Non credo di avere mai voluto chiedere tanto dalla vita. Solo alcune cose per me davvero importanti: circondarmi di ottimi libri; sentire vicino a me l’allegria e la dolcezza della mia famiglia; indossare ogni tanto un bel vestito e godere della gioia di una serata di musica e bellezza; discutere di ciò che ho nel cuore senza sentire imbarazzo; aprire le braccia al mondo così che possa venirmi sempre incontro con la semplicità e la spontaneità di un giorno appena sorto.
In questo mio essere “donna senza troppe pretese”, non ho mai accolto con eccessivo entusiasmo la possibilità che a ricoprire il ruolo di presidente del consiglio sia una donna, se di quello che dice non riesco a condividere neanche una virgola; se non apprezzo il suo modo di muoversi, di stare su un palco, di fare della storia un revival di cui preoccuparsi. Eppure, una donna sarà presidente del consiglio: evento unico nella storia italiana di cui dovrei essere orgogliosa e invece mi confonde. Avrei preferito essere rappresentata da una persona, uomo o donna, autorevole e non autoritaria; una persona che affascina e non trascina con i suoi discorsi; una persona con un sorriso rassicurante e non con un ghigno da tigre all’attacco.
Nel guazzabuglio che ha scatenato la politica negli ultimi tempi, ha vinto la rabbia. Vorrei fare mie le considerazioni di un giovane che stimo e scrive molto meglio di me: tra i vinti c’è sempre stato il desiderio di riscatto e per questo sono necessarie profonde valutazioni su cosa non ha funzionato. Perdere per riflettere su equilibri minati da opportunismi e cattiva gestione della politica. Quella vera.