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~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi della categoria: Sicilia

La candelora di cartone

08 mercoledì Feb 2023

Posted by paolina campo in Sicilia

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candelore, Catania, festa Sant'Agata

Tante immagini scorrono davanti agli occhi attenti di un fruitore della festa che  incendia i cuori dei catanesi nei giorni dedicati alla Santuzza, prime fra tutte quelle offerte dalle candelore o cerei di Sant’Agata. Alte e grosse costruzioni in legno riccamente decorate e scolpite con immagini che ricordano la vita e il martirio della santa, arrivano a pesare dai quattrocento ai novecento chili. Fino al secolo scorso, le candelore uscivano in processione a partire dal due febbraio, giorno appunto della festa della Candelora che ricorda la Luce del mondo che squarcia le tenebre della notte, ovviamente con tutta la simbologia cristiana ad essa legata.

A seconda del peso, vengono portate a spalla da quattro a dodici uomini attraverso le vie più popolari della città di Catania con al seguito una banda di trombe, tromboni e tamburi che inneggiano alla festa, al divertimento, alla spensieratezza. Le candelore fremono per uscire dalle chiese dove sono custodite tutto l’anno, così, dall’ultima settimana di gennaio, sfilano, s’annacanu, ballano, e fanno tanto rumore per annunciare la festa, per aprire un varco all’allegria, in una sorta di travaglio gioioso che attende di partorire il tributo maestoso alla giovinetta martire che ha dato a Catania la forza di amarla e venerarla nei secoli. Ogni candelora è legata a una corporazione di arti e mestieri, tranne quella voluta dal vescovo Ventimiglia dopo l’eruzione lavica del 1776, e quella del Circolo Cittadino di Sant’Agata fondato dal Beato Cardinale Dusmet.  Queste due sono più piccole delle altre undici. Durante le processioni del quattro e cinque febbraio, quando fervono i festeggiamenti, la prima a sfilare è quella del vescovo. Seguono quella dei Rinoti, donata agli inizi dell’ottocento dai cittadini del quartiere di San Giuseppe la Rena; quella degli Ortofrutticoli; dei Pescivendoli; dei Fruttivendoli; dei Macellai; dei Pastai; dei Pizzicagnoli; dei Panettieri. Negli anni se ne sono aggiunte altre, sempre molto colorate e pesanti. A chiudere la processione è sempre la candelora del Circolo Cittadino di Sant’Agata. Nei giorni in cui il fercolo di Sant’Agata attraversa la città in un giro esterno e uno interno, perché tutti i cittadini incontrino la loro Santa, le candelore abbandonano il loro carattere folcloristico e pagano che li aveva caratterizzati nei giorni precedenti, per assumere un atteggiamento devoto accompagnato da preghiere e inni, canti e donazione di ceri accesi: più grosso è il cero, più grande è la grazia che viene chiesta.  

            La sera del tre febbraio è la sera dei fuochi più importanti dedicati alla Santa patrona. Seduta nell’atrio del Palazzo Comunale, aspettavo insieme a tantissima altra gente che fosse dato il segnale d’inizio dei fuochi d’artificio. Tra la folla si fece spazio una candelora alta più di un metro, costruita con due scatole di cartone tenute insieme da un bel po’ di nastro adesivo. Legata a due bastoni di legno, era portata in giro da un bambino e il suo papà: il piccolo avanzava serio con la tradizione stampata sul viso, sculettando a destra e a sinistra, seguendo il ritmo di una musica che sentiva solo lui, simulando l’annacata tipica di una candelora che si rispetti. Fece il giro dell’atrio, seguito diligentemente dal padre che assecondava l’innato spirito devoto del figlio, e poi scomparì tra la folla.

            Nota tenera di una festa ricca di sorprese.

Ricordo che in quei giorni di festa ero molto preoccupata. Il mio tempo interiore, la mia goccia di vita si era trasformata in un mare in tempesta. I festeggiamenti in onore di Sant’Agata erano già iniziati: botti, luci e suoni festosi si sentivano da ogni parte della città. Una candelora arrivò nella piazza della chiesa del quartiere dove abitavo e, non avendo ancora avuto la possibilità di vederne una da vicino, decisi di andare con le mie bambine. Con il cuore gonfio di speranza nella preghiera, mi avvicinai a quella torre colorata ricca di fiori, per cercare un conforto. Degli uomini muscolosi iniziarono a far dondolare la candelora al ritmo di note, a volte strampalate, intonate da trombe e tromboni che suonavano musiche e canzoni popolari. Mi sembrava tutto molto buffo, credevo di trovare un clima religioso, appassionato. Appassionato lo era ma nel senso ludico, folcloristico. Allora risi, e con le mie figlie partecipammo alla festa, battendo e le mani, ballando e cantando. La nostra gioia aveva comunque rasserenato il mio cuore.

Paolina Campo, Vi racconto una storia

Una stella da ricordare

27 venerdì Gen 2023

Posted by paolina campo in Sicilia, storia

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Carte du ciel, leggi razziali, Università di Catania

Nel 1887, il direttore dell’osservatorio astronomico di Parigi, Amédée Mouchez, realizzò nuove tecnologie di fotografia per la mappatura dei corpi celesti. Il suo progetto prevedeva una lista di osservatori nel mondo e ad ognuno era affidato il compito di lavorare sulla sezione di cielo osservabile dal proprio laboratorio. Così, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, mentre gli Stati erano impegnati in azioni belliche, studiosi di nazionalità diverse disegnavano la Carte du Ciel, una mappatura dei corpi celesti, frutto del lavoro di osservazione e di ricerca di venti laboratori in venti Stati diversi.

            Nel 1890 Annibale Riccò, noto astronomo e astrofisico italiano, fu chiamato a coprire la cattedra di Astrofisica presso l’Università di Catania. Riccò diresse anche l’Osservatorio etneo e avviò il progetto Carte du Ciel per la zona affidata alla città siciliana, scelta per la sua posizione geografica e per il prestigio dei suoi docenti. Ben presto l’Osservatorio catanese, insieme a quello danese di Helsingfors, dimostrò le sue potenzialità, tanto che dopo mezzo secolo di lavoro, fu il primo a pubblicare la sua parte di Catalogo inserendo coordinate rettilinee e sferiche.

            Tra i collaboratori più importanti di Annibale Riccò, c’era Azeglio Bemporad. Nato a Siena, fu chiamato all’età di ventinove anni a ricoprire la cattedra di matematica all’Università di Catania. Studioso attento e inflessibile, qualche anno più tardi, insegnò Astrofisica e Geodesia sempre all’Università di Catania, dedicandosi con passione alla compilazione del Catalogo Astrofotografico all’interno del Regio Osservatorio etneo, di cui divenne presto direttore. Il suo lavoro fu apprezzato in Germania e a Parigi, grazie alle centinaia di pubblicazioni  scientifiche da lui prodotte.

            Ma Bemporad era ebreo e, durante la Seconda guerra mondiale, precisamente nel 1938, venne esonerato dall’incarico, come previsto dalle leggi razziali. Nonostante si fosse affiliato al Partito Fascista, ne rimase schiacciato e mortificato.  L’illustre matematico e astronomo, docente di Astrofisica e Geodesia per l’Università di Catania e Direttore del Regio Osservatorio etneo vedrà la sua casa distrutta dai bombardamenti e la sua carriera bruciata dalla terribile applicazione di leggi atroci. Morirà a Catania l’11 Febbraio del 1945 e riposa nel cimitero della città che poco o nulla sa di un grande studioso che diede prestigio alla sua università.

Il telaio di Agatina

26 giovedì Gen 2023

Posted by paolina campo in Sicilia, storia

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Catania, San Berillo, speculazione edilizia, tessitori

30 Aprile 1795. In via del Pozzo, il vescovo Corrado Maria Donati Moncada dichiarava fondata la chiesa di san Berillo. Un groviglio di strade, traverse, case e casette si erano moltiplicate, espandendosi fino a formare un vero e proprio quartiere a ridosso del centro storico di Catania. Era quindi necessaria una parrocchia che accogliesse tutti i fedeli della nuova comunità. La chiesa, umile costruzione posta nelle vicinanze di un pozzo, era stata intitolata a San Berillo, primo vescovo della città etnea. Anche il quartiere prese il nome dell’antico patriarca e fu caratterizzato dalla presenza di tessitori, uomini e donne, che lavoravano a domicilio su vecchi telai, producendo manufatti di alta qualità.

Via dei Tessitori era collegata alla via dei Setaioli che poi incrociavano via Pastore, via Rocca del Vento, via delle Belle.

– Sei una poco di buono! Chi credi di essere?

– Maledetto! Vai via! Non ho tempo da perdere con uno squattrinato come te!

In via delle Belle si praticava il mestiere più antico del mondo: lì approdavano uomini giovani e meno giovani, ricchi e benestanti, poveri e malandati. Tutti in cerca di una dose d’amore. A pagamento.

            In via dei Tessitori viveva Agatina, una donna piccola con gli occhi profondi come il mare. Lavorava sul suo telaio antico che era stato di sua madre e prima ancora di sua nonna, preferendo i filati che raccontavano il blu, l’azzurro, il celeste del mare e del cielo.

            – Questo telaio è la mia vita, ne avrò cura per sempre! Avissi annurbari di tutti e du occhi.

 Una promessa per la vita.

            Si svegliava presto e prima di iniziare il suo lavoro, passava dalla chiesetta per le lodi mattutine, andava a prendere l’acqua nel pozzo, scambiava due parole con le vicine e tornava a casa. Rimaneva ore seduta al suo telaio, con i capelli raccolti dentro un fazzoletto di cotone e un grembiule che le copriva bene il petto e le gambe dove si raccoglievano pelucchi e fili rotti e poi, via: una mano avanti e una indietro, instancabilmente, nonostante certi giorni la luce nella stanza arrivava appena e all’imbrunire il bagliore di una candela non bastava a illuminare il telaio.

–Avissi annurbari di tutti e du occhi

            Ma i suoi occhi si ammalarono e Agatina divenne orba di tutti e due gli occhi. Disperata giurava di non meritare quel castigo, che lei avrebbe voluto ancora lavorare e mostrare cosa sapeva fare. Si fece portare un grande pennello e delle latte di colore blu, azzurro, celeste, indaco e iniziò a dare colpi di colore alle pareti, ai mobili, al telaio. Giorno dopo giorno, colore su colore fino a quando qualcuno la portò in via degli Ammalati dove era sorto un grande edificio per il ricovero di gente che come lei aveva perso il senno.

            Trascorsero gli anni, il quartiere, nonostante la laboriosità dei suoi abitanti, andò incontro a notevoli difficoltà: i grandi imprenditori non avevano più tempo da perdere dietro i buoni manufatti e si dedicarono ai guadagni più veloci che venivano dall’edilizia.

Agatina morì prima che arrivassero le ruspe che, come bestie inferocite, sventrarono il quartiere e distrussero il suo telaio.

Per saperne di più: Incontri, la Sicilia e l’altrove – Anno VI N.22 – pag.41

I Palici

12 giovedì Gen 2023

Posted by paolina campo in Etna, Sicilia

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I Palici, mito, modi di dire, Sicilia

L’avea mandato in Sicilia il padre

da lui nutrito nel materno bosco

in riva del Simeto, ov’è la mite

ricca di doni ara di Palìco.

Virgilio, Eneide, Libro nono 845-849

Nella Piana di Catania, dove scorre sinuoso il fiume Simeto, si trova il lago Naftia, sorgente di acque sulfuree ribollenti. Si narra che quel luogo fosse abitato dai figli di Giove e della ninfa sicula Talia, figlia di Efesto. Presso le sponde del fiume siciliano, Talia aveva incontrato il padre degli dei con il quale ebbe una relazione. Giunone, venuta a conoscenza di quell’amore e che la ninfa era rimasta incinta, perseguitò la giovane che chiese a Giove di liberarla dall’ira della dea. Sprofondata nelle acque del laghetto siciliano, Talia rimase lì nascosta dove partorì due gemelli, i Palici, Παλιϰοί in greco, cioè venire di nuovo dalle tenebre alla luce, come ci tramanda Eschilo: la terra si aprì e la madre con i figli balzarono fuori. I fratelli nati e nascosti nel laghetto di acque sulfuree, ebbero onori divini in quanto figli di Giove. Si eresse quindi un santuario nei pressi del laghetto dove, secondo la leggenda, si prestavano solenni giuramenti e lo spergiuro era punito dagli dei con la cecità.

Avissi annurbari di tutti e du occhi!

si grida ancora tra le vie popolari delle città siciliane, sottolineando quanto il mito abbia segnato l’ animo siculo, focoso come le acque dell’antico lago di Naftia.

E resto ad ascoltare

04 mercoledì Gen 2023

Posted by paolina campo in poesia, Sicilia

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ascolto, bellezza

Acireale

Quando il silenzio

stringe forte ogni pensiero e

soffoca quell’ insano desiderio

di dare sfogo

al magma incandescente

che brucia da qualche parte,

in qualche angolo remoto del cuore,

non resta che mettere a tacere

il gigante claudicante,

rabbioso e irriverente

eppure così ingegnoso,

caduto chissà come

nell’ abbisso più profondo

di quell’ angolo di cuore.

Non resta, che mettersi

in ascolto di melodie lontane

lanciate come frecce

da una bellezza strana

piena di pretese,

disarmante e così sfacciata.

Non sa quella bellezza

quanto buio c’è di fronte a lei?

Eppure lo raggiunge

e si resta ad ascoltare.

I racconti della strada

29 sabato Gen 2022

Posted by paolina campo in Sicilia

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Dickens, mercato, povertà, tra la gente

La Pescheria, mercato catanese

Il sole, servitore puntualissimo di tutte le attività, era appena sorto e aveva incominciato a far luce sulla mattina del tredici maggio milleottocentoventisette, quando Mr. Samuel Pickwick sorse come un altro sole dai suoi sonni, spalancò la finestra della sua camera da letto e si affacciò a guardare il mondo sottostante. Goswell Street era ai suoi piedi; alla sua destra, a perdita d’occhio, si vedeva Goswell Street; Goswell Street si stendeva alla sua sinistra; e il lato opposto di Goswell Street si trovava al di là della strada. “Tali” pensò Mr Pickwik “sono le ristrette vedute di quei filosofi che, paghi di osservare le cose situate di fronte a loro, non guardano alle verità che si nascondono dietro di esse. Sarebbe come se anch’io mi accontentassi di guardare Goswell Street per sempre, senza mai compiere lo sforzo di penetrare nelle contrade sconosciute che la circondano da ogni parte”

Charles Dickens, Il circolo di Pickwick

Allora caro Dickens, fammi strada tra le voci alte, basse; i movimenti di braccia, di mani, di gambe; i colori e le donne grasse, magre, per lo più madri di famiglia vecchio stampo, di quelle che al mattino “sorgono” con un grande problema da risolvere: cosa si mangia oggi? Si fanno largo tra le bancarelle, accompagnate da una di quelle borse con le ruote che si portano dietro con grande soddisfazione: le riempiranno fino all’orlo. Le ruote, che grande invenzione! Anche quell’uomo lì tira una specie di carretto con quattro ruote pesanti. Trasporta un gruppo elettrogeno, di quelli che erogano energia elettrica garantendo una certa mobilità, emettendo un verso come un animale preistorico, facendo da sottofondo al gran trambusto del mercato. L’uomo ha i capelli bianchi, lisci, non troppo lunghi e neanche troppo corti, la lunghezza giusta perché il vento li attraversi e li scompigli. Una barba anch’essa bianca e poco curata incornicia il suo viso gonfio mentre offre il suo servizio tra i vicoli del mercatino del giovedì. Pancia ridondante, stretta da un vecchio maglione scuro, atteggiamento serio di chi ha tanto da fare perché il suo bar ambulante funzioni al meglio: sul suo carretto si trova un mini frigorifero e una macchinetta per il caffè, di quelle che si tengono in casa insieme a delle pratiche e veloci cialde.

-Vuole un caffè signora? Una bibita per il bambino?-

Il carretto, come un bar che si rispetti, ha una sua insegna luminosa, una sorta di luminaria dove risalta una tazzina con il suo piattino e lucine a intermittenza che danno il senso del vapore di un bel caffè caldo.

Il mercatino è popolato da gente di cui non si conosce più il sorriso: qualcuno si avvicina al bar mobile con attenzione. E’ più facile litigare per il prezzo di una lattuga, lì almeno la distanza è garantita dalla bancarella.

-Quanto costa questa insalata?-

-Signora, perché è lei, un euro e cinquanta!-

-Troppo cara, un euro va benissimo.-

La donna ha vinto e si porta via il suo trofeo.

Il grande albero

30 giovedì Dic 2021

Posted by paolina campo in Sicilia, storia

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Catania, meraviglia, piazza Asmundo, storia, via della Mecca

Un grande albero osserva me mentre io osservo il dispiegarsi della storia. Ne ascolto il battito, il respiro, immaginando di leggere tra le pieghe del paesaggio, osservando ogni pietra, ogni elemento da cui evaporano parole e immagini. Una colata di asfalto raggiunge antichi basolati in pietra. Corde tese scorrono attraverso carrucole, in un andare e venire di bucato che profuma di pulito e di futuro: vestiti stesi al sole, rigeneratore di vita, raccontano di bambini che popoleranno la piazza nel pomeriggio, quando saranno liberi dai loro impegni scolastici. Non è grande questo scrigno circondato di storia che si perde nei secoli. In queste ore del mattino, il palazzo Asmundo, che da’ il nome alla piazza ed è uno splendido esempio del barocco catanese, resta all’ombra come una vecchia signora che ha paura di esporsi alla luce del sole: guarda con orgoglio la via Crociferi che le sta di fronte ( tra vecchie e nobili signore ci si intende) e si fa espressione di quella rinascita cittadina avvenuta dopo il terribile terremoto del 1693. Da un lontanissimo passato sento lo scalpitio rumoroso e cadenzato dei cavalli del conte Ruggero, al cui seguito la famiglia Asmundo aveva raggiunto la Sicilia. Originari di Pisa, ricoprirono importanti ruoli nella storia politica e culturale dell’isola. 1434: Adamo Asmundo, insieme a Battista Platamone, membro di un’altra famiglia prestigiosa nel ‘400, fondava l’Università degli studi di Catania, una delle più antiche d’Italia e del mondo.

Cosa nasconde l’ albero che continua a guardarmi, che continua a stuzzicare la mia curiosità? Un edificio, grande, maestoso e severo alle sue spalle odora di rigore e sapienza: un antico monastero dei gesuiti ormai dismesso, dimenticato. Le imponenti finestre si affacciano su via della Mecca e consegnano all’ albero le voci sapienti dei monaci che nel ‘700 popolavano il convento. Via della Mecca. No, non è un riferimento ad antiche religioni orientali, ma al grande sogno di un uomo che agli inizi del ‘900, aveva pensato a una casa cinematografica, l’ Etna Film, che nell’ idea di don Alfredo Alonzo doveva essere guardata come un miraggio, come un grande esempio per tutto il mondo.

Tra i rami del grande albero maturano storie e leggende e come frutti ormai troppo maturi, aspettano che qualcuno le raccolga e ne apprezzi il sapore.

Devo andare.

Le nuvole sono diverse

22 venerdì Ott 2021

Posted by paolina campo in pensieri, Sicilia

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donna, Giuditta, Sicilia, uomo

Parto da una considerazione. Per carità, lontana da me l’idea di emulare certi slogan tristi e banali.

Sono siciliana e sono una donna. A voler dare credito ai dibattiti che sfrecciano di recente sui giornali e sui social, nella mia affermazione c’è tutto per considerarmi una sfigata. Il fatto è che ciò di cui si parla spesso è fondato su certezze secolari, dure a morire che vivono in un non-tempo, un tempo statico chiuso in una gabbia, da dove un orecchio attento può ascoltare le grida di dubbi che vogliono tornare alla vita.

La Sicilia è “strutturata” in modo tale che non è mai riuscita a dare risalto alle proprie risorse.

Le donne sono “strutturate” in modo tale che non possono fronteggiare l’avanzata trionfale degli uomini.

Ma se ribaltassimo le prospettive tanto da riuscire a scorgere che l’essere “differenti” è una risorsa, che inseguire un modello che vada bene per tutto e per tutti porta inevitabilmente al blocco della creatività, dell’ essere unici tra le mille cose del mondo?

Un territorio chiede attenzioni diverse secondo la sua posizione geografica e le sue tradizioni che vanno tutelate e mai dimenticate, pena l’appiattimento delle emozioni: cosa proverei io, siciliana, se spostandomi in un altro luogo trovassi le stesse cose, la stessa atmosfera che ho in casa? E lo stesso chi viene nella mia terra ha voglia di scoprire, di stupirsi, di curiosare. Di conoscere. Nessun territorio può essere considerato un problema, una questione da risolvere (da chi spesso non conosce i termini di tale problema), un groviglio di contraddizioni (io le definirei ricchezze multiple), se venisse osservato secondo le opportunità che offre, se si lasciasse ai limiti di diventare propositi e progetti.

Le donne. Ma davvero è necessario assumere atteggiamenti da soldati consumati, avanzando con passi pesanti di chi non ce l’ ha duro, ma ci prova?

Le donne sono diverse dagli uomini. Certo. Come il sole è diverso dalla luna; come il mare è un’altra cosa rispetto alla terra; come i fiori sono differenti dai frutti e le foglie dai rami; gli alberi dagli arbusti; i fiumi dai laghi; i pesci dai crostacei e i mammiferi dagli ovipari. Quanta ricchezza in queste differenze! Ogni cosa al mondo ha un suo ruolo, la sua insostituibile importanza. Cosa è mancato, quindi, alle donne perché il loro ruolo è stato così spesso sottovalutato? Non certo la spavalderia. Non serve. Ciò che è mancata è stata l’ autorevolezza, spesso, ancora oggi, in molti campi, prerogativa degli uomini che preferiscono descrivere come irrilevante l’esperienza delle donne.

Nell’Antico Testamento, pochi sono i racconti dedicati alle donne ma c’è una storia che racconta di una donna, Giuditta, che ha messo in atto tutta la sua femminilità per salvare il suo popolo. La sua autorevolezza è stata riconosciuta dal consiglio degli anziani, la sua voce è stata ascoltata e la sua strategia non è stata sbeffeggiata dagli uomini. Giuditta, donna autorevole,  una sorta di Ulisse buono al femminile, con l’inganno è riuscita a introdursi in uno degli accampamenti delle truppe di Nabucodonosor, conquistandone la fiducia. Non ha avuto bisogno di atteggiarsi a maschio furente. Il suo ingegno, la sua determinazione di donna sono bastati a portare a termine il suo piano.

Troppe donne vivono all’ombra di uomini che non riescono a liberarsi del fardello di una tradizione patriarcale che li ha fatti sentire dominanti. Si è detto che bisogna “educare la nuova generazione di maschi”. Bisogna educare anche le nuove generazioni di madri. In questa parentesi che è la vita, tutti devono avere il diritto di guardare al proprio destino con orgoglio. Le nuvole in cielo corrono libere di assumere ognuna la propria forma, di raggiungere ognuna il proprio traguardo.

Abissi

22 martedì Giu 2021

Posted by paolina campo in Sicilia

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Veduta aerea della plaja di Catania

Ci sono giorni, cuore mio,

e sono tanti ormai,

che sto in bilico

tra ciò che è stato

e il mio essere qui e ora.

Ti sento cuore mio,

mi chiedi: e domani?

Un tempo lanciavo

ancore vicino porti

che sapevo sicuri.

Oggi lancio ancore

che sprofondano negli abissi

e non le vedo più.

Leggere il tempo è… “Via Etnea e le Piazze storiche di Catania” nei dipinti di Renzo di Salvatore. Da martedì 11 a venerdì 14 maggio 2021.

11 martedì Mag 2021

Posted by paolina campo in biblioteca, Catania, libri, cultura,, libri, Sicilia

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biblioteca Ursino Recupero Catania, eventi

Nel Corridoio dell’Elefante delle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” sui lunghi tavoli del settecento disegnati da Giovan Battista Vaccarini è allestita una suggestiva Mostra “Via Etnea e le Piazze storiche di Catania” che vuole essere un omaggio al grande ed ecclettico artista Renzo Di Salvatore.

Leggere il tempo è… “Via Etnea e le Piazze storiche di Catania” nei dipinti di Renzo di Salvatore. Da martedì 11 a venerdì 14 maggio 2021.
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