Gli facevano compagnia il sole, il vento e la brezza del mare. Da quando quel giorno non volò più, pensò che voleva essere qualcos’altro. Voleva diventare un’onda. Aveva attraversato il cielo e incontrato le nuvole e dall’alto aveva osservato le onde del mare che alternavano movimenti e suoni mai uguali e sempre vivi ed intensi. Raccontavano, le onde, di sirene incantatrici, valorosi soldati; di intrepidi navigatori e terribili pirati; di uomini, donne, bambini in cerca di un posto sicuro. Raccontavano la favola del mare che si allungava sulla riva per consegnare al mondo le sue storie e donare ogni volta un abbraccio, un pensiero. Come se il mare avesse in sé la magia di portare a riva un monito, una speranza e trascinare via le cose cattive del mondo. Il gabbiano aveva smesso di volare quel giorno e attendeva paziente e fiducioso di ascoltare l’anima del mare. Certo, non era più tanto giovane, ma la sua mente era ancora vivace e i suoi ricordi erano sempre lì a fargli compagnia. Ma cominciava a sentire una strana tristezza. Era come se si fosse allontanato, non da qualcosa o da qualcuno. No. Era come se si fosse allontanato da sé stesso e non riusciva più a trovarsi.
-Ecco, forse sono quell’onda. Forse, come onda sarò più felice.-
Un’onda più grande delle altre gli si avvicinò e con voce leggera gli soffiò nella mente qualcosa. Se fosse diventato un’onda, non avrebbe più volato; se lui era un gabbiano, se aveva il manto bianco come quelle onde che tanto amava e gli occhi azzurri come il cielo ed il mare, era perché faceva parte di quell’abbraccio immenso che è la vita. Non era necessario diventare qualcos’altro per trovarsi, bastava porre attenzione al suo tempo, al suo essere un insieme di tante avventure.
-Ehi! Sai che la forma di quel masso dove poggi le zampine ricorda uno dei problemi classici dell’antichità che doveva servire a salvare gli ateniesi dalla peste¹?-
Il mare sapeva tante cose! Il gabbiano, incuriosito, si mise di nuovo alla ricerca, questa volta non di sé stesso, ma di qualcosa che lo avrebbe fatto sentire orgoglioso di quello che era.
¹Duplicazione del cubo o problema di Delo. Nel 429 a. C. la peste decimò la popolazione ateniese. Fu mandata allora una delegazione all’oracolo di Delo per interrogarlo su come potere scongiurare l’epidemia. L’oracolo rispose che era necessario raddoppiare l’altare cubico di Apollo.