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Era d’estate e la frescura arrivava da un timido vento che attraversava i rami di un albero di fichi maturi, dolci, verdi come alghe che Dionisio s’era divertito a rubare a Poseidone per comporre quelle grosse gocce di zucchero che pendevano sopra fiori che ne avevano replicato i colori.

Era d’estate e i fiori dei capperi affidavano al sole il loro volto più bello, la loro immagine più spettacolare . Quella stessa che i fichi serbavano all’interno del loro involucro verde smeraldo: steli piccoli e morbidosi, bianchi; filamenti lunghi, protesi al sole, anch’essi bianchi. Poi, come goccioline sfuggite dai colori dell’ arcobaleno, puntini viola a definire il disegno degli steli e dei filamenti.

Era d’estate e nell’ozio forzato di un caldo schiacciante, riflettevo su come i colori riescono a dare ragione della diversità che esiste in natura: molti fiori, frutti, ortaggi condividono il verde, il viola, il bianco ed altri colori, mischiandoli in maniera diversa, creando bellezza. Così come avere un naso, una bocca, due occhi: sono comuni a tutti gli esseri umani e gli animali che attraversano le acque, il cielo e la terra. Tutti abbiamo un naso, una bocca, due occhi eppure quanta varietà, quanta bella diversità.

Eh sì, era d’estate. Faceva tanto caldo e la mia mente vagava, cercava un rimedio a quell’ozio forzato.