
Quella parte della giornata che scorreva come un fiume tra il sole che sorge e il sole che tramonta non era una parentesi di tempo preferita dal pensiero ibrido. Rumori, parole, gesti sempre uguali frenavano la sua inventiva, la sua creatività di essere sempre diverso pur mantenendo il suo sé primigenio. E poi, in quel frangente di tempo, la gente andava veloce, si intasava la mente di rumorosi e roboanti impegni. C’era chi andava da una parte, chi dall’altra; chi accelerava il passo e chi guardava sempre il suo orologio. Certo, c’era chi vestiva abiti eleganti, chi abiti sportivi; chi portava i capelli lunghi e chi i capelli corti. Tutti, però, avevano la stessa espressione: quella di una piccola pietra trasportata dal fiume che corre veloce alla foce. Ma chi sognava di giorno? Chi coltivava l’eleganza dello sguardo, dell’ ascolto, dell’abbraccio? Il pensiero ibrido ebbe l’idea che le cose, tutte le cose del mondo, racchiudessero i sogni di notte e di giorno, ora e per sempre, attendendo che qualcuno, in quel frangente di vita tra Elios che sorge e Elios che tramonta, si fermasse a guardarle. Pensò che le cose, gli oggetti, un vaso, una tazza, una barca, fossero i custodi di un tempo infinito, che è quello del racconto, della storia. Chissà cosa avrebbero pensato tutti i pensieri di chi era attento solo al tempo del proprio orologio! Che assurdità! Le cose! Figuriamoci!
Il pensiero ibrido non si curava degli altri. Aspettava la notte e impaziente si tuffava nei sogni di chi finalmente si era fermato. Gli capitò di immergersi in un sogno splendente come il cielo d’estate. Era dentro un lago dove il cielo si era specchiato. Era azzurro e abitato da una barchetta che chiacchierava con la sua immagine riflessa sull’acqua (il suo passato? Il suo presente?), mentre microorganismi giocavano a nascondino tra le alghe tese all’ascolto. C’era grande vivacità in quello specchio di acqua increspato da piccoli cerchi concentrici generati dalla vita del lago.
La barchetta raccontava di mani callose e pelle indurita dal sole e dal sale; di ricchi mercanti che esportavano il sale prodotto in quello specchio di acqua e che diede il nome a un’isola verde del Mediterraneo. Una nuvola grossa avanzò lenta, distribuendo la sua immagine sulla superficie liquida e salmastra arricciata qua e là dai vortici dell’acqua.
-Sulla riva brillano ancora cristalli di sale. Anche loro hanno tanto da raccontare.-
La sua voce calda e avvolgente si diffuse come canto, melodia che raggiunse ogni goccia, ogni alito di vento, ogni pietra.
All’improvviso, arrivò da lontano un ticchettio che sbalzò fuori dal lago il pensiero ibrido e dopo un tic e un toc ripetuti con cadenza sempre uguale, si fermò il tempo del racconto e tutti i pensieri affannati misero a tacere la voce delle cose.