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amareilmare

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi della categoria: Sicilia

I racconti della strada

29 sabato Gen 2022

Posted by paolina campo in Sicilia

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Dickens, mercato, povertà, tra la gente

La Pescheria, mercato catanese

Il sole, servitore puntualissimo di tutte le attività, era appena sorto e aveva incominciato a far luce sulla mattina del tredici maggio milleottocentoventisette, quando Mr. Samuel Pickwick sorse come un altro sole dai suoi sonni, spalancò la finestra della sua camera da letto e si affacciò a guardare il mondo sottostante. Goswell Street era ai suoi piedi; alla sua destra, a perdita d’occhio, si vedeva Goswell Street; Goswell Street si stendeva alla sua sinistra; e il lato opposto di Goswell Street si trovava al di là della strada. “Tali” pensò Mr Pickwik “sono le ristrette vedute di quei filosofi che, paghi di osservare le cose situate di fronte a loro, non guardano alle verità che si nascondono dietro di esse. Sarebbe come se anch’io mi accontentassi di guardare Goswell Street per sempre, senza mai compiere lo sforzo di penetrare nelle contrade sconosciute che la circondano da ogni parte”

Charles Dickens, Il circolo di Pickwick

Allora caro Dickens, fammi strada tra le voci alte, basse; i movimenti di braccia, di mani, di gambe; i colori e le donne grasse, magre, per lo più madri di famiglia vecchio stampo, di quelle che al mattino “sorgono” con un grande problema da risolvere: cosa si mangia oggi? Si fanno largo tra le bancarelle, accompagnate da una di quelle borse con le ruote che si portano dietro con grande soddisfazione: le riempiranno fino all’orlo. Le ruote, che grande invenzione! Anche quell’uomo lì tira una specie di carretto con quattro ruote pesanti. Trasporta un gruppo elettrogeno, di quelli che erogano energia elettrica garantendo una certa mobilità, emettendo un verso come un animale preistorico, facendo da sottofondo al gran trambusto del mercato. L’uomo ha i capelli bianchi, lisci, non troppo lunghi e neanche troppo corti, la lunghezza giusta perché il vento li attraversi e li scompigli. Una barba anch’essa bianca e poco curata incornicia il suo viso gonfio mentre offre il suo servizio tra i vicoli del mercatino del giovedì. Pancia ridondante, stretta da un vecchio maglione scuro, atteggiamento serio di chi ha tanto da fare perché il suo bar ambulante funzioni al meglio: sul suo carretto si trova un mini frigorifero e una macchinetta per il caffè, di quelle che si tengono in casa insieme a delle pratiche e veloci cialde.

-Vuole un caffè signora? Una bibita per il bambino?-

Il carretto, come un bar che si rispetti, ha una sua insegna luminosa, una sorta di luminaria dove risalta una tazzina con il suo piattino e lucine a intermittenza che danno il senso del vapore di un bel caffè caldo.

Il mercatino è popolato da gente di cui non si conosce più il sorriso: qualcuno si avvicina al bar mobile con attenzione. E’ più facile litigare per il prezzo di una lattuga, lì almeno la distanza è garantita dalla bancarella.

-Quanto costa questa insalata?-

-Signora, perché è lei, un euro e cinquanta!-

-Troppo cara, un euro va benissimo.-

La donna ha vinto e si porta via il suo trofeo.

Il grande albero

30 giovedì Dic 2021

Posted by paolina campo in Sicilia, storia

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Catania, meraviglia, piazza Asmundo, storia, via della Mecca

Un grande albero osserva me mentre io osservo il dispiegarsi della storia. Ne ascolto il battito, il respiro, immaginando di leggere tra le pieghe del paesaggio, osservando ogni pietra, ogni elemento da cui evaporano parole e immagini. Una colata di asfalto raggiunge antichi basolati in pietra. Corde tese scorrono attraverso carrucole, in un andare e venire di bucato che profuma di pulito e di futuro: vestiti stesi al sole, rigeneratore di vita, raccontano di bambini che popoleranno la piazza nel pomeriggio, quando saranno liberi dai loro impegni scolastici. Non è grande questo scrigno circondato di storia che si perde nei secoli. In queste ore del mattino, il palazzo Asmundo, che da’ il nome alla piazza ed è uno splendido esempio del barocco catanese, resta all’ombra come una vecchia signora che ha paura di esporsi alla luce del sole: guarda con orgoglio la via Crociferi che le sta di fronte ( tra vecchie e nobili signore ci si intende) e si fa espressione di quella rinascita cittadina avvenuta dopo il terribile terremoto del 1693. Da un lontanissimo passato sento lo scalpitio rumoroso e cadenzato dei cavalli del conte Ruggero, al cui seguito la famiglia Asmundo aveva raggiunto la Sicilia. Originari di Pisa, ricoprirono importanti ruoli nella storia politica e culturale dell’isola. 1434: Adamo Asmundo, insieme a Battista Platamone, membro di un’altra famiglia prestigiosa nel ‘400, fondava l’Università degli studi di Catania, una delle più antiche d’Italia e del mondo.

Cosa nasconde l’ albero che continua a guardarmi, che continua a stuzzicare la mia curiosità? Un edificio, grande, maestoso e severo alle sue spalle odora di rigore e sapienza: un antico monastero dei gesuiti ormai dismesso, dimenticato. Le imponenti finestre si affacciano su via della Mecca e consegnano all’ albero le voci sapienti dei monaci che nel ‘700 popolavano il convento. Via della Mecca. No, non è un riferimento ad antiche religioni orientali, ma al grande sogno di un uomo che agli inizi del ‘900, aveva pensato a una casa cinematografica, l’ Etna Film, che nell’ idea di don Alfredo Alonzo doveva essere guardata come un miraggio, come un grande esempio per tutto il mondo.

Tra i rami del grande albero maturano storie e leggende e come frutti ormai troppo maturi, aspettano che qualcuno le raccolga e ne apprezzi il sapore.

Devo andare.

Le nuvole sono diverse

22 venerdì Ott 2021

Posted by paolina campo in pensieri, Sicilia

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donna, Giuditta, Sicilia, uomo

Parto da una considerazione. Per carità, lontana da me l’idea di emulare certi slogan tristi e banali.

Sono siciliana e sono una donna. A voler dare credito ai dibattiti che sfrecciano di recente sui giornali e sui social, nella mia affermazione c’è tutto per considerarmi una sfigata. Il fatto è che ciò di cui si parla spesso è fondato su certezze secolari, dure a morire che vivono in un non-tempo, un tempo statico chiuso in una gabbia, da dove un orecchio attento può ascoltare le grida di dubbi che vogliono tornare alla vita.

La Sicilia è “strutturata” in modo tale che non è mai riuscita a dare risalto alle proprie risorse.

Le donne sono “strutturate” in modo tale che non possono fronteggiare l’avanzata trionfale degli uomini.

Ma se ribaltassimo le prospettive tanto da riuscire a scorgere che l’essere “differenti” è una risorsa, che inseguire un modello che vada bene per tutto e per tutti porta inevitabilmente al blocco della creatività, dell’ essere unici tra le mille cose del mondo?

Un territorio chiede attenzioni diverse secondo la sua posizione geografica e le sue tradizioni che vanno tutelate e mai dimenticate, pena l’appiattimento delle emozioni: cosa proverei io, siciliana, se spostandomi in un altro luogo trovassi le stesse cose, la stessa atmosfera che ho in casa? E lo stesso chi viene nella mia terra ha voglia di scoprire, di stupirsi, di curiosare. Di conoscere. Nessun territorio può essere considerato un problema, una questione da risolvere (da chi spesso non conosce i termini di tale problema), un groviglio di contraddizioni (io le definirei ricchezze multiple), se venisse osservato secondo le opportunità che offre, se si lasciasse ai limiti di diventare propositi e progetti.

Le donne. Ma davvero è necessario assumere atteggiamenti da soldati consumati, avanzando con passi pesanti di chi non ce l’ ha duro, ma ci prova?

Le donne sono diverse dagli uomini. Certo. Come il sole è diverso dalla luna; come il mare è un’altra cosa rispetto alla terra; come i fiori sono differenti dai frutti e le foglie dai rami; gli alberi dagli arbusti; i fiumi dai laghi; i pesci dai crostacei e i mammiferi dagli ovipari. Quanta ricchezza in queste differenze! Ogni cosa al mondo ha un suo ruolo, la sua insostituibile importanza. Cosa è mancato, quindi, alle donne perché il loro ruolo è stato così spesso sottovalutato? Non certo la spavalderia. Non serve. Ciò che è mancata è stata l’ autorevolezza, spesso, ancora oggi, in molti campi, prerogativa degli uomini che preferiscono descrivere come irrilevante l’esperienza delle donne.

Nell’Antico Testamento, pochi sono i racconti dedicati alle donne ma c’è una storia che racconta di una donna, Giuditta, che ha messo in atto tutta la sua femminilità per salvare il suo popolo. La sua autorevolezza è stata riconosciuta dal consiglio degli anziani, la sua voce è stata ascoltata e la sua strategia non è stata sbeffeggiata dagli uomini. Giuditta, donna autorevole,  una sorta di Ulisse buono al femminile, con l’inganno è riuscita a introdursi in uno degli accampamenti delle truppe di Nabucodonosor, conquistandone la fiducia. Non ha avuto bisogno di atteggiarsi a maschio furente. Il suo ingegno, la sua determinazione di donna sono bastati a portare a termine il suo piano.

Troppe donne vivono all’ombra di uomini che non riescono a liberarsi del fardello di una tradizione patriarcale che li ha fatti sentire dominanti. Si è detto che bisogna “educare la nuova generazione di maschi”. Bisogna educare anche le nuove generazioni di madri. In questa parentesi che è la vita, tutti devono avere il diritto di guardare al proprio destino con orgoglio. Le nuvole in cielo corrono libere di assumere ognuna la propria forma, di raggiungere ognuna il proprio traguardo.

Abissi

22 martedì Giu 2021

Posted by paolina campo in Sicilia

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Veduta aerea della plaja di Catania

Ci sono giorni, cuore mio,

e sono tanti ormai,

che sto in bilico

tra ciò che è stato

e il mio essere qui e ora.

Ti sento cuore mio,

mi chiedi: e domani?

Un tempo lanciavo

ancore vicino porti

che sapevo sicuri.

Oggi lancio ancore

che sprofondano negli abissi

e non le vedo più.

Leggere il tempo è… “Via Etnea e le Piazze storiche di Catania” nei dipinti di Renzo di Salvatore. Da martedì 11 a venerdì 14 maggio 2021.

11 martedì Mag 2021

Posted by paolina campo in biblioteca, Catania, libri, cultura,, libri, Sicilia

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biblioteca Ursino Recupero Catania, eventi

Nel Corridoio dell’Elefante delle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” sui lunghi tavoli del settecento disegnati da Giovan Battista Vaccarini è allestita una suggestiva Mostra “Via Etnea e le Piazze storiche di Catania” che vuole essere un omaggio al grande ed ecclettico artista Renzo Di Salvatore.

Leggere il tempo è… “Via Etnea e le Piazze storiche di Catania” nei dipinti di Renzo di Salvatore. Da martedì 11 a venerdì 14 maggio 2021.

Lu pisci spada

17 mercoledì Feb 2021

Posted by paolina campo in libri, Sicilia

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Domenico Modugno, pesca, pesce spada, stretto di Messina

Si distinguevano all’orizzonte, stretto tra Capo Peloro e Punta Pezzo, i colori decisi del nuovo giorno in arrivo: rosso, rosa, arancio, blu, grigio, mentre dietro le rocce calabresi arrivava il bagliore luminoso del sole. Mimmo guardava estasiato quell’imbuto di mare e pensò che era proprio un ragazzo fortunato: stava vivendo la sua vita con quella libertà che mai avrebbe immaginato e se ne nutrì ascoltando il suono del mare, il silenzio dei colori dell’alba e l’ energia di alcuni pescatori impegnati nell’avvistamento di un grosso pesce.

-Va’ cchiù susu!! Tuttu rittu, comu ora!! Acchiappalu! Acchiappalu!-( Vai più su! Tutto dritto, come ora! Prendilo! Prendilo!)

Il ragazzo si mostrò divertito da quelle voci che si sovrapponevano, si rincorrevano allo stesso modo con cui seguivano lo spostamento di quel pesce sulla superficie del mare.

-Don Vicè, ma che fa quello là sopra?-

A don Vicè quel ragazzo piaceva, gli piaceva il suo coraggio, l’inconsapevole tenacia con cui seguiva il suo destino.

-Quella barca si chiama luntro e i pescatori la usano per pescare il pescespada. Sai perché si chiama così questo pesce?-

-Perché ha una spada sopra il muso.-

-Sì, e gli serve per tagliare le correnti che qui sono forti. Vedi, proprio al centro del luntro, c’è un albero che si chiama farere. In cima al farere sale l’avvistatore che, appena il pescespada viene segnalato, a gran voce ne indica il percorso a pelo d’acqua e la barca si muove al suo inseguimento. I rematori danno più forza alle loro braccia, incitandosi a vicenda e il fiocinatore, ritto a poppa, aguzza la vista e con mira spesso infallibile, infilza il pesce. Sai che quando  si avvista una coppia di pescespada si infilza prima la femmina? Il maschio non la lascia, le resta sempre vicino e così è più  facile infilzare pure lui.-

-Mamma mia! E’ brutto così!-

-Eh sì, ma queste sono le leggi della pesca.-

Don Vicè strizzò l’occhio al suo giovane amico e intonò una canzone:

–Chist’è na storia

 d’un pisci spada

storia d’amuri!-

Sulle note della canzone di Domenico Modugno, si lasciò dietro le voci dei pescatori dello Stretto, mentre il sole ormai segnava una lunga scia luminosa sul mare Ionio e Marunnuzza, la bella barca di don Vicè, navigava alla volta del mar Tirreno, verso il porto di Milazzo.

Befè, Viscottu e Minè-Poesie metasemantiche

12 martedì Gen 2021

Posted by paolina campo in Sicilia

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fantasia, parole metasemantiche, siciliano

Cos’è una poesia metasemantica? E’ una poesia dove le parole, vere e inventate, corrono come onde sulla superficie del mare e rumoreggiano, parlano, costruiscono un linguaggio sonoro così che è possibile sentire ” ‘u scrusciu “, il rumore di ciò che si racconta. Nella poesia metasemantica la fantasia vola. Come non pensare al ” Lonfo” di Fosco Maraini:

IL LONFO

Il lonfo non vaterca né gluisce

e molto raramente barigatta,

ma quando soffia il bego a bisce bisce

sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta.

È frusco il lonfo! È pieno di lupigna

arrafferìa malversa e sofolenta!

Se cionfi ti sbiduglia e t’arrupigna

se lugri ti botalla e ti criventa.

Eppure il vecchio lonfo ammargelluto

che bete e zugghia e fonca nei trombazzi

fa lègica busìa, fa gisbuto;

e quasi quasi, in segno di sberdazzi

gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto

t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.

Nella tradizione popolare siciliana ci sono diversi esempi di poesie, filastrocche che potrebbero rientrare nella categoria di poesie metasemantiche. Parole come tirittuppete, pitipinchiuni, firriolu hanno un forte valore onomatopeico; improbabili nomi propri come Mao, Befè, Viscottu, Minè aprono finestre fantastiche di personaggi inesistenti eppure così realistici.

C’era na vota un Mao

tirittuppete e cariu

vinni ‘u mericu e muriu.

Ahi! Moru! Cu cappeddu e u firriolu.

Una caduta ( tirittuppete ), un medico e il fantomatico Mao che si lamenta di morire con il cappello e il firriolo, un bastone che per vanità faceva firriari, girare.

C’era na vota un re Befè Viscottu e Minè

c’aveva na figghia Bifigghia Viscottu e Minigghia.

Sta figghia Bifigghia Viscottu e Minigghia

aveva n’aceddu Befeddu Viscottu e Mineddu.

Aceddu Befeddu Viscottu e Mineddu

un ghiornu vulò.

Allura u re Befè Viscottu e Minè

lanciò un bannu:

CU TROVA L’ ACEDDU BEFEDDU VISCOTTU E MINEDDU

CI RUGNU A ME FIGGHIA BIFIGGHIA VISCOTTU E MINIGGHIA.

Si prisintò un picciotto vavusu fitusu viscottu e minusu.

Allura lu re Befè Viscottu e Minè ci dissi:

e io pi n’aceddu befeddu viscottu e mineddu

ti rugnu a me figghia Befigghia Viscottu e Minigghia?

Vattinni! Vavusu fitusu murbusu viscottu e minusu!

Un re non potrebbe mai sopportare di dare in moglie la propria figlia a un vagabondo.

Le acconciature della Montagna

04 lunedì Gen 2021

Posted by paolina campo in Etna, Sicilia

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Etna, racconti, Sicilia

https://amareilmare.wordpress.com/2016/01/24/le-acconciature-della-montagna/

I racconti del vulcano

03 domenica Gen 2021

Posted by paolina campo in Etna, Sicilia, vulcano

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Bronte, ducea di Nelson, leggende etnee, Maniace

C’ era una volta, e c’è ancora in località Maniace, graziosa frazione di Bronte, paese alle pendici del vulcano Etna, una Ducea appartenuta a Horatio Nelson, eroe di Trafalgar. Un’antichissima leggenda narrava che nel libro del destino era scritto che la siciliana Bronte finisse, un giorno, nelle mani degli inglesi. Si raccontava, infatti, che alla morte di Elisabetta I, il corpo dell’eretica regina fosse stato preso da una schiera di diavoli e condotto, attraverso la Manica e la Francia, in Italia e infine in Sicilia. Qui, i diavoli lasciarono cadere il corpo della regina nel cratere dell’Etna e una scarpetta scivolò dal piede della sovrana che rotolò fino ad arrivare nei pressi di Bronte. La favola continua. Si racconta che l’ammiraglio britannico Nelson, al momento di ricevere l’investitura di duca nel Palazzo Reale di Palermo, dopo le sue ripetute vittorie nel Mediterraneo contro i francesi, venisse avvicinato da una donna misteriosa. Questa donò al duca un cofanetto che conservava la scarpetta della regina che Nelson, poi, regalò alla sua amante, Lady Emma Hamilton. Il gesto irritò la misteriosa signora che, poco prima della battaglia di Trafalgar, annunciò la sua morte.

La ricchezza del “NIENTE”

27 venerdì Nov 2020

Posted by paolina campo in Sicilia

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Alberghiera, Ballarò, Palermo, Protonotaro

Cominciai la mia avventura scolastica a Palermo proprio nei pressi del mercato storico di Ballarò, cuore pulsante di un quartiere normanno il cui nome, Albergheria, indica una terra a mezzogiorno, illuminata da un sole raggiante. Albergheria, da Albahar, nome con cui i saraceni chiamarono “mare” quel lago così grande e vasto dentro la città, probabilmente formato dall’incontro di due fiumi, il Papireto e il Kemonia, ricco di pesci e circondato da un muro adorno di barchette d’oro e d’argento. Il mercato era allora frequentato da mercanti arabi che da Bahlara, villaggio nei pressi di Monreale, popolavano ogni giorno il quartiere dell’ Albergheria per vendere, comprare, litigare e scendere a patti.

Quanto basta per immaginarsi in una storia da Mille e una notte.

Nel XVIII secolo, in una delle case dell’antico rione nasceva Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro. Figlio di un mercante di stoffe, fu alchimista, mago, avventuriero, falsario, guaritore e, durante il secolo dei lumi, trascorse la sua vita girovagando in lungo e in largo per le corti di tutta Europa. La sua vita e la sua morte sono avvolte dal mistero e, secondo una leggenda popolare che circolava tra le vie del quartiere dell’ Albergheria, il suo corpo era arrivato in Sicilia e sepolto in una nicchia delle catacombe dei Cappuccini a Palermo.

Frequentavo la scuola media del Protonotaro che si trovava su una strada stretta, un cordone di congiunzione tra il quartiere dell’Albergheria da sempre popolata da mercanti, maghi, donne vocianti per le strade, e il Cassaro, elegante e signorile, ricco di palazzi, chiese e monasteri. Questo budello di congiunzione tra le due facce più emblematiche di Palermo portava lo stesso nome della scuola.

Il Protonotaro era un personaggio potentissimo in epoca normanna e sveva, con incarichi importanti. Era un consulente del re. Come non pensare a Pier della Vigna, protonotaro alla corte di Federico II di Svevia che Dante immagina di incontrare nel secondo girone del VII cerchio dell’Inferno. Il nome di questa via non ricorda lo sfortunato personaggio dantesco, ma don Ignazio Papè, Protonotaro del Regno delle due Sicilie verso la metà del 1700, che proprio lì aveva la sua sontuosa residenza, con ampi saloni e affaccio sul Cassaro.

Andavo e tornavo da scuola a piedi, attraversando voci, colori, misteri conditi dai profumi di una tradizione che resisteva al tempo; ascoltando le storie che da ogni angolo, da ogni pietra sembravano sgorgare; osservando stupita le bancarelle del mercato cariche di frutta, verdure, spezie e aromi che si alternavano a quelle del pesce, della carne, delle olive, delle conserve, del pane. Tra la baraonda di parole abbanniate che saltellavano scoppiettanti tra la merce esposta, se ne sentiva qualcuna che, attraversando il mercato con flemma indicibile, portava con sé un odore forte, come di pizza riccamente condita.

-Cavuru, cavuru è!²-

Ma come? Faceva già caldo! Un uomo trainava a mano il suo carretto e ignaro del trascorrere delle stagioni, attirava la gente con la sua voce e il forte odore di focaccia, salsa di pomodoro, cipolla, formaggio, mollica. Un ciavuru, un odore che attraversava le narici e inebriava la mente tanto che, anche in estate, lo sfincione si preferiva al cono gelato.

E poi panelle e crocchette di patate gialle come il sole e panini con la milza cotta nella sugna bollente come la terra di mezzogiorno… lanciavano il loro invito da bottegucce affollate di gente, che ogni giorno transitava per il mercato di Ballarò.

-Che mangiamo stasera?-

-Niente, vai a Ballarò e prendi quattro panini con panelle e crocchè.-

E quel niente si condiva di forti sapori e intensi profumi. Niente, solo un po’ di storia e tanta vita.

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