
“Producendo innanzitutto le erbe di ogni genere, e la verzura splendente, la terra ne ricoprì dovunque le colline e le pianure; i prati fioriti brillarono d’un colore verdeggiante; poi i diversi tipi di alberi poterono slanciarsi a piacimento nell’aria, senza né freno né redini per imbrigliarne la crescita.” Lucrezio, DE RERUM NATURA, Garzanti editore, 1975, libro V, vv. 783-787
UNA PICCOLA GOCCIA
-Sono stato a Catania. Sono passato da Cibali, ho rivisto mio padre. E’ sempre lì ad aggiustare biciclette.-
-Sei passato da Ognina? Hai visto mia madre? Hai incontrato mio padre? Hai parlato con Rosetta?-
-Siediti. Sono passato da casa tua. Le porte, le finestre erano tutte chiuse. Ho chiesto ai vicini e mi hanno detto che i tuoi genitori non ci sono più.-
-Non ci sono più? E dove sono andati?-
-Sono morti, Giovanni.-
-Ma che dici?-
-Rosetta, una mattina, all’alba, ha preso un gozzo ed è andata via. Nessuno l’ha più rivista al porticciolo.-
Giuseppe non aveva mai amato la pesca e non aveva mai voluto imparare a nuotare. Quella che si faceva strada nella sua mente era l’idea di tornare ai campi, gli stessi che il padre aveva lasciato quando, prima della guerra, era arrivato a Catania per portare un carico di mannite ad un farmacista.
-Cos’è la mannite, papà?-
– E’ il risultato dell’amore per la propria terra.-
-In che senso?-
-Attorno al mio paese si distendono vallate dove crescono alberi di frassino. Hanno un tronco sottile e rami che danzano al primo soffio di vento. Dai tronchi sgorga la manna. Ti racconto come si fa.-
Giusepe, allora, si sedeva vicino vicino, quasi abbracciato al padre e ascoltava quell’uomo che negli occhi aveva dipinte le montagne delle Madonie, le verdi vallate e le antiche strade attraversate dall’odore del pane fatto in casa.
-Gli attrezzi principali sono il mannaruolu, una sorta di coltello a forma di falce; la rasula, dalla forma di una fionda di legno alla cui estremità è teso un filo metallico; una grande foglia di ficodindia.-
-Una foglia di ficodindia?-
Incredulo il bambino guardava il padre che rise e continuò a raccontare.
-Allora, andiamo per ordine. Con il mannaruolu il contadino incide il tronco, gli fa una ‘nzinga. Questa parola dalle nostre parti indica l’anello di fidanzamento, quindi il contadino si fa zitu ca pianta, si fidanza con la pianta. Si innamorano. Da quell’incisione sgorgano cannoli di manna, una linfa bianca come la cera e dolce più dello zucchero. Secondo un’ antica leggenda contadina, le piante del frassino amano la musica e per questo producono solo quando cantano le cicale. Un fidanzato innamorato è attento alle esigenze del cuore della sua amata e il contadino, per raschiare la manna dal fusto, usa una rasula dove il filo metallico è una corda di chitarra.-
-E la foglia di ficodindia?-
-Quella si mette ai piedi del fusto, proprio sotto la ‘nzinga, per raccogliere la parte di manna che cade durante la colatura. Quando la linfa comincia a sgorgare dalla pianta, scende lungo il fusto e man mano si solidifica. Se il fusto è storto, si formano dei cornetti, come delle stalattiti di ghiaccio, sai come quelli che abbiamo visto una volta sull’Etna. Sono i cannoli di manna. Nel mio paese, a Castelbuono, la mia vecchia Ypsigro, esiste una fabbrica dove lavorano la manna. Io lavoravo lì prima della guerra. Poi ho conosciuto una bella catanese e sono rimasto qui.-
I racconti di suo padre si intrecciavano con i pensieri di un ragazzino che immaginava estesi campi, aria fresca, e verdi vallate come l’unico luogo dove avrebbe voluto vivere.
Era andato via dalla casa dei suoi genitori senza dire nulla, certo di tornare quando avrebbe potuto raccontare loro della sua gioia di essere riuscito a lavorare in quei campi dove gli alberi amano la musica. Avrebbe portato loro cubetti di mannite, per curare i loro disturbi di stomaco o per fare un ottimo sciroppo per la tosse.
-E’ andata così, Giuseppe. Nessuno ha colpa. Tu hai seguito la tua strada che poi era quella segnata dall’amore per i tuoi genitori. Continua, lotta. Lottiamo insieme.-
Aveva raccontato a suo padre della sua ambizione, di quell’idea che si faceva sempre più insistente di lavorare per dare ragione della bellezza della sua terra.
-Sei una piccola goccia in mezzo a un mare in tempesta. Ti costringeranno ad abbandonare il tuo sogno e affogherai nella tua delusione.-
– Papà, ricordi quando mi raccontavi la favola del colibrì? Chi te lo fa fare, gli chiedevano gli animali più grossi di lui che scappavano davanti al fuoco che stava distruggendo la foresta. Lui, piccolino, continuò a trasportare gocce d’acqua per spegnere il fuoco. Fece la sua parte, non si arrese e altri piccoli animali lo seguirono, non scapparono e la foresta si salvò. Io voglio fare la mia parte, papà.-
Erano gli anni in cui si formavano sindacati, come l’Alleanza dei coltivatori e l’Unione siciliana delle cooperative agricole, attenti alle esigenze delle organizzazioni di massa del movimento dei contadini. Forte dell’adesione ai sindacati, Giuseppe, insieme ad altri giovani decisi ad essere piccole gocce capaci di migliorare le sorti della Sicilia, incontrò agricoltori, sindacalisti e viaggiò per tenere alto l’interesse su una terra martoriata, non solo dalla recente guerra, ma anche e soprattutto dai soprusi mafiosi radicati e alimentati da chi di quella terra ne voleva fare una schiava.
-Ho parlato oggi con il dottore Ovazza.-
-Chi è? Non lo conosco.-
-Dai, il comunista ebreo innamorato della nostra isola.-
Il comunista ebreo innamorato della Sicilia era Mario Ovazza che nel 1938 era stato cancellato dall’albo professionale degli ingegneri perché ebreo.
– Mio padre conobbe un matematico all’Università di Catania che poi, come astronomo, divenne direttore dell’Osservatorio che c’era all’interno del Monastero dei Benedettini e aveva iniziato la compilazione di un’ imponente Catalogo Astrografico. Anche lui, come era previsto dalle leggi razziali, venne esonerato perché ebreo e la sua vita, la sua carriera furono completamente distrutte.-
Giuseppe aveva lasciato la sua casa convinto di essere una goccia capace di poter fare qualcosa, convinto che la storia poteva essere l ‘amica migliore per imparare a essere liberi di costruire, difendere, tutelare ciò che ci appartiene ed esserne orgogliosi. Aveva seguito dei giovani studenti, si era iscritto all’università di agraria a Palermo e presto lavorò come pubblicista per il giornale L’ ORA.
-Forse siamo solo dei giovani visionari. Ma ci dobbiamo provare.-
Azeglio Bemporad, Direttore del Regio Osservatorio di Catania già prima della Seconda Guerra Mondiale, autore della compilazione di un importante Catalogo Astrografico. (Officine Culturali, Catania)
La foto è incredibile! Mai visto prima
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Sono alberi di frassino, nelle campagne di Pollina, Castelbuono, Geraci, paesi incastonati tra le montagne delle Madonie.
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