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amareilmare

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi tag: cielo

La strada dorata

10 lunedì Gen 2022

Posted by paolina campo in tramonto

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Tag

cielo, donna, tramonto

E tu, chi sei

che ogni giorno dallo spazio lontano

scrivi storie

per inondarci

il cuore di sogni

per poi sparire la notte

lasciandoci soli e delusi?

Da un punto indefinito dello spazio avanzava una donna, piegata dai suoi anni. Lentamente attraversava il cielo con lo sguardo, seguendone un tratto così come si segue una melodia nostalgica, interrotta da silenzi e amore grande. Le note avanzavano e si lasciavano attraversare da quegli occhi incantati. Al sole piacque quel sogno musicale e dipinse d’oro i sentieri su cui la figura leggera si liberava man mano dai suoi pensieri, immaginando di cambiare i suoi abiti tristi, in vestiti di morbida organza. Una nuvola accorse e le donò un abito scintillante, dorato come la strada dipinta dal sole. Le note della melodia la presero per mano e la fecero danzare: un giro e poi un altro, una promenade e un inchino e poi ancora una giravolta fino alla piazza splendente di sole. Arrivò la notte e si spensero le luci dorate. La donna raccolse il suo corpo, diventato all’improvviso pesante, e si avviò verso casa. Trovò un uomo silenzioso e imbronciato, in attesa che lei svolgesse tutte le mansioni affinché la cena fosse finalmente servita. Si fece tardi, molto tardi e lei era tanto stanca. Sentì le spalle dolenti, il cuore lento, le gambe pesanti e gli occhi persi nel buio di quella stanza fredda. Durante la notte sentì uno strano ticchettio alla finestra che si accordava con il battito del suo cuore: prima piano e poi, man mano, più insistente fino a sentire quel muscolo in mezzo al petto bussare forte alle pareti della sua anima. Sgranò gli occhi, portò le mani al petto e ascoltò una voce che si faceva largo tra le tenebre e la chiamava. Si addormentò e in quel sonno si vide lasciare il suo corpo disteso sul letto mentre lei seguiva una scia luminosa per percorrere una via dorata dove danzare avvolta in un abito di seta leggera. L’uomo la sentì agitarsi nel sonno, le si avvicinò, la scosse, la chiamò. Lei non rispondeva. Continuò a chiamarla come mai avesse fatto prima, la baciò e la strinse a sé come da tempo non sapeva più fare. Le diede il suo respiro e lei tornò dal suo sonno. Gli raccontò della strada dorata e lui lesse in quegli occhi la solitudine. Dove era stato? Cosa aveva fatto? Si addormentò vicino a lei e insieme sognarono la strada dorata.

Resilienza

19 martedì Gen 2021

Posted by paolina campo in pensieri, poesia

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Tag

attesa, cielo, pazienza, silenzio

Immagino che il cielo conosca il silenzio.

Immagino che il silenzio viaggi

dentro nuvole cariche di gocce,

di parole trattenute una ad una.

Immagino che, nella sfera del cielo riservata ai sogni,

le nuvole cariche di parole

vengano spinte lontane

dal vento dell’anima,

nel tempo che non è presente,

che non è passato,

che non è futuro.

Lì, il silenzio non si sente

mentre paziente attende,

mentre paziente soffoca le sue attese.

La fata e le stelle

28 lunedì Ott 2019

Posted by paolina campo in luna

≈ 3 commenti

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cielo, fantasia, favola, mare, stelle

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-Dà, dà ama a vardari!- (Là, là dobbiamo guardare)

I pescatori sapevano che, nello spazio di mare che guardava in direzione del grande arco di una casa che profumava di mosto, era possibile pescare calamari di giorno e totani la notte. Con la luna calante.

C’erano sere e c’erano notti che nessuno andava in quel tratto di mare.

C’erano sere e c’erano notti che al grande arco guardava una fata, amica della luna che illuminava il mare quando sorgeva rossa del fuoco del sole, appena scomparso all’orizzonte.

C’erano sere e c’erano notti che dal grande arco si librava una scia di stelle che avvolgeva la fata, le illuminava i capelli e la sollevava leggera nel cielo.

-Vai!- le diceva la luna.

C’era un sogno da salvare, rimasto incastrato tra le pieghe oscure di una costellazione lontana. A bordo della scia di stelle, la fata attraversava il cielo. Salutava i falchetti che durante il giorno avevano giocato con le onde del mare; sorrideva alle caprette bianche come nuvole di primavera che vivevano su una roccia inaccessibile agli uomini, lì dove arbusti verdi e grotte sicure garantivano loro una vita tranquilla scandita dal rumore del mare che lassù arrivava come un monito divino, dal susseguirsi delle piogge e delle stagioni, dall’amore della loro madre, la luna.

La fata raggiunse il sogno che era volato troppo lontano. Era arrivato sino alla Costellazione del Cigno, attirato dalla bellezza che evocava quel nome. C’era lì un grosso buco nero che lo attirava con messaggi incantatori. Il sogno aveva cominciato a girare intorno all’orizzonte di quella massa enorme e presto capì che voleva inghiottirlo. La fata ordinò alle stelle che l’avevano portata nello spazio, di formare una lunga catena di luce più forte dell’energia della massa oscura, intimando loro di non avvicinarsi troppo all’orizzonte degli eventi ma di prendere il sogno e strapparlo al vortice malefico. Il Cigno osservava e mandò delle stelle-soldato a rinforzare la scia di luce. Il sogno passò una volta e poi ancora una seconda volta, girando vorticosamente intorno a quel buco. Una, due, tre e più volte tentò di aggrapparsi alle stelle. Finalmente si lanciò con forza e con tutte le stelle partì alla volta del mondo. Tutte insieme salutarono il Cigno e attraversarono leggeri la volta celeste. La fata accompagnò il sogno fino al grande arco della casa che profumava di mosto, perché gli uomini hanno bisogno dei sogni e di fate per guardare e viaggiare lontano e poi sempre tornare.

-Dà, dà ama a vardari!-

La grande biblioteca del mondo

18 mercoledì Apr 2018

Posted by paolina campo in pensieri

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bellezza, cielo, isole eolie, mare, parole, ricordi

Ombre fluttuano tra mare e cielo e questo spaccato di mondo mi investe e mi porta lontano nel tempo.

” Se vedessimo davvero l’universo, forse lo capiremmo”¹.

Forse riusciremmo a leggere, uno alla volta, i volumi nascosti nella grande biblioteca del mondo. Nel labirinto infinito del sempre, del mai, di oggi, di ieri, potremmo sentire il desiderio più vero: riuscire a provare ad immergersi nei colori di un mare puntellato dagli ultimi raggi del sole, mentre il vento dipinge, sulla volta celeste, nuvole bianche, come anime belle che leggere attraversano la grande biblioteca del mondo, lasciando scivolare emozioni e sentimenti che trovano dimora su pagine aperte e fogli di cielo, dove c’è spazio per ogni pensiero.

” Se vedessimo davvero l’universo…”², non avremmo bisogno di stupide guerre, di silenzi rabbiosi, di chiudere il cuore alla bellezza di tanto colore. Forse potremmo riempire di cielo un cesto di canne intrecciate e portarlo con noi per leggere le parole stampate sulle nuvole bianche e, quando finito, lasciarle volare via perché ogni cosa deve avere il suo posto, la sua casa, il suo odore. Perché… ogni cosa deve aprirsi alla gioia di dire e di dare, così tutti possiamo ascoltare e vedere il grande concerto di un universo che suona. Se solo riuscissimo ad ascoltare.

¹Jorge Luis Borges, Il libro di sabbia
²Ibid

Dimmi cielo

20 lunedì Nov 2017

Posted by paolina campo in mare, silenzio, Salina

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cielo, emozioni, mare, persona, poesia, sentimenti

Il gabbiano triste

12 martedì Lug 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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cielo, colori, mare, nuvole, pensiero

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Gli facevano compagnia il sole, il vento e la brezza del mare. Da quando quel giorno non volò più, pensò che voleva essere qualcos’altro. Voleva diventare un’onda. Aveva attraversato il cielo e incontrato le nuvole e dall’alto aveva osservato le onde del mare che alternavano movimenti e suoni mai uguali e sempre vivi ed intensi. Raccontavano, le onde, di sirene incantatrici, valorosi soldati; di intrepidi navigatori e terribili pirati; di uomini, donne, bambini in cerca di un posto sicuro.  Raccontavano la favola del mare che si allungava sulla riva per consegnare al mondo le sue storie e donare ogni volta un abbraccio, un pensiero. Come se il mare avesse in sé la magia di portare a riva un monito, una speranza e trascinare via le cose cattive del mondo. Il gabbiano aveva smesso di volare quel giorno e attendeva paziente e fiducioso di ascoltare l’anima del mare. Certo, non era più tanto giovane, ma la sua mente era ancora vivace e i suoi ricordi erano sempre lì a fargli compagnia. Ma cominciava a sentire una strana tristezza. Era come se si fosse allontanato, non da qualcosa o da qualcuno. No. Era come se si fosse allontanato da sé stesso  e non riusciva più a trovarsi.

-Ecco, forse sono quell’onda. Forse, come onda sarò più felice.-

Un’onda più grande delle altre gli si avvicinò e con voce leggera gli soffiò nella mente qualcosa. Se fosse diventato un’onda, non avrebbe più volato; se lui era un gabbiano, se aveva il manto bianco come quelle onde che tanto amava e gli occhi azzurri come il cielo ed il mare, era perché faceva parte di quell’abbraccio immenso che è la vita. Non era necessario diventare qualcos’altro per trovarsi, bastava porre attenzione al suo tempo, al suo essere un insieme di tante avventure.

-Ehi! Sai che la forma di quel masso dove poggi le zampine ricorda uno dei problemi classici dell’antichità che doveva servire a salvare gli ateniesi dalla peste¹?-

Il mare sapeva tante cose! Il gabbiano, incuriosito, si mise di nuovo alla ricerca, questa volta non di sé stesso, ma di qualcosa che lo avrebbe fatto sentire orgoglioso di quello che era.

¹Duplicazione del cubo o problema di Delo. Nel 429 a. C. la peste decimò la popolazione ateniese. Fu mandata allora una delegazione all’oracolo di Delo per interrogarlo su come potere scongiurare l’epidemia. L’oracolo rispose che era necessario raddoppiare l’altare cubico di Apollo.

Bellezza

26 martedì Apr 2016

Posted by paolina campo in pensieri, Salina

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Tag

bellezza, cielo, colori, mare, nuvole, Salina

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Azzurro, come il mare dove si vorrebbe annegare

per soddisfare quel pazzo desiderio d’immenso.

Bianco, come le onde che svelte corrono verso la riva

per rinnovare un amore che mai può finire.

Grigia la roccia che è  forte come una madre

che attende paziente il ritorno di un figlio.

Giallo, come il sole al tramonto

in una giornata ventosa che ha disperso nell’aria i suoi mille colori.

Celeste, come il cielo abitato da nuvole nomadi

che portano in seno antiche canzoni.

Bellezza.

 

Effemeridi

07 giovedì Apr 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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cielo, effemeridi, etimologia delle parole, Eudosso di Cnido, Ferdinando Malvica, movimento retrogrado dei pianeti

foto (52)

Un passo avanti e poi ancora un altro. Poi una piroetta e andate un poco indietro. Girate ancora e…avanti, avanti veloci ma non troppo! Girate e volteggiate entro il cerchio a voi assegnato. Avanti pianetini, non fermatevi! Danzate!

Con lo sguardo rivolto al cielo, gli antichi astronomi avevano studiato la danza dei pianeti, osservandone i cambiamenti di velocità e luminosità nel cielo e, in particolare, avevano notato uno strano fenomeno conosciuto come il movimento retrogrado dei pianeti. Tra gli antichi studiosi del cielo, Eudosso di Cnido, vissuto probabilmente tra il 408 e il 355 a.C., discepolo di Platone e grande matematico oltre che astronomo, studiò a fondo il fenomeno del cambiamento di rotta dei pianeti. Succedeva, infatti, che, osservato dalla Terra, qualche pianeta si vedeva avanzare verso est e poi sembrava tornare indietro, verso ovest, per riprendere a percorrere di nuovo la sua traiettoria. Eudosso immaginò che ognuno dei cinque pianeti allora conosciuti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), avesse un movimento regolato da quattro sfere concentriche, aventi tutti lo stesso centro, la Terra, e che il movimento che tanto stupiva gli astronomi greci, era dovuto alla combinazione dei movimenti della terza  e della quarta sfera. Tali movimenti formavano una curva a forma di otto, che chiamò ippopeda ( duemila anni più tardi, il  matematico svizzero Jakob Bernoulli l’avrebbe nominata lemniscata, ma questa è un’altra storia).

          Lemniscata1

Simbolo che in matematica indica infinito.

Eudosso viaggiò in Sicilia e in Asia, osservando il cielo, studiando i movimenti dei pianeti e delle stelle, componendo numerose effemeridi, tabelle dove, giornalmente, segnava valori e spostamenti.

Effemeridi, dal greco εΦημερις, giornaliero. 

Anticamente, per effemeridi, si indicavano anche quei libri dove, giorno dopo giorno, venivano riportati gli atti dei re. Esemplari sono quelle dedicate alle gesta di Alessandro Magno.

Ecco il mio movimento retrogrado e come un pianetino danzante, torno indietro e scopro che non era proprio dall’astronomia che avevo coltivato la curiosità per una parola che non conoscevo, ma da una vecchia rivista siciliana: Effemeridi Scientifiche-Letterarie per la Sicilia di Ferdinando Malvica che fonda il periodico a Palermo nel 1832 e fino al 1840 le Effemeridi raccolgono contributi di un’area abbastanza ampia di intellettuali.¹ Carbonaro pentito, tornerà alla sua terra dopo nove anni di esilio per essersi iscritto alla carboneria, appunto, durante la rivoluzione del 1820. Fonda il periodico con la ferma convinzione del primato della Sicilia di aver dato origine, oltre che alla lingua italiana, alla moderna epigrafia.² Trovandosi spesso in una situazione di cambiamento di rotta, per cui da sostenitore dell’indipendenza economica della Sicilia da Napoli, sosterrà poi il governo borbonico per auspicarne in seguito il rovesciamento, subirà il linciaggio morale e l’abbandono di parte degli amici. E tutto in nome di quella moderazione, poiché la sua propensione di uomo di principi e non d’azione è sempre stata rivolta più a costruire che a distruggere³. Ma il suo atteggiamento moderato  viene visto come ambiguo e, già dal 1839, Malvica si troverà a sostenere da solo l’iniziativa delle Effemeridi.

Effemeridi: una parola, una fonte a cui attingere per pensare, conoscere, studiare, riflettere. Chissà, forse tornare a impegnarci sul significato delle parole potrebbe aiutarci a tornare a danzare, e stupirci e amare di più quello che ci circonda.

¹Giovanna Fiume, La crisi sociale del 1848 in Sicilia, E.D.A.S., Messina, 1982, pag.19

²Ibid., pag.18

³Ibid., pag.28

Perle di luce

24 mercoledì Feb 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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cielo, dialogo, mare, stelle

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Dimmi cielo d’estate,

dove hai raccolto tutte le stelle?

-Me le ha prestate il mare

che brilla alla luce del sole,

e quando la sera si stende perché tutto si plachi,

il mare raccoglie le perle di luce

e le lancia alla volta celeste

regalando quel manto di stelle

che splendenti sorridono al mondo che dorme.

foto (32)

-Dimmi cielo d’inverno,

dove sono le piccole stelle?

Forse il mare ha voluto tenere per sé quelle perle di luce?

-Anche il mare ha cambiato colore,

il grigio ci ammanta con una coltre pesante.

Il vento ha rapito le perle di luce

ed insistente le tiene nascoste

finché un’onda del mare le trova

e così tornano a splendere ancora.

foto (33)

-Dimmi ancora,

perché il mio cuore tentenna,

perché brilla e poi d’improvviso si spegne

per illuminarsi di nuovo e poi ancora oscurarsi?

Cos’è questo vento che turba

il mio animo sempre in tempesta?

–Persona si chiama chi sente,

chi avverte un cuore che vive

e di mille emozioni si strugge!

 

L’uomo di scalo Galera

24 mercoledì Feb 2016

Posted by paolina campo in mare, silenzio, Salina

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Tag

cielo, mare, orizzonte, Salina, scalo Galera, storie

foto (37)

In un angolo di mondo dove il cielo ed il mare si tenevano per mano, ogni cosa, ogni ricordo sembrava incastonato in un azzurro dalle mille sfumature.

Ogni cosa, ogni ricordo si vestiva di grandi emozioni, fluttuanti tra le onde di un mare che sembrava trattenuto dall’orizzonte.

Il cielo apriva il libro della vita di un’isola dove storie di contadini si intrecciavano a storie di sacerdoti dal cuore umile. Vicende di navigatori temerari sfociavano in opere che coinvolgevano le comunità paesane.

Storie di uomini che avevano amato quel cielo, quel mare. Storie di gente che aveva provato il dolore di un destino che li aveva portati via da quell’aria che profumava di verde e di azzurro.

C’era spesso una nuvola sull’isola di Salina: sembrava la dimora di un angelo che conosceva profondamente l’anima dell’isola.

E quando veniva la sera, qualcuno si attardava sul molo.

Un uomo immobile contemplava dal porto quel mare, su cui lentamente si spegnevano le luci raggianti del cielo.

Con una mano sorreggeva il suo viso segnato da rughe profonde.

Che pensava? Che diceva in silenzio?

Aspettava che arrivasse la sera che lenta si stendeva come un velo leggero sull’anima forte del mare. Il suo sguardo si perdeva lontano negli abissi più profondi. In silenzio discuteva col mondo. Immaginava che dietro quell’orizzonte, insieme al sole, fossero scivolate le storie perdute nel silenzio di un tempo che solo il ricordo poteva far sorgere ancora.

Improvvisamente, figure leggere si muovevano lente al confine tra il cielo ed il mare: raccontavano tutta una vita, scritta lungo quel filo sottile dove il sole voleva sparire.

In religioso silenzio quell’uomo, dal molo, continuava a dialogare col mondo.

– Cos’è questo vento che turba il mio animo sempre in tempesta?             

 -E’ la storia dell’uomo che sente, che avverte un cuore che vive

 e di mille emozioni si strugge.-

-Dimmi, allora, cosa puoi raccontare a noi piccoli uomini che aspiriamo ad un tempo infinito?-     

-Ascolta. In silenzio.

Quest’isola incanta e tante sono le storie, i fili dorati che insieme s’intrecciano, si sciolgono per poi ritrovarsi di nuovo.- (Paolina Campo, L’uomo di scalo Galera, A&B, Acireale, 2012, pag.5)

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