E ti pare appellativo degno?…Ti pare che una terra che guarda tutta la costa da Catania a Siracusa, si può mortificare accussì? Avvilire accussì? Dirle: – Cara mia, in fondo che sei? Quattro scogghi malamente scozzolati sulla collina, quattr’ossa manco buone a piantarci una vigna?- Avanti, rispondimi.
Nelle acque tranquille del mar Tirreno, vivevano tanti pesci: chi andava su, chi andava giù; chi nuotava a destra e chi a sinistra. Avevano tutti un gran da fare tutto il giorno, ma poi, alla sera, tutti tornavano al luogo da dove erano partiti: un’immensa grotta in fondo al mare dove, appoggiato a una parete, si trovava un grande libro con enormi fogli bianchi. I pesci, al ritorno dai loro viaggi, scrivevano, sulle pagine del volume sottomarino, le storie che avevano ascoltato dalle conchiglie che si muovevano lente sugli scogli. Una volta al mese, la fata degli abissi radunava tutti i pesci e chiedeva a uno di loro di leggere ciò che aveva scritto. Mupe, scorfanelle, polpi, lampughe e cernie accorrevano lieti per partecipare al grande evento. Quando tutti avevano preso posto, da un angolo della caverna partivano tante bollicine per avvolgere e accompagnare il prescelto al centro della grotta. Le storie erano tutte interessanti, alcune commoventi, altre allegre. Quelle lette dai polpi erano a dir poco stravaganti e a volte complicate. Una volta un polpo, che tempo per raccontare ne aveva ormai poco, iniziò a leggere la storia della sua breve vita come fosse un’apertura e chiusura di parentesi tonde, quadre e graffe.
Risolte le operazioni in parentesi tonda riguardante la sua infanzia, era poi passato al calcolo della sua giovinezza in parentesi quadra. Infanzia più giovinezza uguale età adulta che, in parentesi graffa, si andava a moltiplicare con il valore della compagna della sua vita e il risultato era un numero elevato al quadrato di piccoli polipetti. Così concludeva la sua dissertazione e tutti applaudivano con soddisfazione.
Ma la storia più tenera che s’era sentita era quella di uno scorfanello che si era innamorato di una rondinella. Una volta, al tramonto, era salito in superficie, e la vide volare allegra insieme alle sue compagne. D’un tratto i loro sguardi si incontrarono ed entrambi si fermarono, assaporando quell’attimo di tenerezza. Tramonto dopo tramonto, attesero di guardarsi, alimentando il loro amore fino a quando il vento portò via per sempre la rondinella. Da allora lo scorfanello soffrì di una tristezza sorridente che lo accompagnò per tutta la vita. Era triste ma sorrideva quando, chiudendo gli occhi, aveva l’impressione di vederla. Applausi.
È la vita. Un grande spazio dove su strade complanari è possibile seguire un percorso, imboccare uno svincolo, seguire un raccordo, girare attorno a una rotatoria, andare avanti per un rettilineo e poi incontrare una curva circolare dove le ruote stridono, il manubrio rischia di impazzire e il percorso diventa arduo. Qui la velocità si scontra con il tempo che fa i conti con l’incertezza e la paura di non farcela, e per questo si dilata.
È la vita. Ha la sua segnaletica, indica pericoli e divieti e spesso ci sentiamo soli.
…la solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice…
José Saramago, L’anno della morte di Ricardo Reis
Chissà se in questo grande spazio c’è Via della Gratitudine? Se esiste è piena di negozi, con vetrine scintillanti dove sono esposti sorrisi. Sorrisi in vendita per tutte le occasioni: sorrisi di bambini, questi sono i più preziosi; sorrisi di innamorati, di giovani e anziani. Poi ci sono i sorrisi di chi osserva e si meraviglia.
Quanto costano questi sorrisi?
Costano tanto, specie a chi è avaro di sguardi interessati.