Un’antica favola di Igino, scrittore romano vissuto nel I sec. d.C., recita così:
La «Cura», mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove. La «Cura» lo prega di infondere lo spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsente volentieri. Ma quando la «Cura» pretese imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre la «Cura» e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché aveva dato ad esso una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: « Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fin che esso vive lo possiede la Cura. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo poiché è fatto di humus (Terra).[Tratto da: Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi, Milano, 1976, pag.247]
Succede, ad un certo punto della tua storia….succede quando pensi di avere riempito il recipiente della tua vita di tutti i sassolini più belli che hai trovato vivendo. Eccolo…quello più rosa l’ho messo quando…; e quello più grigio l’ho buttato dentro quando… e in ognuno ci vedi la Cura del tuo esistere fino a quel momento.
Succede, dicevo, che, ad un certo punto, ti rendi conto che non puoi bloccare il tempo che tu stessa sei, non puoi fare un fermo immagine. Allora arriva una scossa, un terremoto, una sorta di forte irrequietezza, che mette a soqquadro tutti i tuoi sassolini e la Cura, che prima li aveva forgiati, deve riprenderli in mano e dargli un nuovo ordine perché tu, nella Cura, prosegua ad esistere e abitare nel mondo.
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