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sefossionda

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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C’era una volta…

12 mercoledì Mag 2021

Posted by paolina campo in mare, silenzio

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alba, fiaba

Quante cose si vorrebbero dire o raccontare e si tengono a bada perché non vadano a compromettere equilibri faticosamente conquistati. Quante volte ricorriamo alla palestra del cuore per imparare gli esercizi del saper vivere, per ridurre al minimo le conseguenze di discorsi buttati lì, senza alcuna attenzione.

Dalle mie parti si dice:

A lingua non avi ossa

ma rumpi l’ossa.

La lingua non ha ossa, è morbida, innocua, inoffensiva. La lingua, però, è uno strumento del linguaggio e, come tempesta che agita il mare e i rami degli alberi, una frase, una parola possono davvero ferire e, ancora peggio, umiliare, azione feroce su una persona dall’animo sensibile.

C’era una volta…facciamo che sia una fiaba. C’era una volta un uomo forte che al mattino andava presto nei campi e sulla sua strada incontrava un altro uomo che andava a vedere sorgere il sole. Si guardavano, uno con l’aria di chi vuol giudicare, l’ altro, invece, avrebbe voluto accennare appena un sorriso. Mattina dopo mattina, fino a che una volta l’uomo forte non trattenne più la sua indignazione e si rivolse all’altro con asprezza:

-Sei uno che non sa cosa significa lavorare. Sei proprio una nullità che perde tempo ad andare in giro a quest’ora.-

L’uomo sognatore abbassò gli occhi e non rispose. L’uomo forte raggiunse i suoi campi orgoglioso di sapere il fatto suo. Continuò a infierire la mattina dopo e l’altra ancora, fino a quando non vide più il bersaglio della sua arroganza.

Una notte sognò di incontrarlo tra i rami di un albero cresciuto in mezzo al mare con foglie grandi, piccole e medie. Su ognuna scriveva qualcosa e poi la lasciava scivolare tra le onde. lo vide e lo invitò a sedersi su un ramo. L’uomo forte accettò e prese tra le mani una foglia su cui era scritto: FERMATI. Ne prese un’altra e lesse: RIFLETTI.

Si svegliò che ancora era notte. Si vestì, uscì di casa e si avviò giù per quella strada che portava dove il sole si mostrava al suo sorgere. Ancora era buio e la strada era illuminata dalla luna. Lo trovò ad aspettare i primi raggi del sole, seduto su uno scalino di pietra dove nessuno l’avrebbe potuto vedere. Si era sentito schiacciato da certe parole e si nascondeva per non essere ancora colpito. L’uomo forte pensò al suo sogno e si sedette anche lui aspettando che l’alba arrivasse. Capì quanto era stato feroce e assaporò per la prima volta l’emozione del primo raggio di sole.

E’ già mattina

06 martedì Apr 2021

Posted by paolina campo in Senza categoria

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alba, mare, tempo

-Svegliati! E’ già mattina!-

Il mio ragazzo con le gambe lunghe mi accarezza dolcemente. Lo guardo, gli sorrido. Ne abbiamo fatta di strada insieme.

La notte è trascorsa mentre la mia mente si è persa in un mare di ricordi e di sogni. E se chiedessi al tempo di fermarsi? Se chiedessi alla notte di concedermi qualche ora in più per vagare in sentieri che solo il sogno può farmi attraversare?

La notte si allungò per permettere a Giove di giacere più a lungo con Alcmena, la bella moglie di Anfitrione. Il sole e la luna si fermarono per dare a Giosuè il tempo di sconfiggere gli Amorrei.

Chiudo ancora un poco gli occhi e mi vedo davanti a uno specchio a contare le mie rughe che lasciano trasparire la serenità di una vita trascorsa senza tante pretese e con tanti sogni ancora da realizzare. Chiudo ancora gli occhi e mi osservo mentre vago, con lo sguardo incantato, sulla superficie del mare che si distende di fronte a me. Quest’ acqua, penso, sa essere cheta e ribelle. Mi somiglia, sa tutto di me.

-Adesso svegliati, il sole è già alto.-

Alba

03 mercoledì Feb 2021

Posted by paolina campo in libri

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alba, amore, Romeo e Giulietta, Shakespeare

“Era l’allodola, l’araldo del mattino; e non già l’usignuolo. Guarda, amore, quali maligne strisce di luce non aggiungono una frangia a quelle nubi che laggiù si sciolgono a oriente. Le candele del cielo son tutte consumate, e la gioconda luce del dì procede in punta de’ piedi sulle nebbiose cime dei monti. Debbo partire e vivere, o restare e morire.” William Shakespeare, ROMEO E GIULIETTA, Corriere della Sera, Milano, 2012, Atto Terzo-Scena V, pag.201

Emergenza bellezza

10 martedì Set 2019

Posted by paolina campo in pensieri

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alba, bellezza

Quella mattina ero partita presto. Le strade ancora illuminate dai lampioni erano attraversate da auto sonnacchiose. La circonvallazione, la tangenziale, il casello e poi l’ autostrada. Un poco sonnacchiosa lo ero anch’ io: guidavo piano, evitando sorpassi, anche quelli che ti senti autorizzata a fare quando ti precede un camion il cui carico pretende tanta moderazione alla guida. Dall’ autostrada il mare si vedeva a una discreta distanza. A un certo punto i miei occhi cominciarono a essere inquieti. Quel mare laggiù era un incanto: luci, colori, qualche barchetta qua e là. E il sole che iniziava a dipingere i contorni di un mondo al risveglio. I miei occhi sempre più inquieti mi costrinsero a fermarmi in una piazzola d’ emergenza. Dovevo fermarmi. Da un angolo della piazzola, il sole sorgeva e dispiegava nel cielo un ventaglio di fine merletto di antica fattura, candido come cotone pregiato appena lavorato da mani esperte, catenelle di nuvole che si susseguivano a coprire l’ afa del giorno che stava arrivando.

Ricordo…

24 venerdì Giu 2016

Posted by paolina campo in Salina

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alba, lavoro nei campi, madre

foto (25)

Ricordo le prime luci dell’alba,

quando il sole da dietro un monte si affacciava,

e iniziava a dipingere il cielo di caldi colori pastello.

Ricordo un bambino, appena nato,

avvolto in una morbida coperta,

all’ombra di un grande albero.

Ricordo una mamma, vigile e attenta,

piegata a raccogliere, insieme ad altre donne,

chili e chili di capperi.

Con mano veloce, riempiva la tasca che alla vita si era legata;

poi la svuotava in un sacco di juta, e ricominciava daccapo.

Trascorsa che era la frescura dell’alba,

il bimbo cominciava a dimenarsi:

aveva fame, aveva sete, non voleva più dormire.

Accorreva allora la sua mamma:

si slacciava la tasca e, prendendolo in braccio,

si accovacciava anche lei sotto l’albero.

Allattava il suo bambino,

mentre il sole, uscito allo scoperto,

si specchiava nel mare e

nel sorriso amorevole di una madre.

 

Io e Cartesio

10 domenica Gen 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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alba, Cartesio, mare, res cogitans, res extensa, sole, tramonto

moloMi alzo al mattino…, anzi no! Mi corico la sera programmando quello che ho da fare il mattino seguente: prendere la compressa, guardare oltre i vetri delle finestre l’Etna da una parte e il mare dalla parte opposta e, senza farmi troppo attraversare dai colori che il sole diffonde da est a ovest, prendere il caffè, mettere in moto la lavatrice, uscire per la spesa, andare alla posta e poi dal dentista, tornare a casa, cucinare. Arriva quindi il mattino, bisogna cominciare: mentre la lavatrice lava, riordino la camera da letto dopo avere provveduto a mettere gli auricolari per ascoltare la lettura dei giornali alla radio. Non posso fermarmi. Le mie mani hanno tanto da fare, le mie gambe mi portano in giro per la casa. Seguo in sequenza tutte le azioni che ho programmato la sera prima in una sorta di scaletta per cui ad ogni azione ne segue un’altra perché tutto sia in ordine e nulla venga trascurato. Mi trovo così a ragionare secondo uno schema di numerazione discreta, come direbbe un professore di filosofia appassionato di numeri, o secondo quell’arihtmòs aristotelico per cui il tempo, il mio tempo in casa, risulta essere davvero il movimento secondo il prima e il dopo.

“O Dio, potrei restar confinato pur in un guscio di noce, e credermi il re di uno spazio infinito!” (William Shakespeare, Amleto, FABBRI EDITORI, 2002, pag.115)

Certo, Amleto aveva le sue buone ragioni per desiderare di restare chiuso in un guscio di noce e avere l’illusione di essere il re dell’infinito!

Illusione. Faccio questo, faccio quello. E poi vado qua, e poi ancora vado là come una macchina, perché la mia mente è altrove. E’ lì, appesa all’ultima pagina che ho letto, protesa verso quella che vorrei scrivere, aperta al ricordo del mare, del sole. Ecco, mio caro Cartesio, sembro completamente sdoppiata, sembro la prova vivente, molto casalinga, della tua res extensa e di una res cogitans molto confusa. Devo fare presto: ho fretta, ho fretta assai, direbbe il coniglietto di Alice nel paese delle meraviglie. Ho un appuntamento all’alba e al tramonto con il sole e poi devo mettere in ordine nella mia mente le emozioni che ho provato e pensare a come mi piacerebbe descriverle. Ehi, ti raccomando mente, non dimenticare! Non dimenticare quell’attimo in cui oltre i vetri delle finestre di casa ho visto il sole dipingere il cielo, mentre il vento modellava le nuvole che libere e vivaci sembravano unirsi in un un girotondo, abbracciando i pendii della Montagna o sollevandosi in alto a formare dei vortici di soffice aria colorata. E intanto sul blu del mattino ogni cosa cominciava a tracciare ancora una volta i suoi contorni. Non dimenticare il mare e tutte le volte che ne ho avvertito la freschezza attraverso il suo odore, ne seguivo la danza, ne assaporavo il gusto salmastro e leggevo tra le onde la rabbia, la dolcezza, la superba tenacia. Così, caro Renè Descartes, se anche i miei sogni e i miei sensi dovessero ingannarmi, è certo che accendono

“uno di quei fuochi senza luce…che il fieno accende se lo ripone prima che sia secco e che fanno ribollire il vino novello, se lo si lascia fermentare insieme alla vinaccia.” (Cartesio, Discorso sul metodo, BARBERAEDITORE, 2011, pag.67)

  

                                                                                  

                           

                           

                                                               

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