C’era una volta una casa, una grande casa, servita da una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, un ampio terrazzo, ampie camere, un palmento e ampi giardini di capperi e alberi da frutta che si distendevano lungo il suo lato posteriore e quello anteriore. Un antico cancello, che apriva l’accesso a una strada comunale, guardava il suo corrispettivo lì dove, dall’altra parte, la casa si sporgeva per un’altra uscita. Per anni nessuno ebbe più cura di lei e le mura sbriciolarono a terra senza che nessuno poté più raccontare la loro storia. La casa aveva un indirizzo, certo, come tutte le case, dalla parte dove c’erano i balconi e dove, da scale interne si scendeva giù, dove c’era il palmento e i contadini entravano per parlare con il padrone. L’altra entrata era quella della gioia di immergersi in un grande giardino e godere della generosità della terra. La casa fu abbandonata a sé stessa e il tempo deteriorò la pietra e i rapporti. Gli eredi si spartirono il bottino e la vendettero a nuovi proprietari: il grande patio, la cisterna e il giardino con il cancello a una famiglia; le antiche mura, vestigia di una importante proprietà ormai scomparsa e il vecchio palmento ad un’altra famiglia. Un taglio netto, tranne che per quattro scalini, un’apertura che non aveva più un cancello, così come non c’erano più le mura, e un indirizzo che rimase per sempre quello della casa prima di essere sezionata. Nessuno si curò di mettere ordine a una situazione che il tempo aveva cambiato. Si credette in cose che forse esistono solo sulla luna. Si credette in quel buon senso che Astolfo cercò nel suo viaggio con l’ippogrifo. Ma il buon senso esiste solo sulla luna dove la pazzia dell’uomo non abbonda perché è tutta sulla Terra, custodita dagli uomini che distruggono rapporti e mettono a dura prova la ricerca di una storia fatta di amore, comprensione e tanto lavoro.
Ma Astolfo tornerà e farà piovere gocce di buon senso su questo nostro mondo malato di prevaricazioni e bugie. La casa, la politica, i roghi, i delitti, l’offesa alla natura: una continua umiliazione a sé stessi.
E quando finalmente pioverà buon senso, gli uomini prenderanno coscienza di ciò che veramente vale e cominceranno a guardare le piccole cose e le ameranno, e da lì si potrà guardare avanti e ancora avanti, e avanti fino a desiderare di non volere essere più umiliati da quel tempo quando si tenevano gli occhi troppo bassi.
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