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~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi tag: A FINE GIORNATA

Un buio luminoso

23 sabato Gen 2021

Posted by paolina campo in libri, Salina

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A FINE GIORNATA, Malfa, pubblicazione 2015, Salina

A fine giornata, ci si sedeva tutti su poltrone reclinabili disposte in fila sul terrazzo, a guardare il cielo. Si spegnevano le luci a neon che illuminavano anche il giardino antistante e in silenzio si osservavano le stelle. In silenzio. Fino a quando, spinti forse dalla necessità di ascoltarsi, cominciavamo a leggere ad alta voce quel cielo stellato, indicando  l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore, puntando lo sguardo sui disegni che si potevano tracciare, trasformando l’indice della mano in una matita allungabile fino a toccare quelle stelle come se fossero punti su un foglio da disegno. Poi, di nuovo in silenzio, ognuno  seguiva con la mente una strada attraverso quel cielo. Una strada lunga, larga, di dimensioni infinite che raccoglieva i ricordi, le speranze e li portava lontano, mentre ci sentivamo osservati, e forse anche protetti, da quella casa enorme alle nostre spalle che, come una grande nave ci aveva accompagnati nell’avventura su un’isola che ci regalava ogni sera quel cielo stellato e dove ognuno cercava una strada che conservava nel cuore e nella mente, larga duecento chilometri e anche di più. Non so gli altri: il silenzio garantiva ad ognuno la segretezza intima e speciale di un incontro che poteva essere fatto solo con sé stessi, per correre su binari predefiniti, individuali, particolari. Ognuno viaggiava sul suo treno, come se non si dovesse più tornare indietro. Eppure, la casa-nave ci guardava, e sapeva che anche in quella corsa ci sarebbe stato un momento in cui i binari avrebbero invertito la marcia e ci avrebbero riportato, in un modo o in un altro,  lì da dove eravamo partiti. Io mi sentivo catturata da un particolare bagliore che tracciava una strada che pulsava di vita, di vite che andavano e tornavano come in quei disegni dove cascate, nastri, figure iniziavano il loro cammino e poi tornavano irrimediabilmente al loro punto di partenza. I miei ricordi cominciarono a dilatarsi, a intrecciarsi a storie di un tempo che scoprii essere immenso. Fu così che, nell’evanescenza di un mondo pulsante di luce, mi trovai tra i fantasmi della memoria, desiderando sempre più di perdermi tra le pieghe di quel buio luminoso dove potevo incontrare stelle che, dopo avere percorso la lunga strada della loro evoluzione, erano destinate a pulsare e brillare per sempre.

Ho sentito parlare di una malattia che spegne i ricordi nella mente di chi viene colpito da un morbo inesorabile che colpisce i neuroni del cervello e, come colui che ha deciso di percorrere un lungo corridoio per l’ultima volta, spegne man mano le luci delle stanze che a esso  accedono, ne chiude le porte e alla fine disattiva l’interruttore generale e va via, si dilegua. Per sempre. Ma le cose? Le cose possono soffrire di quella malattia? Possono essere attaccate dal tarlo di un tempo che non le riconosce più, che non le fanno più parlare? Arrivava dal mare una fata che lanciò una maledizione: tutte le luci che illuminavano quei ricordi si sarebbero spente per sempre e sarebbero state avvolte da un sonno perenne.

Era ormai passato tanto tempo da quando scrutavo il cielo su una di quelle poltrone sul terrazzo. Ma era come non fosse passato neanche un attimo da quando quella casa-nave mi afferrò e rimasi prigioniera di un sogno che voleva splendere e pulsare all’infinito. Ero tornata da sola in quella casa che ormai sembrava colpita da quella strana malattia e qua e là erano visibili zone di abbandono, di degenerazione: il tetto perdeva l’intonaco, la muffa si impadroniva di muri e il pavimento era roso dall’incuria. Andai a letto presto e scelsi di dormire su un vecchio letto in ferro nero, con fregi dipinti su entrambe le testate su cui tentavano di brillare dei frammenti di madreperla. I dipinti raffiguravano dei paesaggi notturni lontani, quasi irreali: un castello, un albero dalla chioma ben definita, sembrava pettinata, una riva calma, più da lago che da mare. Scelsi di dormire lì, su quel letto alto, quasi presuntuoso che odorava di antica stima, di passate amicizie coltivate all’interno di un progetto di lavoro che richiedeva tenacia, entusiasmo, passione.

Quella notte ebbi paura dei fantasmi che avrebbero potuto ostacolare il mio sonno e che invece io disturbavo, cercandoli per mischiarmi a loro, alle loro storie. Eppure mi addormentai e mi trovai altrove.

Le stelle

03 mercoledì Lug 2019

Posted by paolina campo in Salina

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A FINE GIORNATA, ricordi, stelle

“A fine giornata, ci sedevamo tutti su poltrone reclinabili disposte in fila sul terrazzo, a guardare il cielo. Si spegnevano le luci a neon che illuminavano anche il giardino e in silenzio si osservavano le stelle. In silenzio. Fino a quando, spinti forse dalla necessità di ascoltarsi, comincia amo a leggere ad alta voce quel cielo stellato. “. Paolina Campo, A FINE GIORNATA, A&B editrice, 2015

Colori e immagini

01 martedì Nov 2016

Posted by paolina campo in Salina

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A FINE GIORNATA, video

Di che colore è la nostalgia?

E lo stupore? E il ricordo?

Primo e ultimo capitolo, come le mie mani colorate di nostalgia, di stupore, di ricordo. Come la destra e la sinistra che insieme accolgono nuovi colori che si muovono tra storie che erano lì dove ero io, ma non riuscivo a vedere.

 

Viale dei palmizi

17 lunedì Ott 2016

Posted by paolina campo in Salina

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A FINE GIORNATA, dipinti chiesa madre di Malfa, dipinti di Virgilio Lo Schiavo, viale dei palmizi

 

 

 

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Malfa: “Viale dei Palmizi” e chiesa di San Lorenzo. Foto di Antonio Brundu

 

Superò una dopo l’altra le palme che l’avevano vista crescere. Chissà da quanti anni erano lì a guardare il mare lontano. Una, due, tre… Tante volte si era chiesta quanti fossero quegli alberi e quasi per gioco aveva cominciato più volte la conta. Una, due, tre…e poi tra una palma e un’altra si inserivano i suoi pensieri e quelle piante frondose non potevano essere più contate. Quella mattina la sua mente era volata lontano, non si accorse nemmeno delle palme, né di quello che la circondava. Si diresse verso la chiesa. Non c’era nessuno, solo il sacrestano che si aggirava per l’altare sistemando i fiori, il leggio e gli oggetti sacri che il vescovo aveva usato il giorno prima per celebrare messa. L’uomo fece un cenno di saluto ad Assunta che rispose con un sorriso. Lei restò lì seduta a osservare quell’affresco che compare pittore aveva dipinto qualche anno prima. Anche lui era andato via.

Il vescovo, durante l’omelia, aveva parlato di perdono, di amore, di pace. Quante belle parole! Perdonare. Cosa voleva dire quella parola? Per-donare, per dare, per offrire. Ancora! Perché? Per continuare a umiliarsi, a soffrire? Perché? Per perdersi per sempre nel labirinto della solitudine e della tristezza? Vincenzo l’aveva lasciata sola, con una promessa. Ma dove era finito? Dove era scivolata la sua dedizione, la sua fiducia, la sua offerta il cui frutto cresceva nel suo corpo?

-Che significa perdonare, Dio mio? Dammi la forza di avere ancora il coraggio di per-donare. Senza la possibilità di offrire ancora, rischio di perdere anche Te, di non sentirTi più!-

Si guardò intorno smarrita, e rimase in attesa come se le pareti di quella chiesa avessero dovuto dirle qualcosa. Alzò lo sguardo verso il tetto a cassettoni in legno e puntò lo sguardo su l’altro dipinto che compare pittore aveva realizzato: la figura luminosa di san Lorenzo spogliata dei colori della vita terrena, rifletteva la luce di una stella. Poteva, doveva esserci ancora un modo per ritrovare la vita che avrebbe voluto, doveva ancora sperare, ascoltare la voce del suo cuore, non essere indifferente al desiderio di ritrovare Vincenzo.

A FINE GIORNATA, pag.44

malfa

Ultima pubblicazione, A FINE GIORNATA

27 sabato Giu 2015

Posted by paolina campo in Salina

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A FINE GIORNATA, colori, dipinti chiesa madre di Malfa, sole, Virgilio lo Schiavo

ZOM

Un lavoro storico, etnoantropologico quello affrontato con A fine giornata, immaginando di camminare lungo la strada dei miei ricordi legati alla chiesa di san Lorenzo, come un punto che fluttua nel mare della mia memoria. Navigando lungo le note dell’orologio della chiesa mi sono trovata come dentro un quadro dove tutto è legato a tutto, dove la storia dei miei ricordi si è intrecciata con le storie che avvolgono la chiesa madre di Malfa. Ho fatto amicizia con un pittore, Virgilio Lo Schiavo, inconsapevole compagno della mia infanzia quando entrando in chiesa mi lasciavo accogliere da qualcuno che per me era già passato e che “ha vissuto con molto piacere e entusiasmo e ha portato sempre nelle vene l’amore per le isole Eolie”, come ha voluto sottolineare la figlia del pittore, la dottoressa Alanna Horan che vive in Australia e che con grande gentilezza e spontaneità ha risposto ad alcune domande che le avevo inviato via mail. La storia dei dipinti all’interno della chiesa inizia con un dono. Era l’estate del 1931 e l’artista eoliano inizia a costruire un modello in legno del disegno preparatorio all’opera da realizzare nella volta absidale della chiesa di Malfa. Virgilio parla con Assunta, personaggio immaginario che si inserisce nel racconto della vita del pittore e per tutto il romanzo concentrerà su di sé le gioie, le sofferenze, i sogni, le speranze di chi è cresciuto tra i campi spinosi dei capperi, belli, illuminati da un sole artista del cielo.

I miei libri

era
vi racconto
l'uomo di
A fine giornata
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