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~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi tag: Castelbuono

Un uomo

09 venerdì Apr 2021

Posted by paolina campo in ricordi

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Castelbuono, centrale elettrica, Madonie, mio padre, Salina

Papà ed io a Salina

Oggi mio padre avrebbe compiuto 90 anni e ne sarebbe stato orgoglioso: la vita per lui era una bellissima avventura, tutta da sperimentare, giorno dopo giorno, momento per momento, nonostante le difficoltà, gli acciacchi dell’età, le amarezze e le delusioni. Era sempre lì, pronto a combattere per guardare sempre al futuro, per progettare una vita che duri per sempre. Per realizzare questo progetto raccontava storie perché nulla mai fosse dimenticato. Sapeva che la memoria era il porto a cui approdare per poter vivere a lungo. Ripropongo oggi uno dei racconti che scrissi poco dopo la sua scomparsa: c’era un progetto nel suo paese natale, quello di ricordare le persone che si erano distinti per intelligenza e tenacia. Mi consegnò tante foto e ricordi, ma non fece in tempo a leggere quello che avevo scritto per lui.

ARRIVO’ A LUCI!

In Sicilia, nei pressi della rotabile da cui si dividono le strade per Geraci, Isnello e Castelbuono, vicino il santuario di San Guglielmo, operava una vetreria di proprietà dei Ventimiglia che, nel ‘300, erano principi  di un vasto territorio che dalle montagne delle Madonie si estendeva fino alle verdi valli che si affacciavano al mare di Cefalù. Qui, alberi di frassini, corteggiati dal vento e, secondo una leggenda contadina, amanti della musica, offrivano cannoli di manna, linfa dolce, bianca e consistente come stalattite di ghiaccio. Dell’antica vitrera, rimane ben poco: una ciminiera e parte dei muri perimetrali, quanto basta per indicare come quartiere vitrera o largo vitrera la zona dove i resti dell’ antica fabbrica raccontano ancora la loro storia.

Prima della seconda guerra mondiale, nel quartiere Vitrera il Comune di Castelbuono fece costruire una centrale elettrica. In paese arrivò quindi un grosso motore Graz[1] a tre cilindri con un volano enorme, tanto grande che fu necessario scavare il pavimento dell’edificio che avrebbe ospitato la nuova centrale elettrica. Dentro la buca fu inserito il volano[2], fornito di grosse cinghie. Il motore, dotato di altrettanti grossi pistoni e bielle, veniva azionato facendo girare le cinghie a mano mentre delle bombole caricate di aria da un compressore, soffiavano forte per avviarlo. Per sollevare i pistoni e le bielle era necessario un parangolo a catena e bisognava lubrificare spesso le cinghie per rendere più agevole l’avviamento del motore che, a quel tempo, serviva a illuminare le case solo dopo il tramonto e per poche ore. A vicinedda di mastru Iachinu u scarparu, lavorava presso un piccolo ufficio postale dove i paesani pagavano il servizio elettrico, vero miracolo per la gente che poteva usufruire ancora di un po’ di luce, artificiale, per completare le loro faccende domestiche.

Arrivò la guerra e fu vietato accendere le luci la sera, anzi bisognava barricarsi dentro le case al buio perché il paese non venisse intercettato dai ricognitori nemici. Castelbuono venne presto occupato dai tedeschi e quando, nell’estate del 1943, gli americani sbarcarono in Sicilia, i soldati germanici costrinsero quelli italiani a scavare trincee e montare mitragliatrici alle finestre e sul tetto del castello del paese madonita. Il 22 luglio di quell’anno si diffuse la notizia che un aereo tedesco era caduto nelle campagne e che da Isnello si avvicinava una colonna americana di carrarmati, percorrendo la stradale di ponente. I tedeschi fecero saltare allora dei ponti tra cui quello della Nucidda e quello della Fiumara. Proprio qui, all’indomani della fine della guerra, il signor Giovanni Mancuso, responsabile della centrale elettrica del paese, decise di recuperare un carrarmato abbandonato sotto quel ponte. La guerra aveva impoverito le casse comunali e non si potevano chiedere soldi per potenziare il motore della centrale con la costruzione di nuovi gruppi elettrici. Il motore di quel carrarmato poteva essere la soluzione alla necessità di rafforzare il motore già esistente. Un mezzo funesto, che aveva suscitato timore tra la gente, diventava la soluzione per creare un vantaggio grazie alla genialità di un uomo. Un po’ come Perseo che uccide la Medusa, mostro terribile, e porta con sé la testa che produrrà bellezza. 

Trasportato a Vitrera, venne costruito un casotto, un alloggio per ospitare il mezzo armato che non aveva motore di avviamento. Si decise di collegare un alternatore al motore del carrarmato in parallelo con il motore Graz, già esistente. L’alternatore girava, avviava i motori e, quando si arrivava alla tensione elettrica giusta, arrivava la luce in paese!

-Vinni a luci! C’è a luci!-

Gli operai facevano turni giorno e notte, a due a due, e altri si mantenevano in stato di reperibilità nel caso ci fossero stati dei problemi. La luce doveva arrivare e i paesani l’aspettavano come un vicineddu che dalla campagna bussava alla porta la sera.

Il paese poté godere quindi della luce e si poterono intensificare le luminarie durante i festeggiamenti dedicati alla madre Sant’Anna.

-Ma dove sono Natalino e gli altri? Era il loro turno in centrale oggi?-

In occasione della festa in onore della patrona, culminante nei giorni 25-26-27 luglio, i turni in centrale si intensificavano: le luminarie, le chiese avevano bisogno di tanta luce e per più tempo. Il sindaco, allora, non vedendo gli operai tra la folla, faceva preparare un fagotto con biscotti e bibite per i ragazzi della centrale elettrica di Castelbuono.

-E’ festa anche per noi che siamo qua!- e i motori continuavano a girare più forte per Madre Sant’Anna.

C’era un altro appuntamento importante che il capocentrale e i suoi operai volevano seguire, nonostante i turni di lavoro.

-Natalino, vai a Palermo. Servono dei pezzi per completare le radioline a transistor. Altrimenti come facciamo a sapere cosa succede alla Targa Florio?-

Il signor Mancuso era un appassionato della corsa automobilistica che percorreva le strade strette e tortuose delle Madonie, attraversando i  comuni di Cerda, Caltavuturo, Petralia, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano, Campofelice in un circuito che vedeva frecciare le migliori auto da corsa dell’epoca. Decise quindi di montare delle radioline a transistor, lì in centrale, insieme ai suoi operai, durante le pause lavorative, per ascoltare tutti insieme i momenti più emozionanti di quella gara automobilistica che infiammava i cuori e che solo la guerra aveva fermato.

Intanto, il Comune di Castelbuono, provato dalla guerra, ebbe difficoltà a sostenere le spese per l’erogazione della luce elettrica. L’incarico della gestione della centrale fu affidato ad un ingegnere, coadiuvato da Mastru Ciccio Gliommaro e i suoi operai, tra cui il giovane Natalino, Campo Natale, mio padre. La centrale passò quindi alla SIMA, Società Idroelettrica delle Madonie, nome, come mi diceva papà, sbagliato perché la centrale di Castelbuono non era una centrale idroelettrica, ma, probabilmente, la società abbracciava un progetto di una centrale idroelettrica a Petralia Sottana. L’ingegnere lasciò presto la gestione della centrale e, verso la metà degli anni ’50, a bordo di una FIAT 1100 ESCORT, arrivava a Castelbuono un omone: alto, fiero e deciso, uno di quelli che sapeva il fatto suo. Era l’ingegnere Campagna, della Società Elettrica della Sicilia o Ente Siciliano di Elettricità, che impiantò in centrale un motore FIAT 4 cilindri con un grosso alternatore Bivona. Il nuovo motore dava tanti problemi, non riusciva a coprire le esigenze del paese e quando c’era un sovraccarico di tensione, le marmitte e il tubo di scarico si surriscaldavano a tal punto che prendevano a fuoco. Il capotecnico, pensando che questo problema poteva essere risolto con un uso ridotto della corrente elettrica, andava casa per casa a controllarne il consumo domestico. Apriti cielo! La zia Rosa, come anche altri, si infastidirono parecchio di questa nuova invasione.

-A casa mia! Mi dici quantu luci a’ cunsumari!-

(-A casa mia! Mi dice quanta luce devo consumare!-)

Fatto sta che, tra lo scontento della gente e il cattivo funzionamento del nuovo motore, l’ingegnere Campagna fece arrivare un nuovo motore più potente, un Ansaldo a 7 cilindri, della sezione Grandi Motori FIAT, e due gruppi elettrici posti fuori dall’edificio della centrale che facevano un gran rumore e scaricavano fumi fastidiosi e maleodoranti. Neanche questa sembrava la soluzione giusta.

-Pari ca c’è a guerra a centrali!-

(-Sembra che c’è la guerra in centrale-)

La gente si lamentava tanto. Si pensò quindi all’alta tensione con un trasformatore collegato a barre di rame. I motori furono spenti e quando era necessario incrementare la distribuzione di energia elettrica, si azionava un motore a gas con alternatore che si trovava presso la fabbrica della mannite[3] in via Geraci. Questa soluzione alla distribuzione della luce elettrica a Castelbuono non dovette soddisfare né la gente, né gli ingegneri impegnati nell’installazione di motori, gruppi elettrici e cavi.

Nel 1959 la centrale elettrica del quartiere Vitrera, fu chiusa e divenne cabina elettrica con trasformatore a corrente alternata.

Fu in quell’anno che l’operaio specializzato Natalino  Campo accettò di imbarcarsi per un’altra avventura: l’ingegnere Campagna gli propose l’installazione di una centrale elettrica a Salina, nelle isole Eolie, dove il suo estro, la sua passione per la “luce”  continuò a distinguersi.[4]


[1] Motore Graz- motore austriaco. Il Politecnico di Graz, accademia specializzata nel settore tecnologico-scientifico e fondata nel 1811 dall’arciduca Giovanni d’Austria, dal 1879 al 1880 ebbe come suo studente Nikola Tesla, inventore del motore a corrente alternata.

[2] Volano- organo meccanico che serve a regolare il moto rotatorio dell’albero motore.

[3] Mannite- zucchero, monosaccaride derivato dalla lavorazione della manna.

[4] Per saperne di più:

www.castelbuonolive.com

www.salvarepalermo.it/per/archivio/per-n-33/…/323-lanticavetreria-di-castelbuono

www.scuderiatargaflorio.it/stotia-targa-florio.php

Salvatore Farinella, I VANTIMIGLIA-Castelli e dimore di Sicilia, fotografie di Gaetano Gambino, Editori del Sole, 2007.

Fammi strada-Una piccola goccia (12)

24 mercoledì Giu 2020

Posted by paolina campo in libri

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Castelbuono, dodicesimo capitolo, frassini, manna, movimento dei contadini, Sicilia

“Producendo innanzitutto le erbe di ogni genere, e la verzura splendente, la terra ne ricoprì dovunque le colline e le pianure; i prati fioriti brillarono d’un colore verdeggiante; poi i diversi tipi di alberi poterono slanciarsi a piacimento nell’aria, senza né freno né redini per imbrigliarne la crescita.” Lucrezio, DE RERUM NATURA, Garzanti editore, 1975, libro V, vv. 783-787

UNA PICCOLA GOCCIA

-Sono stato a Catania. Sono passato da Cibali, ho rivisto mio padre. E’ sempre lì ad aggiustare biciclette.-

-Sei passato da Ognina? Hai visto mia madre? Hai incontrato mio padre? Hai parlato con Rosetta?-

-Siediti. Sono passato da casa tua. Le porte, le finestre erano tutte chiuse. Ho chiesto ai vicini e mi hanno detto che i tuoi genitori non ci sono più.-

-Non ci sono più? E dove sono andati?-

-Sono morti, Giovanni.-

-Ma che dici?-

-Rosetta, una mattina, all’alba, ha preso un gozzo ed è andata via. Nessuno l’ha più rivista al porticciolo.-

Giuseppe non aveva mai amato la pesca e non aveva mai voluto imparare a nuotare. Quella che si faceva strada nella sua mente era l’idea di tornare ai campi, gli stessi che il padre aveva lasciato quando, prima della guerra, era arrivato a Catania per portare un carico di mannite ad un farmacista.

-Cos’è la mannite, papà?-

– E’ il risultato dell’amore per la propria terra.-

-In che senso?-

-Attorno al mio paese si distendono vallate dove crescono alberi di frassino. Hanno un tronco sottile e rami che danzano al primo soffio di vento. Dai tronchi sgorga la manna. Ti racconto come si fa.-

Giusepe, allora, si sedeva vicino vicino, quasi abbracciato al padre e ascoltava quell’uomo che negli occhi aveva dipinte le montagne delle Madonie, le verdi vallate e le antiche strade attraversate dall’odore del pane fatto in casa.

-Gli attrezzi principali sono il mannaruolu, una sorta di coltello a forma di falce; la rasula, dalla forma di una fionda di legno alla cui estremità è teso un filo metallico; una grande foglia di ficodindia.-

-Una foglia di ficodindia?-

Incredulo il bambino guardava il padre che rise e continuò a raccontare.

-Allora, andiamo per ordine. Con il mannaruolu il contadino incide il tronco, gli fa una ‘nzinga. Questa parola dalle nostre parti indica l’anello di fidanzamento, quindi il contadino si fa zitu ca pianta, si fidanza con la pianta. Si innamorano. Da quell’incisione sgorgano cannoli di manna, una linfa bianca come la cera e dolce più dello zucchero. Secondo un’ antica leggenda contadina, le piante del frassino amano la musica e per questo producono solo quando cantano le cicale. Un fidanzato innamorato è attento alle esigenze del cuore della sua amata e il contadino, per raschiare la manna dal fusto, usa una rasula dove il filo metallico è una corda di chitarra.-

-E la foglia di ficodindia?-

-Quella si mette ai piedi del fusto, proprio sotto la ‘nzinga, per raccogliere la parte di manna che cade durante la colatura. Quando la linfa comincia a sgorgare dalla pianta, scende lungo il fusto e man mano si solidifica. Se il fusto è storto, si formano dei cornetti, come delle stalattiti di ghiaccio, sai come quelli che abbiamo visto una volta sull’Etna. Sono i cannoli di manna. Nel mio paese, a Castelbuono, la mia vecchia Ypsigro, esiste una fabbrica dove lavorano la manna. Io lavoravo lì prima della guerra. Poi ho conosciuto una bella catanese e sono rimasto qui.-

I racconti di suo padre si intrecciavano con i pensieri di un ragazzino che immaginava estesi campi, aria fresca, e verdi vallate come l’unico luogo dove avrebbe voluto vivere.

Era andato via dalla casa dei suoi genitori senza dire nulla, certo di tornare quando avrebbe potuto raccontare loro della sua gioia di essere riuscito a lavorare in quei campi dove gli alberi amano la musica. Avrebbe portato loro cubetti di mannite, per curare i loro disturbi di stomaco o per fare un ottimo sciroppo per la tosse.

-E’ andata così, Giuseppe. Nessuno ha colpa. Tu hai seguito la tua strada che poi era quella segnata dall’amore per i tuoi genitori. Continua, lotta. Lottiamo insieme.-

Aveva raccontato a suo padre della sua ambizione, di quell’idea che si faceva sempre più insistente di lavorare per dare ragione della bellezza della sua terra.

-Sei una piccola goccia in mezzo a un mare in tempesta. Ti costringeranno ad abbandonare il tuo sogno e affogherai nella tua delusione.-

– Papà, ricordi quando mi raccontavi la favola del colibrì? Chi te lo fa fare, gli chiedevano gli animali più grossi di lui che scappavano davanti al fuoco che stava distruggendo la foresta. Lui, piccolino, continuò a trasportare gocce d’acqua per spegnere il fuoco. Fece la sua parte, non si arrese e altri piccoli animali lo seguirono, non scapparono e la foresta si salvò. Io voglio fare la mia parte, papà.-

Erano gli anni in cui si formavano sindacati, come l’Alleanza dei coltivatori e l’Unione siciliana delle cooperative agricole, attenti alle esigenze delle organizzazioni di massa del movimento dei contadini. Forte dell’adesione ai sindacati, Giuseppe, insieme ad altri giovani decisi ad essere piccole gocce capaci di migliorare le sorti della Sicilia, incontrò agricoltori, sindacalisti e viaggiò per tenere alto l’interesse su una terra martoriata, non solo dalla recente guerra, ma anche e soprattutto dai soprusi mafiosi radicati e alimentati da chi di quella terra ne voleva fare una schiava.

-Ho parlato oggi con il dottore Ovazza.-

-Chi è? Non lo conosco.-

-Dai, il comunista ebreo innamorato della nostra isola.-

Il comunista ebreo innamorato della Sicilia era Mario Ovazza che nel 1938 era stato cancellato dall’albo professionale degli ingegneri perché ebreo.

– Mio padre conobbe un matematico all’Università di Catania che poi, come astronomo, divenne direttore dell’Osservatorio che c’era all’interno del Monastero dei Benedettini e aveva iniziato la compilazione di un’ imponente Catalogo Astrografico. Anche lui, come era previsto dalle leggi razziali, venne esonerato perché ebreo e la sua vita, la sua carriera furono completamente distrutte.-

Giuseppe aveva lasciato la sua casa convinto di essere una goccia capace di poter fare qualcosa, convinto che la storia poteva essere l ‘amica migliore per imparare a essere liberi di costruire, difendere, tutelare ciò che ci appartiene ed esserne orgogliosi. Aveva seguito dei giovani studenti, si era iscritto all’università di agraria a Palermo e presto lavorò come pubblicista per il giornale L’ ORA.

-Forse siamo solo dei giovani visionari. Ma ci dobbiamo provare.-

Azeglio Bemporad, Direttore del Regio Osservatorio di Catania già prima della Seconda Guerra Mondiale, autore della compilazione di un importante Catalogo Astrografico. (Officine Culturali, Catania)

E’ arrivata la luce!

08 mercoledì Mag 2019

Posted by paolina campo in Sicilia, storia

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carrarmato, Castelbuono, centrale elettrica, Madonie, seconda guerra mondiale

 

castelbuono
FB_IMG_1550867822478.jpg
chiesa

 

In Sicilia, nei pressi della rotabile da cui si dividono le strade per Geraci, Isnello e Castelbuono, vicino il santuario di San Guglielmo, operava una vetreria di proprietà dei Ventimiglia che, nel ‘300, erano principi  di un vasto territorio che dalle montagne delle Madonie si estendeva fino alle verdi valli che si affacciavano al mare di Cefalù, dove alberi di frassini, corteggiati dal vento e, secondo una leggenda contadina, amanti della musica, offrivano cannoli di manna, linfa dolce, bianca e consistente come stalattite di ghiaccio. Dell’antica vitrera, rimane ben poco: una ciminiera e parte dei muri perimetrali, quanto basta per indicare come quartiere vitrera o largo vitrera la zona dove i resti dell’ antica fabbrica raccontano ancora la loro storia.

Prima della seconda guerra mondiale, nel quartiere vitrera il Comune di Castelbuono fece costruire una centrale elettrica. In paese arrivò quindi un grosso motore Graz[1] a tre cilindri con un volano enorme, tanto grande che fu necessario scavare il pavimento dell’edificio che avrebbe ospitato la nuova centrale elettrica. Dentro la buca fu inserito il volano[2], fornito di grosse cinghie. Il motore, dotato di altrettanti grossi pistoni e bielle, veniva azionato facendo girare le cinghie a mano mentre delle bombole, caricate di aria da un compressore, soffiavano forte per avviarlo. Per sollevare i pistoni e le bielle era necessario un parangolo a catena e bisognava lubrificare spesso le cinghie per rendere più agevole l’avviamento del motore che, a quel tempo, serviva a illuminare le case solo dopo il tramonto e per poche ore. A vicinedda di mastru Iachinu u scarparu, la vicina di casa di mastro Gioacchino il calzolaio, lavorava presso un piccolo ufficio postale dove i paesani pagavano il servizio elettrico, vero miracolo per la gente che poteva usufruire ancora di un po’ di luce, artificiale, per completare le loro faccende domestiche.

Arrivò la guerra e fu vietato accendere le luci la sera, anzi bisognava barricarsi dentro le case al buio perché il paese non venisse intercettato dai ricognitori nemici. Castelbuono venne presto occupato dai tedeschi e quando, nell’estate del 1943, gli americani sbarcarono in Sicilia, i soldati germanici costrinsero quelli italiani a scavare trincee e montare mitragliatrici alle finestre e sul tetto del castello del paese madonita. Il 22 luglio di quell’anno si diffuse la notizia che un aereo tedesco era caduto nelle campagne e che da Isnello si avvicinava una colonna americana di carrarmati, percorrendo la stradale di ponente. I tedeschi fecero saltare allora dei ponti tra cui quello della Nucidda e quello della Fiumara. Proprio qui, all’ indomani della fine della guerra, il signor Giovanni Mancuso, responsabile della centrale elettrica del paese, decise di recuperare un carrarmato abbandonato sotto quel ponte. La guerra aveva impoverito le casse comunali e non si potevano chiedere soldi per potenziare il motore della centrale con la costruzione di nuovi gruppi elettrici. Il motore del carrarmato poteva essere la soluzione alla necessità di rafforzare quello già esistente. Un mezzo funesto, che aveva suscitato timore tra la gente, diventava la soluzione per creare un vantaggio grazie alla genialità di un uomo. Un po’ come Perseo che uccide la Medusa, mostro terribile, e porta con sé la testa che produrrà bellezza.

Trasportato a Vitrera, venne costruito un casotto, un alloggio per ospitare il mezzo armato che non aveva motore di avviamento. Si decise di collegare un alternatore al motore del carrarmato in parallelo con il Graz, già esistente. L’alternatore girava, avviava i motori e, quando si arrivava alla tensione elettrica giusta, arrivava la luce in paese!

-Vinni a luci! C’è a luci!-

Gli operai facevano turni giorno e notte, a due a due, e altri si mantenevano in stato di reperibilità nel caso ci fossero stati dei problemi. La luce doveva arrivare e i paesani l’aspettavano come un vicineddu che dalla campagna bussava alla porta la sera.

Il paese poté godere quindi della luce e si poterono intensificare le luminarie durante i festeggiamenti dedicati alla madre Sant’Anna.

-Ma dove sono Natalino e gli altri? Era il loro turno in centrale oggi?-

In occasione della festa in onore della patrona, culminante nei giorni 25-26-27 luglio, i turni in centrale si intensificavano: le luminarie, le chiese avevano bisogno di tanta luce e per più tempo. Il sindaco, allora, non vedendo gli operai tra la folla, faceva preparare un fagotto con biscotti e bibite per i ragazzi della centrale elettrica di Castelbuono.

-E’ festa anche per noi che siamo qua!- e i motori continuavano a girare più forte per Madre Sant’Anna.

C’era un altro appuntamento importante che il capocentrale e i suoi operai volevano seguire, nonostante i turni di lavoro.

-Natalino, vai a Palermo. Servono dei pezzi per completare le radioline a transistor. Altrimenti come facciamo a sapere cosa succede alla Targa Florio?-

Il signor Mancuso era un appassionato della corsa automobilistica che percorreva le strade strette e tortuose delle Madonie, attraversando i  comuni di Cerda, Caltavuturo, Petralia, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano, Campofelice in un circuito che vedeva frecciare le migliori auto da corsa dell’epoca. Decise quindi di montare delle radioline a transistor, lì in centrale, insieme ai suoi operai, durante le pause lavorative, per ascoltare tutti insieme i momenti più emozionanti di quella gara automobilistica che infiammava i cuori e che solo la guerra aveva fermato.

Intanto, il Comune di Castelbuono, provato dalla guerra, ebbe difficoltà a sostenere le spese per l’erogazione della luce elettrica. L’incarico della gestione della centrale fu affidato ad un ingegnere, coadiuvato da Mastru Ciccio Gliommaro e i suoi operai, tra cui il giovane Natalino, Campo Natale, mio padre. La centrale passò quindi alla SIMA, Società Idroelettrica delle Madonie, nome, come mi diceva papà, sbagliato perché la centrale di Castelbuono non era una centrale idroelettrica, ma, probabilmente, la società abbracciava un progetto nato a Petralia Sottana. L’ingegnere lasciò presto la gestione della centrale e, verso la metà degli anni ’50, a bordo di una FIAT 1100 ESCORT, arrivava a Castelbuono un omone: alto, fiero e deciso, uno di quelli che sapeva il fatto suo. Era l’ingegnere Campagna, della Società Elettrica della Sicilia o Ente Siciliano di Elettricità, che impiantò in centrale un motore FIAT 4 cilindri con un grosso alternatore Bivona. Il nuovo motore dava tanti problemi, non riusciva a coprire le esigenze del paese e quando c’era un sovraccarico di tensione, le marmitte e il tubo di scarico si surriscaldavano a tal punto che prendevano a fuoco. Il capotecnico, pensando che questo problema poteva essere risolto con un uso ridotto della corrente elettrica, andava casa per casa a controllarne il consumo domestico. Apriti cielo! La zia Rosa, come anche altri, si infastidirono parecchio di questa nuova invasione.

-A casa mia! Mi dici quantu luci a’ cunsumari!-

(-A casa mia! Mi dice quanta luce devo consumare!-)

Fatto sta che, tra lo scontento della gente e il cattivo funzionamento del nuovo motore, l’ingegnere Campagna fece arrivare un nuovo motore più potente, un Ansaldo a 7 cilindri, della sezione Grandi Motori FIAT, e due gruppi elettrici posti fuori dall’edificio della centrale che facevano un gran rumore e scaricavano fumi fastidiosi e maleodoranti. Neanche questa sembrava la soluzione giusta.

-Pari ca c’è a guerra a centrali!-

(-Sembra che c’è la guerra in centrale-)

La gente si lamentava tanto. Si pensò quindi all’alta tensione con un trasformatore collegato a barre di rame. I motori furono spenti e quando era necessario incrementare la distribuzione di energia elettrica, si azionava un motore a gas con alternatore che si trovava presso la fabbrica della mannite[3] in via Geraci. Questa soluzione alla distribuzione della luce elettrica a Castelbuono non dovette soddisfare né la gente, né gli ingegneri impegnati nell’ installazione di motori, gruppi elettrici e cavi.

Nel 1959 la centrale elettrica del quartiere vitrera, fu chiusa e divenne cabina elettrica con trasformatore a corrente alternata.

Fu in quell’anno che l’operaio specializzato Natalino  Campo accettò di imbarcarsi per un’altra avventura: l’ingegnere Campagna gli propose l’installazione di una centrale elettrica a Salina, nelle isole Eolie, dove il suo estro, la sua passione per la “luce”  continuò a distinguersi.[4]

[1] Motore Graz- motore austriaco. Il Politecnico di Graz, accademia specializzata nel settore tecnologico-scientifico e fondata nel 1811 dall’arciduca Giovanni d’Austria, dal 1879 al 1880 ebbe come suo studente Nikola Tesla, inventore del motore a corrente alternata.
[2] Volano- organo meccanico che serve a regolare il moto rotatorio dell’albero motore.
[3] Mannite- zucchero, monosaccaride derivato dalla lavorazione della manna.
[4] Per saperne di più:
www.castelbuonolive.com
www.salvarepalermo.it/per/archivio/per-n-33/…/323-lanticavetreria-di-castelbuono
www.scuderiatargaflorio.it/stotia-targa-florio.php
Salvatore Farinella, I VANTIMIGLIA-Castelli e dimore di Sicilia, fotografie di Gaetano Gambino, Editori del Sole, 2007.

Nel quartiere Vitrera

15 lunedì Apr 2019

Posted by paolina campo in ricordi, Sicilia

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carrarmato, Castelbuono, centrale elettrica, guerra

In Sicilia, nei pressi della rotabile da cui si dividono le strade per Geraci, Isnello e Castelbuono, operava una vetreria di proprietà dei Ventimiglia che, nel ‘300, erano principi di un vasto territorio sulle montagne delle Madonie.

Moffolette e Totò

31 lunedì Ott 2016

Posted by paolina campo in ricordi

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bambini, Castelbuono, il giorno dei morti, Palermo, Salina

amareilmare

pupaccena

Arrivava il giorno dei morti. Anzi, prima ancora, arrivava l’attesa per il giorno dei morti vestita dei racconti dei nostri genitori su fatti e persone che avevano accompagnato la loro vita e non c’erano più. La curiosità si accendeva e le distanze spaziali e temporali si accorciavano: eravamo tutti lì, noi e i nostri morti, in quell’angolo di casa a condividere un momento di profonda tenerezza.

“Sapete, durante la guerra, la nonna, buon’anima, andava a prendere il pane con la tessera e lo divideva a noi che eravamo piccoli e dovevamo crescere. Lei diceva di non avere fame e intanto, poverina, diventava sempre più secca. Però rideva e cantava sempre!”

La nonna, la madre di mia madre, “secca” lo sarebbe rimasta per sempre, anche dopo la guerra, anche quando il giorno dei morti, di buon mattino, andava dal fornaio a prendere le moffolette, panini schiacciati ricoperti da tanto sesamo, “

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I miei libri

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l'uomo di
A fine giornata
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