Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di vedere tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, e te lo auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani.¹
Però l’intento di mio zio andava più lontano: non s’era proposto di curare solo i corpi dei lebbrosi, ma pure le anime. Ed era sempre in mezzo a loro a far la morale, a ficcare il naso nei loro affari, a scandalizzarsi e a fa prediche…..Così passavano i giorni a Terralba, e i nostri sentimenti si facevano incolori e ottusi, poiché ci sentivamo come perduti tra malvagità e virtù ugualmente disumane.²
In questa terra di dimezzati ci siamo immersi completamente e ci dividiamo tra chi si lascia dimezzare o uccidere dalla malvagità; e chi fugge in una zona malata, il lazzaretto di Terralba, dove i malvagi, i Grami, non entrano e così mantieni integro lo spirito. Ma arrivano i Buoni che ti vogliono salvare e dirigere il mondo verso non si sa cosa.
¹Italo Calvino, I NOSTRI ANTENATI- IL VISCONTE DIMEZZATO, Einaudi editore, Torino, 1960, pag.145
²Ibidem, pag.176)