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Era di nuovo Natale. La signora Maria si apprestava ad adornare la casa di luci e lucine, presepi e alberelli grondanti di palline di tutti i colori. Viveva da qualche tempo da sola in quella casa, così grande da contenerci tutti gli anni della sua vita. Ogni parete, porta, finestra o balcone erano libri su cui erano raccontate le storie di tutti quelli che erano nati, accolti, amati da quella piccola signora. Durante i giorni dedicati agli addobbi e alle preghiere a Gesù Bambino, la facciata del suo condominio era stata ingabbiata da un ponte di ferro per agevolare i lavori di ristrutturazione. Tra gli operai che attraversavano i piani del ponte, c’era Marcello, un bravo ragazzo che la signora Maria conosceva già da qualche tempo. Giovane, forte, con un sorriso buono e tanti sogni da realizzare.

            – Sa signora Maria, mi piacerebbe allenare al gioco del calcio i bambini del mio quartiere e poi mi piace tanto fare i presepi, grandi e con tanti pastorelli.

In queste brevi conversazioni c’era la condivisione della possibilità di realizzare dei sogni e l’incitamento, da parte della donna, a credere sempre ai propri sogni. Poi un caffè, un sorriso e si tornava al lavoro, alle proprie faccende.

Chiusa la parentesi con Marcello, la signora tornava a vagare tra i percorsi infiniti della sua casa. Una mattina, che già aveva completato di sistemare il presepe, decise di scrivere a Gesù Bambino.

Lettera a Gesù Bambino

Caro Bambinello,

sono anziana, lo so. Lo so che aspetti che ti scrivano i bambini, ma so anche che non negherai attenzione a un cuore che è rimasto fanciullo e non fa la conta degli anni che sono trascorsi. Un cuore che continua a vedere volare nel cielo i sogni più strani e cose impossibili, i sorrisi più ingenui e i ricordi più belli.

Ti chiedo Bambinello bello, fa che tutti nel mondo scoprano di avere un cuore fanciullo e scoprano di avere il coraggio di ascoltare il richiamo alla gioia; fa che nessuno venga umiliato in nome Tuo o in nome di una pace costruita su false argomentazioni; non permettere a nessuno di oscurare i cuori con sensi di colpa costruiti con mattoni pesanti per seppellire la tenacia, l’orgoglio, la forza e l’impegno di tanti sorrisi e tanto lavoro. Che la pace, quella vera, quella che salva la dignità di una persona, di un popolo ci raggiunga su questa terra come un raggio luminoso che vivifica un fiore. Ancora ti chiedo, Bambinello bello, di permettermi ancora e per tutti i giorni che mi rimangono, di volare leggera tra le vie della fantasia, che la mia mente trovi sempre la strada dove il mio cuore possa sentirsi fanciullo.

Chiuse bene la lettera, la infilò in una busta e la poggiò in un angolo del presepe.

Trascorsero i giorni e  giunse la notte di Natale. Le luci sembravano sfavillare di una luce più allegra e vivace. Lei restava a guardare lo scintillio che attraversava il presepe, aspettando la mezzanotte quando avrebbe deposto il Bambinello nella mangiatoia, come da tradizione. Quella notte, sentì le campane annunciare il Natale e sentì anche il suono di una zampogna farsi sempre più vicino. I pastorelli s’erano come destati da un sonno che durava da secoli e si avviavano proprio verso di lei. Impietrita da quella visione, lasciò che quello che doveva accadere, accadesse. Divenne piccola come i pastori e insieme a loro si diresse verso la mangiatoia, recitando la sua preghiera mentre gli occhi le si erano riempiti di pianto.

TANTI AUGURI