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Era una mattina strana. Dalle fessure delle finestre appena socchiuse, non arrivava tanta luce. Fuori, il sole aveva di certo difficoltà a farsi spazio tra i nuvoloni scuri che già il giorno prima avevano preso possesso della porzione di cielo sopra il paese.

Faceva freddo, e il letto era un nido caldo da cui non si riusciva a uscire. Eppure gli uccellini erano in giro da un pezzo: li sentiva scambiarsi cinguettii, mentre saltavano da un ramo a un altro degli alberi che popolavano il suo giardino. Ma Lucia non aveva voglia di dare inizio alla sua giornata.

Richiuse gli occhi e si riaddormentò. Si vide seduta su uno scoglio emerso da una spiaggia nera, dove, qua e là, apparivano cespugli verdi che abbracciavano piccoli fiori gialli. Non c’era nessuno su quella battigia, faceva freddo e il mare sembrava irrequieto. Cosa lo turbava?

Sentì quell’irrequietezza scivolarle dentro e il suo animo iniziò a agitarsi. Quante cose aveva da chiedere al mondo? E quelle onde, quante risposte cercavano tra il fragore dell’acqua mossa dalle correnti?

A un tratto si vide travolta da un’onda.

Avvolta dall’acqua, si vide trasportata lontano mentre si diffondeva, in quel turbinio, il racconto che il mare stava recitando a gran voce ai suoi abitanti. Ebbe paura.

  – Annego! – gridò.

Si svegliò madida di sudore.

Fuori aveva iniziato a piovere. Lo scroscio dell’acqua piovana arrivava nitido nella stanza. Il sole , quel giorno, non sarebbe entrato e Lucia preferì rimanere nascosta tra le lenzuola calde del suo letto.