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Salina

Quel giorno di primavera si decise di andare alla Praiola. Nonostante avessi vissuto tanti anni sull’isola, pensavo che avremmo raggiunto un campo dove crescevano spontanei rigogliosi papaveri e profumato finocchietto selvatico, come in tanti appezzamenti di terra coltivati a ortaggi o capperi. Per questa mia convinzione non mi impegnai mai a saperne di più, né, tra i miei amici o conoscenti, qualcuno mi aveva mai invitata a fare una passeggiata da quelle parti. Così, quando ricevetti l’invito, accettai volentieri, pensando sempre che sarei arrivata in un campo pieno di papaveri. Partimmo presto quel pomeriggio e iniziammo a seguire uno stretto sentiero, un percorso che si faceva largo tra antichi terrazzamenti abitati da secolari alberi di ulivo, severi nella loro arcaica maestosità, e allegre ginestre odorose la cui chioma ramificata sembrava volere accarezzare i visi di chi in quel momento popolava quella parte di montagna. La terra arida, le pietre disseminate lungo il cammino e l’idea di incontrare serpi che avrebbero sfidato l’audacia di qualunque visitatore, imponeva una certa attenzione. Quindi era necessario  fermarsi di tanto in tanto se si voleva  guardare il mare che ai piedi della montagna si mostrava così trasparente da mostrare gli scogli sott’acqua, per poi, man mano, abbandonare il verde riflesso alla riva, per diventare più blu e poi sbiadire fino a quando sembrava congiungersi con il cielo. Dopo un breve intervallo di abbandono poetico, bisognava tornare sui propri passi e godere  dell’odore delle erbe selvatiche e del brivido improvviso che attraversava la schiena quando si avvertiva un fruscio: avevamo infastidito un serpente? Arrivammo a Valle Spina e fu tutta una sorpresa. Non c’erano papaveri, ma un grande spazio aperto, una fetta di mondo, specchio di tutto ciò che la circondava, capace di generare una catena di emozioni che si espandeva come galassia che pulsava di vita. E la Praiola?  Un tratto di costa, alla fine di una scarpata dove la roccia si tuffava, dove la sera si poteva osservare la magia di un amore negato: dopo un rapido sguardo, il sole e la luna si dicevano addio mentre l’uno spariva sul suo cavallo dorato e l’altra  sorgeva, illuminando la costa di luce argentata.