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sefossionda

~ la musica del mare: onda dopo onda, nota dopo nota. Un adagio e poi, con impeto, esplode la passione.

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Archivi Mensili: marzo 2016

Ombra

31 giovedì Mar 2016

Posted by paolina campo in mare, silenzio, pensieri

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mare, musica, ombra, pensieri

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Un fascio di luce incontrò un corpo e ne disegnò la sagoma su una roccia prospiciente il mare. Ne limitò bene i contorni e la riempì di sogni: alcuni belli, altri difficili da capire, ma tutti legati a quello scoglio. Arrivò poi la notte e l’ombra scivolò via insieme alla luce e il corpo aspettò che un’altro fascio di luce tornasse ancora per disegnare i suoi tratti sulla pietra. Ma un giorno un’onda afferrò l’ombra e la disperse nel mare, e tutti i sogni di cui era formata, si ruppero in tanti piccoli pezzi che non poterono più ricomporsi. Solo una piccola parte di quell’ombra rimase fissa alla roccia: era quella che avrebbe sentito per sempre l’odore del mare. Il corpo, privato dell’ombra, scomparve agli occhi del mondo e divenne vento leggero che attraversava il cielo, sfiorava il mare e accarezzava la roccia dove, nascosta in un angolo, una piccola ombra rimase per sempre attaccata.

Dico ombra, e si apre un mondo di interpretazioni e significati.

Pindaro, poeta greco vissuto tra il 518 e il 438 a.C., scriveva nella Pitica VIII¹ che l’ombra ha un sogno che è l’uomo, creatura di giorno la cui esistenza dipende dalla luce che la colpisce e che ne indica l’esistenza sulla terra. Un’esistenza precaria, battuta da mille tempeste e illuminata da alcuni bagliori di luce che rendono dolce la vita. Dolcezza della vita che scompare quando l’ombra smette di sognare.

Platone, filosofo greco vissuto tra il 427 e il 347 a.C., parlava dell’ombra come qualcosa di negativo, manifestazione di falsa conoscenza o conoscenza limitata alle cose sensibili. Ne La Repubblica, dialogo socratico dove Platone affronta il problema della giustizia, il filosofo immagina degli uomini in una caverna, incatenati, con lo sguardo rivolto verso una parete dove scorrono delle ombre di verità esistenti alle loro spalle. Chi tra loro avrà la fortuna di liberarsi dalle catene, potrà arrivare a capire di cosa sono ombra le immagini proiettate in quel luogo buio, sopportando l’intensa luce della vera conoscenza, quella delle idee. Eppure bisogna tornare nella caverna, rischiando anche di essere ucciso, perché quelle ombre, conoscenza di chi è rimasto attaccato alla terra, agli affari di ogni giorno, alla praticità della vita, quelle ombre, agli occhi di chi ha compiuto il cammino verso le idee, si mostrano finalmente per ciò che sono: copia di ciò che si può vedere solo con la mente.

Sogno, idea, immagine. Musica.

Nel 1917 Richard Strauss compose un’opera in tre atti, La donna senza ombra, con libretto del poeta Hugo von Hofmannsthal. Favola eterea, inno alla vita che senza ombra non esiste e non può rinnovarsi. La figlia del dio KeiKobad, re degli Spiriti, viene catturata dall’imperatore delle isole Sudorientali durante una battuta di caccia: da gazzella bianca si trasforma in una splendida fanciulla. L’imperatore la sposa, ma lei non ha ombra e fino a quando non ne avrà una, non potrà dargli un figlio e lui sarà condannato alla pietrificazione. L’imperatrice decide di barattare l’ombra di una giovane donna, moglie di un tintore, che si lamenta con il marito che la fa vivere di stenti ed è disposta a dare la sua ombra in cambio di ricchezze. Ma portati nel regno degli spiriti da Keikobad e lontani l’uno dall’altra, l’untore e la moglie cominciano a cercarsi mentre si alza la voce dei bambini mai nati. L’imperatrice che, mossa da commozione, non vorrà più negare l’umanità a nessuno e non ruberà l’ombra ad alcuno, sarà premiata per questo e riceverà una sua ombra, mentre la voce dei bambini mai nati esulta e l’imperatore è liberato dalla maledizione.

…Lo sai, io amo l’ombra come amo la luce. Perchè esistano la bellezza del volto, la chiarezza del discorso, la bontà e fermezza del carattere, l’ombra è necessaria quanto la luce. Esse non sono avversarie: anzi si tengono per mano, e quando la luce scompare, l’ombra le scivola dietro.²

Molti hanno paura della propria ombra come se avvertissero forte l’angoscia di restare con i piedi per terra e volere rimanere a tutti i costi bambini: Peter Pan e la sua ombra hanno un difficile rapporto e Wendy dovrà cucirgliela ai piedi perché non scappi ancora. Altri invece hanno paura dell’ombra per quell’insensato desiderio di fuggire alla morte: mio nonno tentava di scacciarla, come se in essa si fossero nascosti degli spiriti maligni che lo volevano portare via.  Quanto è lontana, in questi casi, la dolcezza di quella penombra di cui parla Jorge Luis Borges, scrittore e poeta argentino, ne L’elogio dell’ombra, che scorre e somiglia all’eterno .

¹Le Pitiche erano componimenti composti per celebrare le vittorie nelle gare che a Delfi si facevano in onore di Apollo.
²F. Nietzsche, Umano, troppo umano, GrandiTascabiliEconomiciNewton, Roma, 2009, pag. 325, Il viandante e la sua ombra.

I vulcani dei sapori

24 giovedì Mar 2016

Posted by paolina campo in Senza categoria

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Arancina o arancino?

sefossionda

8 luglio 2015 026

L’ arancina palermitana su una nave viaggiava e sul ponte di comando osservava il mare calmo. Ad un tratto, un odore familiare la distrasse dalla brezza di quel mare e vicina si trovò un turista particolare. Era lui, l’arancino catanese che, con fare confidenziale, iniziò così a parlare:

-Sei ben tonda cara amica! Così tonda da non stare ferma in piedi- disse serio il siciliano orientale.

-Sono tonda e me ne vanto! Sono quello che la storia ha voluto raccontare in mille anni e forse più. Delle cupole rotonde ho la forma maestosa e racchiudo nel mio ventre tante spezie profumate e piccanti e saporite, in un misto di colori quanti furono quei popoli che lasciarono l’impronta di culture prestigiose.

Ma tu dimmi, a cosa devi quei tuoi fianchi tanto larghi? E quella punta sommitale tanto stretta e appuntita?-chiese infine la siciliana occidentale.

-Hai presente quel vulcano che la gente…

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Elcie Wyse

08 martedì Mar 2016

Posted by paolina campo in pensieri, Salina

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Australia, donne, guerra, ospedale per donne e bambini

 

Elcie si arruolò come pilota all’Air Base del Queensland e lasciò Sydney e i suoi spasimanti, per impegnarsi nell’ importante ruolo di Flight-Lieutenant. Una mattina venne raggiunta dal suo comandante. Lo vide agitato e nervoso. Pensò che doveva prepararsi a una missione, che bisognava intervenire in aiuto di qualche aereo in difficoltà. Si alzò di scattò, fece il saluto di rito e si mise sull’attenti in attesa di un nuovo ordine.

-C’è un artista che sta facendo degli ottimi disegni e dice di essere il suo fidanzato.-

Alzò poi all’improvviso la voce.

– Ma si trova nel no-go zone del nostro Military Air Base! Se davvero è il suo fidanzato, gli dica di smettere subito! E’ un ordine, Flight-Lieutenant Wyse!-

-Sì, signore! Certo, Signore…- ( Palina Campo, A fine giornata, A&B, Acireale, 2015, pag.71)

Quando cominciai ad interessarmi della vita del pittore eoliano Virgilio Lo Schiavo, le mie ricerche mi portarono alla scoperta dell’interessante mondo della moglie dell’artista, Elcie Wyse. La madre, di origine irlandese, era emigrata in Australia sul finire del XIX secolo e aveva acquistato una grande fattoria nella Yass Valley, non lontano da Canberra. Elcie, quindi, nacque e visse in Australia dove frequentò prima il St Vincent’s College, Potts Point e si laureò poi in medicina seguendo le orme di donne come Harriet Biffin e Lucy Gallett  che fondarono a Sydney il primo ospedale gestito da donne e per donne e bambini. In un articolo datato luglio 1950

 Rachel Forster Hospital for Women and Children

SYDNEY, N. S. W., AUSTRALIA

Mary C. Puckey, M. D.

si ripercorrono le tappe che portarono all’apertura dell’ospedale, che nacque dalla collaborazione tra donne che spesero tutte le loro energie in quell’opera.

Durante la prima guerra mondiale, l’American Medical Women’s Association grazie a una donazione dell’American Women’s Hospital, mise a disposizione della Federazione Australiana delle Donne Medico una somma di denaro a favore di donne che avevano prestato il loro servizio come medici al fronte e avevano riportato gravi ferite. Di quella somma solo una parte fu necessaria allo scopo originario. Con il consenso dei donatori, l’importo residuo fu diviso in parti uguali  tra il Queen Victoria Memoria Hospital, a Melbourne, e il Rachel Forster Hospital. Dalle pagine dell’articolo di Mary C. Puckey del 1950 si legge:

TWENTY-EIGHT YEARS AGO Dr. Lucy Gullett returned from Melbourne after attending the twenty-fifth annual meeting of the Queen Victoria Memorial Hospital (a hospital founded and staffed by women for women and children) full of enthusiasm for their work and a burning ambition to follow in their footsteps. Dr. Gullett and Dr. Bif in, two of Sydney’s best known women physicians.

…………………………………………………………………………………………………………………..

In 1925 the first Resident Medical Officer, Dr.Leonie Amphlett, and the first resident Matron,
Miss Livingstone, were appointed. The need for accommodation for in-patients was becoming more urgent and, in 1926, Lady Denison opened a new wing free of debt, which would accommodate six patients and the necessary nursing and domestic staff. Additions were made to the out-patient department to cope with the rapidly growing yearly attendances, now 19,086.
By 1931 the hospital was recognized as a public hospital under the Hospitals Act of 1929, a big
step forward.

Questi solo alcuni passi delle cinque pagine dell’articolo sulla storia dell’ospedale e delle donne che ne hanno seguito e voluto la realizzazione.

L’ospedale di Sidney si avvaleva anche dell’importante aiuto della moglie dell’allora Governatore Generale d’Australia Henry William  Forster, lady Rachel Forster a cui sarà intitolata la struttura nata con pochi letti e tanta buona volontà nel 1922 grazie alle pioniere della medicina australiana. La donazione servì ad ingrandire l’ospedale acquistando letti e attrezzature, aprendo così nuovi reparti. Nel 1949 l’Università di Sydney assegnò al Forster il riconoscimento a divenire il primo ospedale in Australia ad essere abilitato come scuola per l’insegnamento clinico di studenti in medicina. Molte donne hanno contribuito allo sviluppo dell’ospedale e la dottoressa Elcie Wyse fu tra queste. Nel 1952 aprì un reparto unico nel suo genere in Australia, facendo arrivare direttamente dall’America l’attrezzatura per lo screening mammario grafico, per la prevenzione del tumore al seno.

Pilota, medico, presidente del Medical Womens’ Association, direttore della sua clinica chirurgica privata. Ma anche moglie e madre attenta e appassionata. Seguì sempre il suo Virgilio nel desiderio di tornare di tanto in tanto nella sua isola, apprezzando i colori e i profumi di quell’ambiente così magico da sentirne il richiamo fino alla fine dei propri giorni.

Elcie e Virgilio partirono dall’Australia alla volta di Roma, dove la loro figlia risiedeva già da qualche anno. Si imbarcarono quindi per le Eolie e trascorsero l’estate su quell’isola che l’artista aveva nelle vene e che si era portato in giro per il mondo. Respirò ancora una volta l’azzurro del mare e del cielo, si circondò dei ricordi della terra vulcanica ricoperta di capperi, di quel lido dove il nonno aveva messo alla prova la potenza del suo giovane corpo e rivide la scena tra le ciocche dorate del sole al tramonto.

 -Forza ragazzo! Tira, tira forte! Afferra bene coi denti la corda!-

A fine giornata Oceano lo andò a trovare, e gli mostrò come tra impetuose onde aveva conservato  i pianti e le gioie della sua gente. E intanto a Salina i giorni trascorrevano e quando fu tempo di salire ancora sulla nave, la guardò scivolare lontano.

 -Andiamo, entriamo in cabina. Non si vede più.-

Virgilio Lo Schiavo morì a Roma, pochi giorni dopo. (Ibid., pag.95)

Era il 1971.

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La nota che stride

05 sabato Mar 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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Tag

conferenza dott. Giuseppe Montemagno, D'Annunzio, figurine Liebig, film Senso, fuoco, Giuseppe Verdi, Il Trovatore, note, Rete di Indra

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-Signora, guardi, è meglio che si siede da questa parte, così vede meglio.- L’anziana signora prestò ascolto alle mie parole. Ma una mensola a cui non avevo fatto caso precluse, a me e alla signora, parte, minima, della visione dei video che il dottore Giuseppe Montemagno aveva preparato per la conferenza su Il Trovatore di Giuseppe Verdi.

Il Trovatore, opera del ricordo. Come non poteva appassionarmi! E come non potevano appassionarmi le descrizioni delle scene che, con dovizia di particolari, hanno attraversato le mie corde, accendendo la vampa della curiosità. Ma andiamo per ordine.

Justus von Liebig (1803-1873), chimico tedesco intraprendente, nel 1865 fondò la compagnia Liebig. La compagnia si occupò di produrre un estratto di carne inventato dal suo fondatore il quale pensò di pubblicizzare il prodotto con la diffusione di figurine coloratissime dove, tra i tanti soggetti raffigurati, venivano riprodotte anche scene delle opere di Giuseppe Verdi. Le figurine ebbero un enorme successo e il collezionista ebbe a disposizione album adatti a raccoglierle. Immagino la gioia, oltre che dei collezionisti, delle massaie che potevano godere delle immagini e delle storie di opere di compositori importanti che entravano nelle loro case e per questo anche a loro note.

Ma la fiamma della curiosità arde e stride ancora.

Alida_Valli_in__Senso_

Nel 1954 esce il film Senso di Luchino Visconti, ambientato a Venezia alla vigilia della terza guerra d’indipendenza. La scena iniziale si apre con la rappresentazione del Trovatore  alla Fenice. La splendida Alida Valli, nei panni della contessa Livia Serpieri, afferra al volo un mazzolino di fiori tricolori, partecipando così alla manifestazione antiaustriaca  che,  al grido Viva l’Italia, aveva acceso la vampa di chi voleva cacciare lo straniero da casa propria. Alida Valli, Silvana Mangano, Gina Lollobrigida, Sophia Loren: attrici, dive del grande schermo, donne icone, espressione di bellezza e passione che come le figurine Liebig entravano a far parte dell’immaginario di donne che si concedevano il lusso di sognare.

Il Trovatore è diviso in parti  e non in atti, come fosse una ballata che avanza a singhiozzo, un po’ come le canzoni di Fabrizio De André.

Questa di Marinella è la storia vera – che scivolò nel fiume a primavera – e il vento che la vide così bella – dal fiume la portò sopra una stella…..

Ogni parte un racconto, in ognuna una passione, un ricordo. Certo, un poco azzardato come paragone; ma la fiamma, l’ardore, la pira della passione, della malinconia e del dolore procedono parte dopo parte, in tutto quattro nel Trovatore secondo il libretto di Salvatore Cammarano che trasse ispirazione dall’omonimo dramma romantico di Antonio Garcìa Gutièrrez del 1836, seguendo l’idea di Verdi.

Le storie si intrecciano e si ricompongono e l’attenzione è alta, nonostante la mensola. Il nostro relatore, oltre che molto bravo, è simpatico e, nonostante la trama drammatica, riesce a strappare al pubblico qualche risata a proposito di vegetariani e onnivori quando parla delle figurine, o quando ci racconta dei rapporti tra tenori, soprani e bassi.

Ferrando, Leonora, Manrico, il Conte Luna ma tra tutti emerge lei, la zingara Azucena che del fuoco della pira sente e trasmette tutta la tragedia che coinvolge la madre accusata di sortilegio, due bambini, Manrico e lo stesso Conte Luna.

Stride la vampa – Condotta ell’era in ceppi al suo destin tremendo 

I segni  >  >  posti al di sopra del diagramma indicano una maggiorazione della tensione: –Stride la vampa- e Azucena racconta agli zingari il suo dramma con forza, con rabbia > > . In matematica il segno > indica un rapporto di maggioranza tra due numeri o tra due polinomi per cui si parla di disequazione: il primo membro è maggiore del secondo. Le vicende della pira sovrastano e abbracciano tutte le altre, tutti gli altri racconti. Il fuoco distrugge e rigenera, svela e vivifica rapporti sopiti e ignorati come quelli tra il Conte Luna e Manrico, il trovatore, che alla fine si scoprirà essere fratelli.

Fuoco, vampa, orrore: avevo letto e riletto la tragedia di Gabriele D’Annunzio La figlia di Iorio e pensai che il vate si era sicuramente ispirato a quest’opera, allora azzardai una domanda, forse scontata: ma D’Annunzio che c’entra con tutto questo fuoco di Azucena? C’entrava: D’Annunzio si era profondamente ispirato all’opera di Verdi e il fuoco, la vampa aveva attraversato alcune delle sue tragedie.

Musica, poesia, romanzo, tragedia e, perché no, anche matematica: come quella Rete di Idra che secondo l’allegoria buddhista esiste

una rete di fili infinita presente in tutto l’universo…. Ad ogni incrocio di fili c’è un individuo, e ogni individuo è una perla di cristallo…(Douglas R. Hofstadter, Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, ADELPHI EDIZIONI, Milano, 1990, pag. 280). 

I miei libri

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A fine giornata
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