Era la mia casa nasce dall’esigenza di esprimere l’emozione dolce e rasserenante che sento ogni volta che cerco me stessa bambina, scavando nei miei ricordi e scoprendo così come sia possibile provare sensazioni di un tempo che cronologicamente non mi appartiene più ma che fa parte di me, è dentro di me.
Il libro è un omaggio ai miei ricordi d’infanzia, ma è anche esaltazione di un paesaggio, quello dell’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie, dove i colori caldi e i profumi forti sono espressione di una natura ricca e variegata, di una vegetazione fitta e attraente.
Passavamo le nostre giornate soprattutto in giardino, quando il tempo era clemente, e spesso lo era, arrampicati sugli alberi….Mio fratello si era costruito una casetta tra i rami dell’alberello di arance…e durante le sue scorribande in campagna, portava qualche passerotto piccolo piccolo che era caduto da un nido; allora cominciavamo ad occuparci di lui: gli imboccavamo vermi che avevamo trovato in giardino e molliche di pane. Poi lo tenevamo amorevolmente tra le mani finchè il poveretto stremato da quelle attenzioni assillanti, moriva.
La raccolta dei capperi impegna uomini, donne e bambini per tutti i mesi estivi. Il cappero è la gemma della pianta mentre il frutto, il cucuncio, è il pistillo del suo fiore, bellissimo
A Salina il contatto con la natura è diretto, per cui è normale per i bambini giocare con lucertole, grilli e calabroni. Una volta ricevetti un dono molto particolare: una giostrina di calabroni.
…un mio caro amico aveva catturato dei bellissimi calabroni e con un filo di cotone li aveva legati insieme a una distanza di dieci-quindici centimetri uno dall’altro. Il risultato era fantastico perchè i calabroni giravano in cerchio come se stessero facendo un giro di giostra.
…Gli inverni trascorrevano lenti e nei giorni in cui il vento fischiava forte e il mare era in tempesta, rimanevamo a casa a studiare…
Era tutto grigio: il cielo, il mare e ciò che ci faceva stare tranquilli era stare dietro i vetri della porta di casa a osservare e ascoltare le storie di pescatori coraggiosi che affrontavano il mare in tempesta per andare a spezzare le trombe marine che si erano fatte più grigie del mare e del cielo.
E intanto mia madre cantava le sue antiche canzoni
Viri chi dannu ca fannu i babbaluci
ca cu li corna ammuttanu i balati
si non era prontu a ittarici na vuci
viri chi dannu ca fannu i babaluci
Vedi che danno che fanno le lumache
che con le corna spingono pietrone
se non era pronto a lanciare un grido
vedi che danno fanno le lumache
E tornava a risplendere il sole
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