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~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi tag: bambini

Otto e il principe Orgoglio

22 martedì Nov 2016

Posted by paolina campo in pensieri, Sicilia

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Tag

affetto, bambini, lavoro, orgoglio, sogno

BOSCO ETNEO
BOSCO ETNEO
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C’era una volta un bambino bellissimo, ma anche tanto triste. Il suo papà lo aveva portato a lavorare presso un mugnaio che aveva il mulino così distante dalla loro casa che doveva alzarsi molto presto al mattino per raggiungerlo.

-Alzati!-gli comandava il padre-E’ ora di andare a lavoro. E questa sera ricordati di portare il sacco con la farina che ti darà il mugnaio.-

Il piccolo Otto obbediva. Attraversava campi e boschi, stradine e viottoli, sotto la pioggia o il sole cocente. Così ogni giorno, giorno dopo giorno. Andava al mattino e tornava la sera. Un po’ come il suo nome che andava e veniva, da destra verso sinistra e da sinistra verso destra, sempre allo stesso modo. La sua mamma aveva voluto chiamarlo Mariotto e poi Otto.

-Che bello il mio Mariotto! Che dolce il mio Otto!- E si riempiva la bocca con quel nome, così come si riempiva il cuore quando lo abbracciava. Era volata in cielo troppo presto lasciandogli quel nome ridondante e pieno d’amore.

 Una volta la stanchezza lo sorprese e cadde in un sonno profondo, rannicchiato ai piedi di un albero. Si addormentò profondamente. Nel sonno, vide lui stesso aprire gli occhi e stupirsi: un grande uccello gli accarezzava la guancia con il becco e con un’ala lo avvolgeva come per abbracciarlo. Non aveva mai visto un uccello così bello: delle piume di un forte colore azzurro gli coprivano il capo sul quale spiccavano delle piumette ritte colore dell’oro; il petto era di un giallo ocra che si intensificava fino ad assumere un caldo colore marrone; le sue ali verde smeraldo erano grandi e lucenti e la sua coda si apriva a ventaglio con tutte le sfumature del verde, del giallo, del marrone, dell’azzurro mescolato a tanti riflessi d’argento.

-Ciao piccolo! Sei molto stanco, vero?-

-Chi sei?- domandò il bambino

-Sali sulla mia schiena. Ti porto in alto, lassù, nel cielo a vedere quei boschi e quelle campagne che sempre attraversi e di cui mai hai notato la bellezza. Capirai cosa io rappresento.-

Otto accettò fiducioso quell’invito e, in groppa al suo uccello fantastico, si sentì pronto a iniziare il volo, mentre il suo viso si illuminava di gioia per quell’esperienza unica e eccezionale.

-Vedi laggiù quelle macchie colorate sulla montagna? Sono i laghetti dell’orgoglio- gli spiegava l’uccello.

-Quello giallo ocra è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare l’intelligenza; quello marrone è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare la forza fisica; quello azzurro è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare la parola, il linguaggio. Guarda quanto è bello quello argentato, splendente come una pietra preziosa al sole. E’ il laghetto dell’orgoglio di sapere ascoltare il proprio cuore. In ogni laghetto vivono dei folletti molto laboriosi che preparano delle bottigliette di prezioso orgoglio. Tutto il verde che vedi attorno è la vita che scorre, che tutto muove. Vuoi scendere in uno di quei laghetti?-

Otto fece cenno di sì con la testa, mentre sentiva il cuore battere forte e un sorriso a labbra strette nascondeva un’emozione e una felicità mai provate prima. Si immersero nel laghetto giallo e subito dei folletti verdi con cappello e mantellina gialla lo accolsero festosi, invitandolo a visitare il loro laboratorio. Otto rimase stupito nel vedere tante di quelle ampolline, bottigliette e vetrini e altro ancora che servivano perché il liquido fosse confezionato puro e efficace. Intanto il bimbo notava che il suo corpo si copriva a tratti di giallo e più avanzava nel laghetto, più sentiva  crescere dentro di sé una forza nuova. Visitò tutti i laghetti e in ognuno trovò simpatici folletti verdi con cappelli e mantelline di colori diversi a seconda del posto in cui vivevano e lavoravano, e ogni volta tracce di colore gli dipingevano il corpo. Doveva ancora immergersi nel laghetto argentato, ma rimase fermo a guardarlo incantato: era davvero il più bello e sentiva una certa soggezione al pensiero di toccare quello specchio di acqua lucente. Il suo compagno di viaggio lo incoraggiò e insieme si immersero nel lago argentato. I folletti si inchinarono alla vista dell’uccello che maestoso avanzava con Otto sul dorso. I due raggiunsero un laboratorio dove tutto brillava e un alito vitale si spandeva fino a raggiungere il cuore del bambino che si sentì all’improvviso leggero e felice come chi finalmente aveva trovato la cosa più preziosa che avesse al mondo: la voce del suo cuore.

Fu allora che il grande uccello cominciò a parlare:

-Le mie piume sono cariche di liquido che i folletti preparano e poi versano sul mio corpo per mantenere forte il significato della mia esistenza: sono il principe Orgoglio, guai se i miei colori sbiadissero! Tutti gli uomini perderebbero la forza di andare avanti, perderebbero la fiducia in sé stessi. Purtroppo l’uomo a volte è stolto e usa impropriamente tale forza, arrogandosi il diritto di superare il limite di Umiltà. Allora diventa cattivo e rischia di rimanere da solo: non c’è niente di più triste di un uomo solo. Impara Otto a usare l’orgoglio di essere uomo con umiltà e la vita ti regalerà tante gioie che sentirai ogni volta che avrai costruito qualcosa con impegno, mettendo in campo tutte le tue risorse.-

Il bimbo si svegliò all’improvviso, si alzò in piedi e cercò invano il suo amico. Capì che aveva incontrato quella creatura in sogno e che era arrivato il momento di tornare sui suoi passi.

 Il grande uccello tornò spesso nei sogni di Otto e la sua vita, umile, fu sempre costellata dalla soddisfazioni di avere raccolto i frutti del suo orgoglio.

Moffolette e Totò

31 lunedì Ott 2016

Posted by paolina campo in ricordi

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Tag

bambini, Castelbuono, il giorno dei morti, Palermo, Salina

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pupaccena

Arrivava il giorno dei morti. Anzi, prima ancora, arrivava l’attesa per il giorno dei morti vestita dei racconti dei nostri genitori su fatti e persone che avevano accompagnato la loro vita e non c’erano più. La curiosità si accendeva e le distanze spaziali e temporali si accorciavano: eravamo tutti lì, noi e i nostri morti, in quell’angolo di casa a condividere un momento di profonda tenerezza.

“Sapete, durante la guerra, la nonna, buon’anima, andava a prendere il pane con la tessera e lo divideva a noi che eravamo piccoli e dovevamo crescere. Lei diceva di non avere fame e intanto, poverina, diventava sempre più secca. Però rideva e cantava sempre!”

La nonna, la madre di mia madre, “secca” lo sarebbe rimasta per sempre, anche dopo la guerra, anche quando il giorno dei morti, di buon mattino, andava dal fornaio a prendere le moffolette, panini schiacciati ricoperti da tanto sesamo, “

View original post 400 altre parole

Filastrocche per tutti i gusti

11 mercoledì Mag 2016

Posted by paolina campo in libri

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Tag

adulti, amore per la natura, animali, bambini, filastrocche

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A ruota libera

Una cosa non mi va neanche un po’:

i discorsi possono andare

a ruota libera,

ma le auto a parola libera no!

Se potessero, il mondo sarebbe

meno brutto:

meno inquinamento, meno benzina

e soprattutto

tante  parole libere in giro ogni mattina.

Vito Consoli. Prima di tutto un amico: dei bambini, degli animali, delle piante, dei pesci che popolano il mare. Un amico mio, di mio marito e delle mie figlie.

Sotto a chi tocca

Sapete come si scrive una filastrocca?

Innanzitutto serve qualcosa da dire;

con la penna, però, non con la bocca.

Ma non basta; serve ritmo nel discorso:

una filastrocca va giù tutta in un sorso.

Può starci bene pure qualche rima.

Magari di un rigo con quello di prima.

Ecco, come si scrive una filastrocca.

Questa è la mia; ora sotto a chi tocca!

E siccome son curiosa,

colgo al volo l’occasione.

Vito e la zanzara

Vito al mare era andato.

Un bagnetto, una corsetta

e poi

a letto a riposare.

Chiuse gli occhi e restò fermo

aspettando che il suo torpore

presto sonno diventasse.

Ma qualcosa interruppe il suo riposo:

una piccola zanzara

volle fargli compagnia

a quell’ora un po’ tardina.

“Proprio no, cara zanzara!

Non mi devi molestare!

Vola fuori, scappa via!

non ti voglio far del male.”

La zanzara dispettosa

continuava a stuzzicarlo.

“Cosa pensa una zanzara

quando lesta si avvicina?

Se io penso come lei,

lotteremo ad armi pari!”

Rimase lì a meditare…

e sicuro la zanzara

scorse in lui un caro amico

e decise all’improvviso

di non dargli più fastidio.

Laureato in Scienze naturali, Vito Consoli svolge un lavoro importante e impegnativo alla Regione Lazio. Le sue più grandi passioni? Leggere e scrivere.

Kayembe, una favola triste

26 venerdì Feb 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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Tag

bambini, dolore, sofferenza

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Kayembe è un bambino, è un bambino che soffre. Ha braccia e gambe sottili, come rametti ormai secchi, dove cercano di vivere ancora brandelli di carne. Ha la pancia gonfia di fame e un piccolo viso dove emergono due grandi occhi pieni di pianto. Una volta, il sonno lenì le sue sofferenze e allora Kayembe vide le lacrime della sua mamma uscire così in abbondanza che formarono il mare e lì, tra le onde, vide guizzare dei pesci e il sole formava tante piccole stelle. All’orizzonte avanzava una nave. -Che bella!- pensò Kayembe. Era tutta bianca, con delle grandi vele che si gonfiavano sospinte da un vento leggero. Due ricchi signori prendevano il sole e, sembrava, che stessero navigando verso la terra dove Kayembe piangeva. Sembrava anche che stessero cercando un bambino. All’improvviso, però, la nave cambiò la sua rotta e Kayembe che non sapeva cosa fossero il mare e le stelle, e non sapeva che lui era un bambino, sentì un forte dolore e si svegliò. La donna che lo teneva in braccio non aveva più lacrime e Kayembe che non sapeva di essere un bambino perché nessuno glielo avrebbe fatto scoprire, rimase a soffrire.

Il maestro Lorenzo

15 lunedì Feb 2016

Posted by paolina campo in libri, Salina

≈ 1 Commento

Tag

bambini, film Disney, istruzione, maestro, pittore, scuola

pietre

 

– Ci vediamo dopo, maestro!-

-A dopo! Non fare tardi!-

Nonostante gli obblighi a cui non era possibile sottrarsi nell’economia domestica dell’isola, la scuola doveva comunque inserirsi nel grande progetto della vita dei bambini, la cui educazione e formazione andava seguita, stimolata per scoprire che attraverso i numeri, le poesie, le letture, attraverso il sapere avrebbero scoperto e apprezzato la loro intelligenza e avrebbero imparato a navigare nel mare della curiosità. Qualunque cosa avrebbero fatto poi, avrebbe recato l’impronta di una mente abituata a muoversi, a farsi domande. Il maestro ne era certo. (Paolina Campo, A fine giornata, A&B, Acireale, 2015, pag.17

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Il maestro Lorenzo amava la sua isola, il suo mare, la sua terra e amava i suoi alunni. Di quel piccolo angolo di mondo i libri e l’istruzione, la cura di bambini a volte con storie difficili legate al lavoro della terra,  ne avrebbero esaltato la bellezza, ne avrebbero suscitato la meraviglia e stimolato la curiosità. Maestro Lorenzo sapeva che un bambino ha bisogno anche di un libro da sfogliare, di parole che aspettano di svelare il loro significato per regalargli un sorriso, una speranza. Il maestro aveva un cugino nato anche lui sull’isola verde. Emigrato in Australia con la famiglia quando era ancora in fasce, “emigrò” in Italia, ancora bambino,  per conoscere e studiare i classici greci e latini, per sviluppare una cultura e un ingegno che sarebbero sfociati nelle sue opere artistiche. Divenne un pittore famoso Virgilio Lo Schiavo,  il cugino del maestro. Pluripremiato in Australia, regalò la sua arte alla sua isola i cui colori portava in giro per il mondo.

Maestro Lorenzo non è stato il mio maestro. La mia maestra si chiamava Graziella e, sull’isola verde, mi insegnò ad amare la lettura. Ricordo che, completati gli esami di quinta elementare, mi volle premiare e ritirò per me due bellissimi libri: un dizionario della lingua italiana illustrato e il racconto Pomi d’ottone e manici di scopa con le foto del film che, proprio quell’anno, era il 1971, la Disney proiettava per la prima volta negli Stati Uniti.

Pomi-dottone-e-manici-di-scopa

Che bello ballonzolar, bighellonar, galoppare tra gli abissi del mar così….

E mentre da un’anemone saltava fuori un cavalluccio marino, un’orchestrina di pesci eleganti dava vita a una festa da ballo sottomarina. Fantastico! Come avrei voluto saltare anch’io su quel letto magico! Il film lo vidi molti anni dopo insieme alle mie bambine e si rinnovò la gioia di quel momento quando vidi la mia maestra commuoversi mentre, alla presenza del segretario, mi consegnava i libri. Magia!

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TREGUNA  MEKOIDES  TRECORUM SATIS DEE  e quello che sembrava inanimato, dimenticato, prese vita e salvò il sorriso dei bambini.

                                          

Quando l’alimentazione diventa un dilemma giuridico

09 martedì Giu 2015

Posted by paolina campo in ricordi

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Tag

alimentazione, bambini, tribunale

20150608_182638Chi é stato bambino negli anni ’60, credo non abbia avuto il problema di essere vegetariano o onnivoro a giorni alterni, né di avere a disposizione merendine al cioccolato, patatine al formaggio e al ketchup o pizzette estemporenee con wurstel. Il massimo della sciccheria alimentare era il latte condensato da spalmare su una fetta di pane o i formaggini di “Susanna tutta panna”.

Ci si sedeva a tavola tutti insieme e tutti insieme ci si alzava. Capitava che un boccone, a volte non gradito, passava da una parte all’altra della bocca, mentre lo sguardo passava dal piatto che sembrava lievitare, agli occhi del padre che lanciava severe intimazioni di finire quella pietanza, pena non alzarsi più dalla sedia. I nostri genitori, reduci da periodi in cui i pasti disponibili erano limitati e lontani erano anche i sogni di leccornie, si portavano dietro quella sofferenza e mai avrebbero potuto sopportare che un alimento venisse sottoposto al disgusto di bambini viziati. Viziati?

Era quasi una consuetudine trovarsi davanti un piatto di verdure o legumi fumanti e “affollati”. Allora gli occhi si illanguidivano, tristi e allibiti.
-Perché non mangi? –
-Ci sono degli animaletti! –
-Dove? Io non li vedo. Mangia! –
Certo, non era una bella situazione. Ma finire in tribunale perché il giudice decida cosa un bambino deve mangiare, mi sembra più grave.

Era la mia casa

23 giovedì Apr 2015

Posted by paolina campo in Salina

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Tag

amici, antiche canzoni, bambini, giochi, lucertole e calabroni, mare

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Era la mia casa nasce dall’esigenza di esprimere l’emozione dolce e rasserenante che sento ogni volta che cerco me stessa bambina, scavando nei miei ricordi e scoprendo così come sia possibile provare sensazioni di un tempo che cronologicamente non mi appartiene più ma che fa parte di me, è dentro di me.

Il libro è un omaggio ai miei ricordi d’infanzia, ma è anche esaltazione di un paesaggio, quello dell’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie, dove i colori caldi e i profumi forti sono espressione di una natura ricca e variegata, di una vegetazione fitta e attraente.

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Passavamo le nostre giornate soprattutto in giardino, quando il tempo era clemente, e spesso lo era, arrampicati sugli alberi….Mio fratello si era costruito una casetta tra i rami dell’alberello di arance…e durante le sue scorribande in campagna, portava qualche passerotto piccolo piccolo che era caduto da un nido; allora cominciavamo ad occuparci di lui: gli imboccavamo vermi che avevamo trovato in giardino e molliche di pane. Poi lo tenevamo amorevolmente tra le mani finchè il poveretto stremato da quelle attenzioni assillanti, moriva.

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La raccolta dei capperi impegna uomini, donne e bambini per tutti i mesi estivi. Il cappero è la gemma della pianta mentre il frutto, il cucuncio, è il pistillo del suo fiore, bellissimo

cappero

A Salina il contatto con la natura è diretto, per cui è normale per i bambini giocare con lucertole, grilli e calabroni. Una volta ricevetti un dono molto particolare: una giostrina di calabroni.

…un mio caro amico aveva catturato dei bellissimi calabroni e con un filo di cotone li aveva legati insieme a una distanza di dieci-quindici centimetri uno dall’altro. Il risultato era fantastico perchè i calabroni giravano in cerchio come se stessero facendo un giro di giostra.

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…Gli inverni trascorrevano lenti e nei giorni in cui il vento fischiava forte e il mare era in tempesta, rimanevamo a casa a studiare…

Era tutto grigio: il cielo, il mare e ciò che ci faceva stare tranquilli era stare dietro i vetri della porta di casa a osservare e ascoltare le storie di pescatori coraggiosi che affrontavano il mare in tempesta per andare a spezzare le trombe marine che si erano fatte più grigie del mare e del cielo.

E intanto mia madre cantava le sue antiche canzoni

note

Viri chi dannu ca fannu i babbaluci

ca cu li corna ammuttanu i balati

si non era prontu a ittarici na vuci

viri chi dannu ca fannu i babaluci

Vedi che danno che fanno le lumache

che con le corna spingono pietrone

se non era pronto a lanciare un grido

vedi che danno fanno le lumache

E tornava a risplendere il sole

sole

 

I miei libri

era
vi racconto
l'uomo di
A fine giornata
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