Un fascio di luce incontrò un corpo e ne disegnò la sagoma su una roccia prospiciente il mare. Ne limitò bene i contorni e la riempì di sogni: alcuni belli, altri difficili da capire, ma tutti legati a quello scoglio. Arrivò poi la notte e l’ombra scivolò via insieme alla luce e il corpo aspettò che un’altro fascio di luce tornasse ancora per disegnare i suoi tratti sulla pietra. Ma un giorno un’onda afferrò l’ombra e la disperse nel mare, e tutti i sogni di cui era formata, si ruppero in tanti piccoli pezzi che non poterono più ricomporsi. Solo una piccola parte di quell’ombra rimase fissa alla roccia: era quella che avrebbe sentito per sempre l’odore del mare. Il corpo, privato dell’ombra, scomparve agli occhi del mondo e divenne vento leggero che attraversava il cielo, sfiorava il mare e accarezzava la roccia dove, nascosta in un angolo, una piccola ombra rimase per sempre attaccata.
Dico ombra, e si apre un mondo di interpretazioni e significati.
Pindaro, poeta greco vissuto tra il 518 e il 438 a.C., scriveva nella Pitica VIII¹ che l’ombra ha un sogno che è l’uomo, creatura di giorno la cui esistenza dipende dalla luce che la colpisce e che ne indica l’esistenza sulla terra. Un’esistenza precaria, battuta da mille tempeste e illuminata da alcuni bagliori di luce che rendono dolce la vita. Dolcezza della vita che scompare quando l’ombra smette di sognare.
Platone, filosofo greco vissuto tra il 427 e il 347 a.C., parlava dell’ombra come qualcosa di negativo, manifestazione di falsa conoscenza o conoscenza limitata alle cose sensibili. Ne La Repubblica, dialogo socratico dove Platone affronta il problema della giustizia, il filosofo immagina degli uomini in una caverna, incatenati, con lo sguardo rivolto verso una parete dove scorrono delle ombre di verità esistenti alle loro spalle. Chi tra loro avrà la fortuna di liberarsi dalle catene, potrà arrivare a capire di cosa sono ombra le immagini proiettate in quel luogo buio, sopportando l’intensa luce della vera conoscenza, quella delle idee. Eppure bisogna tornare nella caverna, rischiando anche di essere ucciso, perché quelle ombre, conoscenza di chi è rimasto attaccato alla terra, agli affari di ogni giorno, alla praticità della vita, quelle ombre, agli occhi di chi ha compiuto il cammino verso le idee, si mostrano finalmente per ciò che sono: copia di ciò che si può vedere solo con la mente.
Sogno, idea, immagine. Musica.
Nel 1917 Richard Strauss compose un’opera in tre atti, La donna senza ombra, con libretto del poeta Hugo von Hofmannsthal. Favola eterea, inno alla vita che senza ombra non esiste e non può rinnovarsi. La figlia del dio KeiKobad, re degli Spiriti, viene catturata dall’imperatore delle isole Sudorientali durante una battuta di caccia: da gazzella bianca si trasforma in una splendida fanciulla. L’imperatore la sposa, ma lei non ha ombra e fino a quando non ne avrà una, non potrà dargli un figlio e lui sarà condannato alla pietrificazione. L’imperatrice decide di barattare l’ombra di una giovane donna, moglie di un tintore, che si lamenta con il marito che la fa vivere di stenti ed è disposta a dare la sua ombra in cambio di ricchezze. Ma portati nel regno degli spiriti da Keikobad e lontani l’uno dall’altra, l’untore e la moglie cominciano a cercarsi mentre si alza la voce dei bambini mai nati. L’imperatrice che, mossa da commozione, non vorrà più negare l’umanità a nessuno e non ruberà l’ombra ad alcuno, sarà premiata per questo e riceverà una sua ombra, mentre la voce dei bambini mai nati esulta e l’imperatore è liberato dalla maledizione.
…Lo sai, io amo l’ombra come amo la luce. Perchè esistano la bellezza del volto, la chiarezza del discorso, la bontà e fermezza del carattere, l’ombra è necessaria quanto la luce. Esse non sono avversarie: anzi si tengono per mano, e quando la luce scompare, l’ombra le scivola dietro.²
Molti hanno paura della propria ombra come se avvertissero forte l’angoscia di restare con i piedi per terra e volere rimanere a tutti i costi bambini: Peter Pan e la sua ombra hanno un difficile rapporto e Wendy dovrà cucirgliela ai piedi perché non scappi ancora. Altri invece hanno paura dell’ombra per quell’insensato desiderio di fuggire alla morte: mio nonno tentava di scacciarla, come se in essa si fossero nascosti degli spiriti maligni che lo volevano portare via. Quanto è lontana, in questi casi, la dolcezza di quella penombra di cui parla Jorge Luis Borges, scrittore e poeta argentino, ne L’elogio dell’ombra, che scorre e somiglia all’eterno .