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amareilmare

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi Mensili: Maggio 2016

Troppo

26 giovedì Mag 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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Tag

aggettivo, Dickens, libri, totem Baricco

Troppo bella, troppo brutta; troppo simpatica, troppo permalosa; troppo pesante, troppo leggero; troppo pieno, troppo vuoto…Troppo. Apprendo che l’aggettivo “troppo” deriva dal francese “trop”, voce di origine germanica che significò, dapprima, “molto, quantità”. Noto che questa “abbondanza”, questo qualcosa difficilmente quantificabile, spesso fa storcere il naso e il nostro aggettivo accompagna descrizioni di qualcosa che in quell’essere “troppo”, nuoce, disturba il comune senso del buongusto. Nel 1998, Eugenio Allegri, attore di teatro e non solo, recitava per il pubblico di TOTEM, programma di letture, suoni e lezioni curate da Alessandro Baricco e Gabriele Vacis. In una delle puntate di quell’anno, l’attore torinese si cimentava nell’interpretazione di un passo de Il nostro comune amico di Charles Dickens, sottolineando ciò che riflette lo specchio dei Veneering,

…gente nuova di zecca in una casa nuova di zecca di un quartiere di Londra nuovo di zecca

L’aggettivo “troppo”, già tinteggiato egregiamente dallo scrittore inglese, si rivela in tutta la sua pomposità negativa e satirica nell’interpretazione di Allegri quando lo specchio riflette “un giovanotto maturo”nella rete seduttiva di una signorina, anche lei ospite dei Veneering, anche lei “matura”.Un giovanotto che si presta a una profusione di “troppo”:

…di troppo naso sul volto, di troppo rosso sulle basette, di troppo torace dentro il panciotto, di troppo luccichio nei bottoni della camicia e della giacca, nella conversazione, negli occhi, nei denti…

Troppo, esagerato, un infinito negativo.

Perché parlare di questo aggettivo? Forse perché, spesso, nel linguaggio colorito di un siciliano, l’aggettivo “troppo” è come quella pennellata in più che rafforza l’espressione quasi di disgusto stampata sul viso: si troppu esagerata! Per dire: sei troppo esagerata! e intanto su quella breve, ma profonda indicazione, soffia un vento di smarrimento, di insicurezza, di sbagliato.

Leggere la Montagna

21 sabato Mag 2016

Posted by paolina campo in vulcano

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Tag

emergency, Etna, osservatorio astrofisico, pineta, raccolta fondi, rifugio

Si sceglie un libro, si acquista e si porta a casa. Si mette sulla scrivania in attesa di poterlo sfogliare, odorare, scoprire. Leggere. Intanto se ne osserva la copertina e si pensa a quello che c’è oltre quell’immagine, quel titolo e quando si inizia a far scorrere le pagine e le parole ti assale la meraviglia della scoperta, lo stupore della bellezza che tra quei fogli di carta si disvela.

E se la copertina del più grande libro che mai potresti tenere tra le mani, si mostra in ogni momento della giornata, ogni volta che volgi lo sguardo oltre la finestra di casa?

etnaneve

Pensi: che bella! E la mente comincia a frugare tra i meandri di quel vulcano imponente e meraviglioso, alla scoperta degli  elementi di una sorta di catasto magico, come l’ha definito Marinella Fiume, figura poliedrica nel panorama culturale, e non solo, della Sicilia, in occasione della presentazione¹ degli eventi che, dal 2 all’8 maggio, hanno accompagnato un progetto, ETNA X EMERGENCY, volto alla raccolta di fondi per Emergency, associazione umanitaria, fondata a Milano da Gino Strada nel 1994.

Un catasto magico dove convivono creature demoniache insieme a fate, regine e cavalieri; dee e filosofi alla ricerca sempre di qualcosa; viaggiatori e contadini toccati da una imperscrutabile bellezza.

-Ma, senta signora Montagna, quando ci sarà la prossima eruzione?-

-E chi ni sacciu iu?- ( E che ne so io)

E’ Boris Behncke, vulcanologo appassionato dell’Etna, tedesco con un simpatico accento catanese,  che tenta un’intervista, immaginaria, alla Montagna che risponde in tipico stile siciliano, per spiegare l’impossibilità di fare previsioni, nonostante l’Etna sia il vulcano più osservato al mondo.

Capitolo… uno aperto a caso…

Stupidità della guerra: la natura legata al concetto di pace. 

Monte Nero degli Zappini

8 maggio 2016. Ci prepariamo a sfogliare le immagini di un capitolo racchiuso nel grande libro dell’Etna. Il professore Camillo Bella, sostenitore di Emergency e grande appassionato del vulcano siciliano², farà da guida lungo i sentieri di monte Zappino.

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Erbetta e fiori colorati rallegrano il paesaggio attraversato da lingue di roccia nera, testimonianza di colate laviche imponenti. Apprendiamo che zappino è il nome con cui, nel dialetto del luogo,vengono denominati i pini. Zappino è anche uno strumento che i boscaioli usano per sistemare la legna da ardere. All’inizio del nostro cammino ci accoglie un grande pino dove sono visibili dei grossi bozzoli. Purtroppo non sono grossi bachi da seta e neanche speciali nidi di uccelli: è un terribile parassita, la processionaria, che si è stanziato da quelle parti. La nostra guida ci avverte di evitare incontri troppo ravvicinati con questi vermi in processione per evitare fastidiose allergie.

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Continuiamo il nostro cammino e arriviamo in un luogo dove quel catasto magico sembra svelare alcuni dei suoi misteri. Rocce come grandi volti di maghi che da sempre guardano il mare e poi una bocca che si apre sgomenta su un dirupo, un cratere che un gas feroce formò per dare sfogo alla rabbia della Montagna. Non fantastichiamo più, parla la scienza: quello che a occhi profani potrebbe sembrare un cratere, è invece un hornitos. Durante la colata lavica, succede che sotto il magma fluente, a un certo punto scoppia una carica di gas che si fa spazio tra  la massa incandescente, formando appunto un hornitos, termine spagnolo che significa forno caldo, camino da forno. Ho immaginato una cosa più casalinga: una crema che facciamo riscaldare troppo e a un certo punto fa grosse bolle che scoppiano. Non me ne voglia il professore!

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Lasciamo l’hornitos e, continuando la nostra passeggiata, incontriamo strane pietre. Ricordano molto un fantastico, quanto simpatico, personaggio di un film di qualche anno fa, La storia infinita, Mordipietra, nativo di Monte Forato. Queste invece provengono dalla bocca del vulcano che le ha lanciate durante un’eruzione.

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Arriviamo, quindi, al rifugio Santa Barbara.

Santa Barbara benedetta, liberaci dal fuoco e dalla saetta

così recita una preghiera popolare legata al culto della santa protettrice dalle insidie del fuoco, tanto da essere, anche, la patrona del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Sembra assolutamente appropriato il nome scelto per designare questo luogo che con il fuoco ha dovuto fare spesso i conti. Il rifugio è aperto a tutti e offre legna da ardere,uno splendido camino in pietra, panche, tavolo, griglia e utensili. Ci si lamenta spesso di come la gente lasci spazzatura nei luoghi pubblici che frequenta. Questo rifugio è uno, forse tra i pochi, dove sembra che la regola del RISPETTO sia seguita. C’è anche un romantico pozzo pieno d’acqua e completo di gallo segnavento.

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Nella zona del rifugio Santa Barbara si trova una neviera, una grotta sotterranea dove veniva raccolta la neve per poi essere venduta a valle. La neve, appositamente avvolta e conservata in sacchi di juta e paglia, veniva trasportata a dorso di asini che arrivavano fino al porto di Catania. La neve dell’Etna, quindi, partiva alla volta di Malta.

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Proseguiamo il nostro cammino tra alberelli solitari e rocce vulcaniche ornate da collane di ciuffi d’erba. Ci immergiamo all’improvviso in un bosco dove alti pini rendono il paesaggio fatato.

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Siamo nelle vicinanze del Giardino Botanico Nuova Gussonea, nato nel 1979 da un accordo tra la direzione generale delle foreste della Regione Sicilia e l’Università di Catania. Il giardino, intitolato a un importante botanico italiano, Giovanni Gussone vissuto tra il 1787 e il 1866, si trova sul versante meridionale dell’Etna, nei pressi del comune di Ragalna. Inaugurato nel 1981, la Nuova Gussonea raccoglie e riproduce piante e semi dell’ambiente vulcanico etneo.

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La nostra passeggiata sta per terminare. Ci dirigiamo verso l’Osservatorio Astrofisico, ai piedi di colate laviche che ancora ci parlano di fuoco e di magia, dove ci attende il dott. Giuseppe Cutispoto, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

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La prima sede dell’Osservatorio era nata nel 1880 a 2941 m slm, ed era stata intitolata a Vincenzo Bellini. L’antica sede venne distrutta nel 1971 da una disastrosa eruzione dell’Etna. Nel 1966 era nata la sede dell’Osservatorio Astrofisico presso la Cittadella Universitaria a Catania, grazie al lavoro del Prof. Mario Girolamo Fracastoro a cui è dedicata la nuova sede sull’Etna, in contrada Serra la Nave, a 1725 m slm.  Ciò che più mi colpì fu il cinguettio forte e chiaro degli uccelli. Ma come? Il dott. Cutispoto ci aveva raccontato la storia dell’Osservatorio, prima distrutto dalla lava; ci aveva detto come la sede costruita presso la Cittadella Universitaria non garantiva una buona osservazione delle stelle per via dell’illuminazione cittadina. Pensai: lì, non solo si vedono meglio le stelle ma si sente bene il canto degli uccelli e questo mi piacque molto. Mi dava un grande senso di pace, quella pace non contaminata dalla stupidità degli uomini che non sentono e non vedono. La stupidità della presunzione che le armi siano la soluzione…a cosa? Alla tragedia di vedere un bimbo dilaniato invece di osservarlo mentre cresce e sogna? Chiudo il libro dell’Etna e apro una pagina de Viaggio al termine della notte:

Mai mi ero sentito così inutile come in mezzo a tutte quelle pallottole e le luci di quel sole. Un’immensa, universale presa in giro³

è questo che la nostra passeggiata ha voluto sottolineare: che la guerra è una grande presa in giro.

¹Catania, Palazzo Platamone, 28 aprile 2016

²www.etnanatura.it

³Louis-Ferdinand Cèline, Viaggio al termine della notte, LA BIBLIOTECA DI REPUBBLICA, Roma, 2002, pag.16

Salina, 18 settembre 1948

21 sabato Mag 2016

Posted by paolina campo in libri

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Tag

festa, Madonna del Terzito, pellegrinaggio, Salina

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Viale_Santuario_Madonna_Terzito

-Forza, asinella bella! Oggi è un gran giorno! Vedi quanto siamo eleganti per l’occasione?-

Monsignor Bernardino Re, i canonici e i musicanti arrivarono al porto di Rinella dove li attendeva una folla di fedeli che in processione avrebbero accompagnato il vescovo fino al santuario. C’erano gli asinelli che indossavano una sella rossa e c’era l’asinella di Antonino Divola più elegante delle altre che doveva trasportare, come sempre, il suo caro amico vescovo.

La processione si mosse dal porto di Rinella e già erano previste due soste. La prima davanti la chiesa del paesino portuale dove la banda eseguì un pezzo in onore del santo, san Gaetano, a cui seguì la benedizione di monsignore. Poi, inoltrandosi su per la collina in quella strada abitata da olivi centenari e erbe selvatiche, il corteo arrivò a  Leni dove ancora una volta la banda suonò davanti la chiesa di san Giuseppe. Ancora una preghiera e poi asinelli, uomini, donne, bambini, prelati continuarono il cammino stanchi, sudati ma con il cuore gioioso. E’ sempre così: si può essere riposati, ma soli e tristi e invece ci si può sentire stanchi e puzzare di sudore, ma essere felici.

Ecco che finalmente in lontananza si imponeva la bellezza del santuario che a sua volta aveva visto il corteo e cominciò a far sentire forte il suono delle campane che suonavano a festa, rallegrando tutta la valle. E fiori, e felci, e grossi ceri e lampade a petrolio e il palco davanti la chiesa riccamente addobbato con tovaglie di lino finemente ricamate e ancora fiori profumati appena raccolti tra le ampolline, il calice, il messale e il lezionario.

-Sembra il paradiso!- qualcuno esclamò.

Il vescovo fermò la processione davanti all’antica cappelletta per salutare la Madonnina. Poi proseguì e raggiunse il palco. All’improvviso il silenzio si impadronì di quell’angolo di paradiso e tutti ascoltarono la voce tonante del servo di Dio.

-Eccola la nostra Salina che come una nave  si pone al centro dell’arcipelago e la Madonna del Terzito sta sul ponte di comando!-

La gente si gonfiò di orgoglio e fu ripagata di tutti quei giorni di lavoro e preparativi, mentre arrivava la sera e la valle fu illuminata dalle luci di una fiaccolata che avrebbe così chiuso i festeggiamenti.

 (A fine giornata)

Filastrocche per tutti i gusti

11 mercoledì Mag 2016

Posted by paolina campo in libri

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Tag

adulti, amore per la natura, animali, bambini, filastrocche

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A ruota libera

Una cosa non mi va neanche un po’:

i discorsi possono andare

a ruota libera,

ma le auto a parola libera no!

Se potessero, il mondo sarebbe

meno brutto:

meno inquinamento, meno benzina

e soprattutto

tante  parole libere in giro ogni mattina.

Vito Consoli. Prima di tutto un amico: dei bambini, degli animali, delle piante, dei pesci che popolano il mare. Un amico mio, di mio marito e delle mie figlie.

Sotto a chi tocca

Sapete come si scrive una filastrocca?

Innanzitutto serve qualcosa da dire;

con la penna, però, non con la bocca.

Ma non basta; serve ritmo nel discorso:

una filastrocca va giù tutta in un sorso.

Può starci bene pure qualche rima.

Magari di un rigo con quello di prima.

Ecco, come si scrive una filastrocca.

Questa è la mia; ora sotto a chi tocca!

E siccome son curiosa,

colgo al volo l’occasione.

Vito e la zanzara

Vito al mare era andato.

Un bagnetto, una corsetta

e poi

a letto a riposare.

Chiuse gli occhi e restò fermo

aspettando che il suo torpore

presto sonno diventasse.

Ma qualcosa interruppe il suo riposo:

una piccola zanzara

volle fargli compagnia

a quell’ora un po’ tardina.

“Proprio no, cara zanzara!

Non mi devi molestare!

Vola fuori, scappa via!

non ti voglio far del male.”

La zanzara dispettosa

continuava a stuzzicarlo.

“Cosa pensa una zanzara

quando lesta si avvicina?

Se io penso come lei,

lotteremo ad armi pari!”

Rimase lì a meditare…

e sicuro la zanzara

scorse in lui un caro amico

e decise all’improvviso

di non dargli più fastidio.

Laureato in Scienze naturali, Vito Consoli svolge un lavoro importante e impegnativo alla Regione Lazio. Le sue più grandi passioni? Leggere e scrivere.

CoLoRe

09 lunedì Mag 2016

Posted by paolina campo in pensieri

≈ 2 commenti

Tag

colori, Etna, nuvole, vento

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Arrivò prepotente il vento e scombinò l’aria e le nubi, gli alberi e le piante, la terra e il cielo. Tutto divenne scuro. Sembrava che il vento avesse portato con sé tanti piccoli granelli di sabbia, disperdendoli attorno alla montagna e sopra di essa, lasciando qualche sprazzo di luce che illuminava quel grigio. E sembrava che gli altri colori fossero fuggiti, avessero preso una pausa dal loro esagerato splendore. Rimasi comunque incantata, e anche quel grigio mi piacque.

 

La favola di Igino

05 giovedì Mag 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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Tag

Cura, esistere, favola, Igino

Un’antica favola di Igino, scrittore romano vissuto nel I sec. d.C., recita così:

La «Cura», mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove. La «Cura» lo prega di infondere lo spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsente volentieri. Ma quando la «Cura» pretese imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre la «Cura» e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché aveva dato ad esso una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: « Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fin che esso vive lo possiede la Cura. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo poiché è fatto di humus (Terra).[Tratto da: Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi, Milano, 1976, pag.247]

Succede, ad un certo punto della tua storia….succede quando pensi di avere riempito il recipiente della tua vita di tutti i sassolini più belli che hai trovato vivendo. Eccolo…quello più rosa l’ho messo quando…; e quello più grigio l’ho buttato dentro quando… e in ognuno ci vedi la Cura del tuo esistere fino a quel momento.

Succede, dicevo, che, ad un certo punto, ti rendi conto che non puoi bloccare il tempo che tu stessa sei, non puoi fare un fermo immagine. Allora arriva una scossa, un terremoto, una sorta di forte irrequietezza,  che mette a soqquadro tutti i tuoi sassolini e la Cura, che prima li aveva forgiati, deve riprenderli in mano e dargli un nuovo ordine perché tu, nella Cura, prosegua ad esistere e abitare nel mondo.

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I miei libri

era
vi racconto
l'uomo di
A fine giornata
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