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Come un ciottolo lanciato in mare, così il villaggio di Unal e Elos si sviluppa in uno spazio assolato della foresta: dal centro, la struttura si dispone su cerchi concentrici, via via sempre più grandi e sempre più evanescenti.

É sera e il sole saluta il giorno, mentre la luna sorge per custodire i sogni degli abitanti del piccolo villaggio. Unal e Elos giocano ancora insieme fino a quando le loro madri li intimano di tornare alle capanne.

I due adolescenti si salutano per l’ultima volta. Appena il sole sorgerà di nuovo, Elos sarà accompagnato da suo padre alla casa degli uomini. È la legge del villaggio, la cui struttura circolare esprime chiaramente l’opposizione tra maschio e femmina, sacro e profano.

La casa degli uomini si trova al centro del grande spazio circondato da alberi altissimi, diviso ad anelli concentrici proprio a partire dalla casa degli uomini dove vivono i celibi e che diventa, occasionalmente, punto di ritrovo per gli uomini sposati. Le donne non hanno accesso a questa sorta di ombelico del mondo e Unal lo sa. Sa che il suo destino è quello di vivere in una capanna alla periferia del villaggio insieme alle altre donne; sa che dovrà occuparsi delle faccende domestiche e dei figli la cui sorte sarà gestita dagli uomini.

Sa che le è vietato oltrepassare il cerchio di cespugli che chiudono l’ampio spazio attorno alla casa degli uomini.

Elos quella sera, prima di salutarla, le racconta che in suo onore gli uomini hanno organizzato riti propiziatori e danze da eseguire nell’ anello di terra oltre i cespugli.

É sera. E poi mattina. Elos va via. Sembra che il ciclo del giorno e della notte si sia invertito. Il suo sole è scomparso dietro i cespugli.

É di nuovo sera. Le voci degli uomini che danzano, mentre esibiscono i loro arnesi sacri, arrivano chiare alla periferia, all’ultimo anello del villaggio.

Unal fugge dalla capanna, raggiunge la foresta e si arrampica su un albero altissimo.

Sorge tra i rami e osserva il suo sole ormai irraggiungibile.