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amareilmare

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi Mensili: novembre 2016

E se diventassimo leggeri?

22 martedì Nov 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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bellezza, Calvino, eroe, leggerezza

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Quando Italo Calvino si accingeva a scrivere la prima delle cinque lezioni che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard per l’anno accademico 1985/86, non poteva immaginare di quanta pesantezza si sia riusciti a riempire il nuovo millennio. Calvino morì il 19 settembre del 1985, prima di potere esporre le sue SEI PROPOSTE PER IL NUOVO MILLENNIO: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, e infine, Cominciare e Finire-Correttezza. La prima di queste Lezioni, dedicata alla Leggerezza, è travolgente.

Bisogna praticare leggerezza per rendere elegante e fruibile un testo. Bisogna sollevarsi e guardare da lontano la realtà per non farsi pietrificare, immobilizzare, e finalmente capire come muoversi, come agire. Bisogna essere degli eroi per trasformare in bellezza ciò che di brutto si riesce a seminare nel mondo.

Per sostenere la sua tesi a favore della leggerezza, Italo Calvino descrive il mito di Perseo, eroe greco delicato, leggero che può sollevarsi e posarsi su una nuvola grazie a dei calzari alati. Avrà il compito di sconfiggere la Medusa, un mostro che ha il potere di pietrificare chi incontra il suo sguardo. Perseo ha un solo modo per uccidere la Gorgone: sollevarsi e guardarla attraverso l’immagine riflessa sul suo scudo. Taglia quindi la testa alla Medusa e dopo averla sistemata dentro un sacco, la porta con sé. Dal sangue del mostro nasce Pegaso, il cavallo alato che con lo zoccolo fende il monte Elicona da cui sgorgherà una sorgente che disseterà le Muse. Perseo, a cavallo di Pegaso, raggiunge un lido dove la bella Andromeda è prigioniera di un drago. L’eroe pietrifica l’orribile creatura mostrandogli la testa della Gorgone. Poi depone quel capo dalla chioma ricca di viscidi serpenti su un letto di morbide alghe e, dopo essersi lavato le mani nell’acqua salata del mare, si appresta a liberare la giovane. Nel frattempo, le alghe a contatto con la testa della Medusa si trasformano in preziosi coralli.

Bisogna essere delicati e accorti per continuare ad avere cura di ciò che abbiamo conquistato.

Calvino cita Ovidio, Lucrezio, Dante, Cavalcanti. Conclude la sua tesi sulla Leggerezza ricordando un racconto di Kafka intitolato Il cavaliere del secchio, metafora di un mondo ostile abbandonato da un secchio che si solleva e porta con sé un poveretto, vittima del freddo, della guerra, della povertà, dell’arroganza, dell’avarizia.

Quando la pesantezza  del mondo diventa insostenibile, possiamo sempre rifugiarci nel sogno di poter cavalcare un secchio leggero dove non metteremo carbone ma gentilezza, delicatezza, bellezza. Bisogna essere dei grandi sognatori per pensare che qualcosa di leggero, che abita là dove vivono le nuvole, potrà riempire il nostro secchio ed essere finalmente felici.

Otto e il principe Orgoglio

22 martedì Nov 2016

Posted by paolina campo in pensieri, Sicilia

≈ 5 commenti

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affetto, bambini, lavoro, orgoglio, sogno

BOSCO ETNEO
BOSCO ETNEO
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C’era una volta un bambino bellissimo, ma anche tanto triste. Il suo papà lo aveva portato a lavorare presso un mugnaio che aveva il mulino così distante dalla loro casa che doveva alzarsi molto presto al mattino per raggiungerlo.

-Alzati!-gli comandava il padre-E’ ora di andare a lavoro. E questa sera ricordati di portare il sacco con la farina che ti darà il mugnaio.-

Il piccolo Otto obbediva. Attraversava campi e boschi, stradine e viottoli, sotto la pioggia o il sole cocente. Così ogni giorno, giorno dopo giorno. Andava al mattino e tornava la sera. Un po’ come il suo nome che andava e veniva, da destra verso sinistra e da sinistra verso destra, sempre allo stesso modo. La sua mamma aveva voluto chiamarlo Mariotto e poi Otto.

-Che bello il mio Mariotto! Che dolce il mio Otto!- E si riempiva la bocca con quel nome, così come si riempiva il cuore quando lo abbracciava. Era volata in cielo troppo presto lasciandogli quel nome ridondante e pieno d’amore.

 Una volta la stanchezza lo sorprese e cadde in un sonno profondo, rannicchiato ai piedi di un albero. Si addormentò profondamente. Nel sonno, vide lui stesso aprire gli occhi e stupirsi: un grande uccello gli accarezzava la guancia con il becco e con un’ala lo avvolgeva come per abbracciarlo. Non aveva mai visto un uccello così bello: delle piume di un forte colore azzurro gli coprivano il capo sul quale spiccavano delle piumette ritte colore dell’oro; il petto era di un giallo ocra che si intensificava fino ad assumere un caldo colore marrone; le sue ali verde smeraldo erano grandi e lucenti e la sua coda si apriva a ventaglio con tutte le sfumature del verde, del giallo, del marrone, dell’azzurro mescolato a tanti riflessi d’argento.

-Ciao piccolo! Sei molto stanco, vero?-

-Chi sei?- domandò il bambino

-Sali sulla mia schiena. Ti porto in alto, lassù, nel cielo a vedere quei boschi e quelle campagne che sempre attraversi e di cui mai hai notato la bellezza. Capirai cosa io rappresento.-

Otto accettò fiducioso quell’invito e, in groppa al suo uccello fantastico, si sentì pronto a iniziare il volo, mentre il suo viso si illuminava di gioia per quell’esperienza unica e eccezionale.

-Vedi laggiù quelle macchie colorate sulla montagna? Sono i laghetti dell’orgoglio- gli spiegava l’uccello.

-Quello giallo ocra è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare l’intelligenza; quello marrone è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare la forza fisica; quello azzurro è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare la parola, il linguaggio. Guarda quanto è bello quello argentato, splendente come una pietra preziosa al sole. E’ il laghetto dell’orgoglio di sapere ascoltare il proprio cuore. In ogni laghetto vivono dei folletti molto laboriosi che preparano delle bottigliette di prezioso orgoglio. Tutto il verde che vedi attorno è la vita che scorre, che tutto muove. Vuoi scendere in uno di quei laghetti?-

Otto fece cenno di sì con la testa, mentre sentiva il cuore battere forte e un sorriso a labbra strette nascondeva un’emozione e una felicità mai provate prima. Si immersero nel laghetto giallo e subito dei folletti verdi con cappello e mantellina gialla lo accolsero festosi, invitandolo a visitare il loro laboratorio. Otto rimase stupito nel vedere tante di quelle ampolline, bottigliette e vetrini e altro ancora che servivano perché il liquido fosse confezionato puro e efficace. Intanto il bimbo notava che il suo corpo si copriva a tratti di giallo e più avanzava nel laghetto, più sentiva  crescere dentro di sé una forza nuova. Visitò tutti i laghetti e in ognuno trovò simpatici folletti verdi con cappelli e mantelline di colori diversi a seconda del posto in cui vivevano e lavoravano, e ogni volta tracce di colore gli dipingevano il corpo. Doveva ancora immergersi nel laghetto argentato, ma rimase fermo a guardarlo incantato: era davvero il più bello e sentiva una certa soggezione al pensiero di toccare quello specchio di acqua lucente. Il suo compagno di viaggio lo incoraggiò e insieme si immersero nel lago argentato. I folletti si inchinarono alla vista dell’uccello che maestoso avanzava con Otto sul dorso. I due raggiunsero un laboratorio dove tutto brillava e un alito vitale si spandeva fino a raggiungere il cuore del bambino che si sentì all’improvviso leggero e felice come chi finalmente aveva trovato la cosa più preziosa che avesse al mondo: la voce del suo cuore.

Fu allora che il grande uccello cominciò a parlare:

-Le mie piume sono cariche di liquido che i folletti preparano e poi versano sul mio corpo per mantenere forte il significato della mia esistenza: sono il principe Orgoglio, guai se i miei colori sbiadissero! Tutti gli uomini perderebbero la forza di andare avanti, perderebbero la fiducia in sé stessi. Purtroppo l’uomo a volte è stolto e usa impropriamente tale forza, arrogandosi il diritto di superare il limite di Umiltà. Allora diventa cattivo e rischia di rimanere da solo: non c’è niente di più triste di un uomo solo. Impara Otto a usare l’orgoglio di essere uomo con umiltà e la vita ti regalerà tante gioie che sentirai ogni volta che avrai costruito qualcosa con impegno, mettendo in campo tutte le tue risorse.-

Il bimbo si svegliò all’improvviso, si alzò in piedi e cercò invano il suo amico. Capì che aveva incontrato quella creatura in sogno e che era arrivato il momento di tornare sui suoi passi.

 Il grande uccello tornò spesso nei sogni di Otto e la sua vita, umile, fu sempre costellata dalla soddisfazioni di avere raccolto i frutti del suo orgoglio.

Una Y in mezzo al mare

13 domenica Nov 2016

Posted by paolina campo in Salina

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capperi, mare, mediterraneo, passione, Sapori eoliani, storia, uva

I turisti lo sanno bene: le isole Eolie sono straordinarie. Una testimonianza eccezionale di quanto l’energia vulcanica possa creare catastrofe e bellezza maestosa e suggestiva,nello stesso tempo. Sette isole a forma di Y.¹

Y, come il cratere di un vulcano che lancia lapilli, cenere, magma, vapore, fuoco per generare bellezza all’infinito. Un Y tra le acque del Mediterraneo che già solo il nome evoca parole come terra, madre, remi, Dio, note, eterno e… meditare, remare, tremare, mirare. Parole su parole come onde che lambiscono la Y.

Salina è al centro della Y.²

Di un luogo se ne può sempre sentire il respiro, anche se si è lontani, specie se quel respiro ti è entrato dentro e circola costantemente e per sempre nei tuoi pensieri. Di un luogo puoi ascoltare tante voci quante ne sei capace di trovare, aprendo le porte della sua storia.

 

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Si apre una porta, lì proprio al centro di quell’incognita ( perché non ne sapremo mai abbastanza!): ci sono dei bambini, giocano a iadduzzu, a galletto.

Spinni tu e spinnu iò

E’ già Natale e la magia di cristalli di zucchero attaccati ai grappoli di uva passa, fa scintillare gli occhi dei bambini. A settembre gli uomini avevano provveduto al lavaggio di cannizzi, cuofini e botti con acqua di mare. Avevano portato tutto giù al molo e alzando su le maniche delle camicie e i gambali dei pantaloni, erano entrati anche loro in acqua. C’era stata la vendemmia e poi la pigiatura dell’uva da vino, e la paziente operazione di essiccamento dell’uva malvasia stesa al sole sui cannizzi. Una volta raccolta tutta l’uva, la signora Elena aveva riempito d’acqua una grande quadara, un grande pentolone di alluminio, per preparare la liscia, una sorta di sciroppo dove al posto dello zucchero si faceva sciogliere nell’acqua la cenere di tralci di uva che la signora era solita fare bollire per 36 ore. Trascorso quel lungo bollore, si era munita di una grossa schiumarola dal manico lungo e, sistemati nell’utensile i grappoli di minnilottina, uva prelibata, li aveva immersi nella liscia bollente. Quando i chicchi dell’uva cominciavano ad aprirsi, comare Elena aveva tirato fuori i grappoli che con delicatezza dovevano essere sistemati sui cannizzi. Bisognava rigirali tante volte nel corso dei giorni che servivano perché tutti i chicchi fossero raggiunti dal sole e diventassero scuri. Poi erano pronti per essere conservati in un panno di cotone bianco come la neve e riposti nella credenza fino a Natale. Questo periodo di incubazione avrebbe creato la magia degli zuccherini.

Spinni tu e spinnu iò

e chi spenna l’ultimo chicco di uva brillante di zucchero, paga il pegno.

Lì, dove un faro sta di sentinella a un laghetto dove si produceva il sale che un tempo portò tanta ricchezza ai mercanti dell’isola di Salina, si apre ancora una porta. C’é festa, la gente è allegra e sventola una bandiera. E’ l’1 maggio del 1918. Autorità civili e militari insieme ai cittadini della piccola ma popolata frazione di Lingua, inaugurano l’Ufficio Postale, voluto dal Cav. Giovanni A. Giuffre’. Rosina Lo Schiavo sarà la direttrice e le succederà Ersilia Grazia Dydime, figlia del notaio Domenico Giuffre’, primo sindaco di Santa Marina.

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Lo zio Bartuluzzo, con la bandiera in mano, è vedovo da tre anni e ha quattro bambini accuditi dalla zia Rosina, che fa da mamma a tutti. Quel bimbo vestito di nero è Nino, Nino Lo Schiavo, che da grande sarà direttore del periodico Avvenire Eoliano, dal 1927 al 1929, e più tardi riavvierà il commercio della malvasia, dopo il disastro della fillossera. Dietro di lui, Ersilia Grazia Dydime Giuffre’. Storia.

Posso ancora aprire un’altra porta, sì, quella che si apre dove il sole al tramonto ti strappa il cuore e spesso il vento parla e narra: c’era una volta…. Dietro questa porta soffia un delicato vento di passione e rispetto, giovane e affascinato, con occhi di cielo volati lontano perché anche gli angeli possano godere dei sapori e dei profumi eoliani.

 

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Su tutte le porte che si possono aprire, si schiude la speranza di potere abbracciare per sempre tanta bellezza, che diventi contagiosa, irresistibile per tutti, non solo per tanti. Per custodire un paradiso dove “non dovrebbero esserci più poveri”³.

¹www.partecipare.net/Paolo Basurto, PARADISI DA NON PERDERE-LE ISOLE EOLIE

²Ibid.

³Ibid., Antonio Brundu

Vite dimezzate

10 giovedì Nov 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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Calvino, libri, vita

Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di vedere tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, e te lo auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani.¹

Però l’intento di mio zio andava più lontano: non s’era proposto di curare solo i corpi dei lebbrosi, ma pure le anime. Ed era sempre in mezzo a loro a far la morale, a ficcare il naso nei loro affari, a scandalizzarsi e a fa prediche…..Così passavano i giorni a Terralba, e i nostri sentimenti si facevano incolori e ottusi, poiché ci sentivamo come perduti tra malvagità e  virtù ugualmente disumane.²

 

In questa terra di dimezzati ci siamo immersi completamente e ci dividiamo tra chi si lascia dimezzare o uccidere dalla malvagità; e chi fugge in una zona malata, il lazzaretto di Terralba, dove i malvagi, i Grami, non entrano e così mantieni integro lo spirito. Ma arrivano i Buoni che ti vogliono salvare e  dirigere il mondo verso non si sa cosa.visconte-2

¹Italo Calvino, I NOSTRI ANTENATI- IL VISCONTE DIMEZZATO, Einaudi editore, Torino, 1960, pag.145

²Ibidem, pag.176)

Colori e immagini

01 martedì Nov 2016

Posted by paolina campo in Salina

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A FINE GIORNATA, video

Di che colore è la nostalgia?

E lo stupore? E il ricordo?

Primo e ultimo capitolo, come le mie mani colorate di nostalgia, di stupore, di ricordo. Come la destra e la sinistra che insieme accolgono nuovi colori che si muovono tra storie che erano lì dove ero io, ma non riuscivo a vedere.

 

I miei libri

era
vi racconto
l'uomo di
A fine giornata
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