotta ell’era in ceppi al suo destin tremendo
I segni > > posti al di sopra del diagramma indicano una maggiorazione della tensione: –Stride la vampa- e Azucena racconta agli zingari il suo dramma con forza, con rabbia > > . In matematica il segno > indica un rapporto di maggioranza tra due numeri o tra due polinomi per cui si parla di disequazione: il primo membro è maggiore del secondo. Le vicende della pira sovrastano e abbracciano tutte le altre, tutti gli altri racconti. Il fuoco distrugge e rigenera, svela e vivifica rapporti sopiti e ignorati come quelli tra il Conte Luna e Manrico, il trovatore, che alla fine si scoprirà essere fratelli.
Fuoco, vampa, orrore: avevo letto e riletto la tragedia di Gabriele D’Annunzio La figlia di Iorio e pensai che il vate si era sicuramente ispirato a quest’opera, allora azzardai una domanda, forse scontata: ma D’Annunzio che c’entra con tutto questo fuoco di Azucena? C’entrava: D’Annunzio si era profondamente ispirato all’opera di Verdi e il fuoco, la vampa aveva attraversato alcune delle sue tragedie.
Musica, poesia, romanzo, tragedia e, perché no, anche matematica: come quella Rete di Idra che secondo l’allegoria buddhista esiste
una rete di fili infinita presente in tutto l’universo…. Ad ogni incrocio di fili c’è un individuo, e ogni individuo è una perla di cristallo…(Douglas R. Hofstadter, Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, ADELPHI EDIZIONI, Milano, 1990, pag. 280).